RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 23 luglio 2016

RIAPRIAMO LA TRANSALPINA: INTERROGAZIONE DELL' ON. ARIS PRODANI - IL 110° ANNIVERSARIO DELLA TRANSALPINA E’ CELEBRATO IN SLOVENIA CON TRENI STORICI MA DA TRIESTE “NON SE POL” !



STIAMO CELEBRANDO IL 110° ANNIVERSARIO DELLA TRANSALPINA-
Mentre in Slovenia vengono preparati treni storici i Triestini non potranno partecipare alle celebrazioni perchè le Ferrovie Italiane hanno chiuso la tratta dal Porto alla stazione di Opicina indispensabile sia per le merci sia per i passeggeri .
Cliccando QUI trovate il nostro precedente articolo sulla Transalpina .

Il parlamentare Aris Prodani ha fatto un' interrogazione parlamentare sulla riattivazione della Transalpina che riportiamo sotto:

Riattivazione linea Transalpina Campo Marzio/Opicina – Interrogazione al Ministero dei trasporti 21 luglio 2016   Leave a comment
​Interrogazione a risposta in Commissione

Prodani Aris

Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 

Per sapere – premesso che: 

la linea Ferroviaria Transalpina comprende le linee costruite all’inizio del XX secolo dall’Impero austro-ungarico allo scopo di migliorare i collegamenti fra l’interno e il Porto di Trieste, unendo le città di  Člaeské Budějovice e Trieste, al tempo entrambe appartenenti all’Impero;

il sito online trasportiambiente.it, nella pagina “Comitato per il rilancio della Ferrovia Trieste Campo Marzio – Opicina”, in una scheda tecnica illustra come: “la linea Campo Marzio – Villa Opicina è il tratto iniziale (terminale secondo tutti i prospetti ferroviari) della linea «Transalpina», che collegava Trieste a Salisburgo. La linea fu costruita nel 1906, e completata con il tratto Villach-Salisburgo (Tauernbahn) nel 1909; il tratto Campo Marzio – Villa Opicina misura 15 km di lunghezza a scartamento normale ed è completamente elettrificato”  La linea, in forte pendenza in alcuni tratti ( fino al 27 per mille ) “presenta tre tratti in galleria, il più lungo è la «galleria Revoltella», di 1460 metri, tra le stazioni di Guardiella e Rozzol, all’interno della quale la linea descrive una curva verso destra (scendendo da Opicina) di 400 metri di raggio. 

L’interesse ad uso traffico urbano e suburbano di questa linea è dovuto al fatto che essa attraversa zone fortemente abitate e consente delle stazioni di salita e discesa (due, Guardiella e Rozzol, già esistenti, oltre ovviamente alle stazioni ai due capolinea) in punti nevralgici del traffico cittadino, consentendo tempi di percorrenza inimmaginabili nella situazione attuale di traffico. (…) La notevole panoramicità di questa linea (soprattutto nel tratto tra Opicina e Guardiella) e la presenza di siti turistici sul Carso, fanno inoltre ovviamente pensare ad un utilizzo anche turistico; l’attivazione inoltre della linea diretta con treni veloci tra Venezia e Lubiana-Zagabria con sosta alla stazione di Opicina, rende ancor più interessante questa linea in chiave di collegamento passeggeri.”;

un’articolo de Il Piccolo di Trieste del 1 aprile 2014 ha comunicato che la linea che dalla stazione di Campo Marzio raggiunge Opicina via Rozzol e Guardiella – la cosiddetta linea «Transalpina» – sia stata chiusa a causa di “un cedimento strutturale nella galleria Revoltella e di alcuni guasti sui binari”; (…) l’ufficio stampa regionale di Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che “la tratta della Transalpina che collega la stazione di Campo Marzio con quella di Opicina resterà inagibile almeno fino al 2016.”; a distanza di due anni dalla chiusura, allo scrivente non è dato sapere se e quali interventi siano stati realizzati, o siano in corso, per la riattivazione della linea;

l’articolo citato evidenzia, inoltre, come: “(…) Trieste rischia anche il completo isolamento passeggeri e merci. «La linea Transalpina, secondo l’ingegner Roberto Carollo, capo dei volontari del Museo Ferroviario di Campo Marzio, è un by-pass del nodo della città e un qualsiasi guasto lungo i 13 chilometri di ferrovia che separano la stazione centrale dal Bivio d’Aurisina, sarebbe fatale a tutti i collegamenti da e per Trieste». Non solo. «Se i lavori dovessero iniziare nel 2016, oltre al problema dei tempi biblici di ripristino, le Ferrovie dello Stato dovrebbero sborsare più soldi di quanti ne servano oggi per ridare lustro alla linea, perché è ovvio che due anni di incuria comporterebbero spese pesantissime», afferma l’ingegnere.”;

il sito internet trasporti-italia.com, in data 26 giugno 2014, nell’articolo “l’Authority di Trieste chiede a FS di ripristinare la Transalpina” riporta la notizia di una missiva inviata da Marina Monassi, all’epoca Presidente dell’Autorità Portuale di Trieste, al vertice del Gruppo Ferrovie dello Stato e, per conoscenza, alla Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e alla Direzione Generale per i Porti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti”. Monassi, in conseguenza della chiusura della tratta, ha ricordato che: “tale provvedimento interno di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) costituisce una rilevante limitazione all’accesso via ferro alle infrastrutture del Porto di Trieste, in palese contrasto con le obbligazioni assunte dal nostro Paese in sede internazionale a seguito dei trattati e dei relativi dispositivi a suo tempo sottoscritti circa l’impegno a mantenere la più ampia accessibilità al porto stesso”. E ha ribadito che questa linea ferroviaria “pur non venendo regolarmente utilizzata per il traffico merci a causa della rilevante pendenza, rappresenta un’eventuale via di emergenza comunque fruibile in caso di eventi straordinari che possano incidentalmente interrompere il collegamento ferroviario costiero”.

l’articolo “La ghigliottina: le vie d’ingresso e di uscita da Trieste: ferrovia Campo Marzio – Opicina”, pubblicato sul blog FAQ Trieste (faqts.blogspot.it) lo scorso 04 marzo, illustrando la linea ferroviaria attualmente non operativa, commenta come: “prima delle chiusure e dei tagli dovrebbe esserci un confronto tra i soggetti direttamente impegnati a decidere. Quindi un confronto necessario tra Regione e RFI. (…)Sarebbe importante per l’attività del porto non lasciare perdere una possibilità di questo tipo.”; 
in data 03 giugno 2016, il sito online TriestePrima a riguardo ribadisce come la tratta citata in premessa sia stata “recentemente messa fuori uso dalle ferrovie italiane malgrado sia importante per le criticità del porto, malgrado sia un veicolo di turismo che collega rapidamente il centro città con Opicina e le linee internazionali; malgrado abbia pendenze analoghe alla Capodistria-Divaccia, unica linea che serve il Porto di Koper (…); malgrado la sua riapertura sia richiesta sia dagli operatori del porto, sia dall’ Autorità Portuale, sia dagli operatori turistici (…) per il collegamento con una stazione irraggiungibile dal Centro città e priva di servizi, come quella di Opicina, ma in posizione strategica sulle linee internazionali; malgrado sia un simbolo concreto di unità, pace e amicizia tra popoli e nazionalità (…).”;

a parere dell’interrogante, va ulteriormente osservato che, alla luce dello sviluppo portuale previsto dal Piano Regolatore Portuale e dal contenuto del Decreto del Commissario di Governo nella Regione FVG ( Prot 19/8-5/2016 ) relativo al trasferimento del regime giuridico internazionale di Porto Franco dal Porto Vecchio a 5 nuove aree individuate sul territorio, mantenere un’unica direttrice di collegamento ferroviario da e per la città risulta molto limitante e potenzialmente rischioso: una prolungata interruzione della linea Trieste Centrale – Aurisina comporterebbe il totale isolamento di Trieste e del suo Porto. Il ripristino della linea Transalpina, dunque, sia dal punto di vista strategico che da quello logistico, rappresenta una necessità inderogabile.
– se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

– quali iniziative urgenti intenda adottare, di concerto con Ferrovie dello Stato, Rete Ferroviaria Italiana, Autorità Portuale di Trieste e Regione FVG per consentire la riattivazione della linea «Transalpina» nel tratto Campo Marzio – Opicina, chiarendo le tempistiche e le modalità d’intervento 

#DialoghiMitteleuropei - TRIESTE NON E’ ITALIA MA UN PEZZO INCOLLATO DI MITTELEUROPA - Un brano del 1990 del grande scrittore polacco Grudzinski amico di Leonor Fini -


#DialoghiMitteleuropei
Continuiamo la serie di articoli di riflessione sulla situazione dell’ Europa e sulla  natura mitteleuropea di Trieste pubblicando un bellissimo articolo che, con sorpresa, abbiamo trovato oggi sul Piccolo: ogni tanto la verità si fa strada a spintoni nei posti più impensati….(clicca QUI)
Seguirà nei prossimi giorni un articolo di geopolitica sul futuro dell' Europa e di Trieste di cui, in fondo, anticipiamo la foto di uno schema.


Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.

Ecco il testo:
TRIESTE NON E’ ITALIA MA UN PEZZO INCOLLATO DI MITTELEUROPA
Il brano del 1990 sulla visita alla città dello scrittore polacco amico della grande pittrice triestina Leonor Fini tradotto per la prima volta e pubblicato sul Piccolo oggi. 
di GUSTAW H. GRUDZINSKI

“Oggi ho raccontato a un mio amico triestino in visita a Napoli come reagisce Leonor Fini quando qualcuno le si rivolge dicendo: «Lei, da italiana…». Con una scintilla d'ira negli occhi interrompe: «Non sono italiana, sono di Trieste». Il mio conoscente annuì in modo solenne: «Ha ragione, ha ragione da vendere, Trieste non è Italia». Che cos'è Trieste? È un pezzo di Mitteleuropa annesso all'Italia. Ogni volta che parlo con Leonor o ascolto i suoi racconti sulla sua infanzia triestina, sulle sue parentele austriaco-slovene, capisco Kot Jelenski, che considerava la mitteleuropeità della sua compagna di vita come un elemento indispensabile di armonia nella loro relazione. «Nella sfera mondana e cosmopolita un affine sentire mentale, culturale e nazionale, e di costumi», aggiungeva, ridendo in modo fragoroso e contagioso, come soltanto lui sapeva fare, mentre Leonor annuiva. «Sono una triestina, non un'italiana» (in italiano nel testo, ndt), in questa sua dichiarazione di appartenenza e identità non ho mai sentito una nota d'ipocrisia né un' ostentazione d'originalità o un tentativo di darsi un tono. Triestino era in primo luogo il grande scrittore Italo Svevo che, a quanto pare, scriveva e parlava in italiano peggio che in tedesco. Ma non è questo il punto. Il punto è l'atmosfera mitteleuropea dei suoi romanzi. In "Senilità", il suo capolavoro, vi sono scene che evocano nella mia immaginazione reminiscenze "familiari". È esattamente la stessa cosa con il romanzo dell'esimio poeta triestino Umberto Saba. Il celebre Roberto Bazlen, l'intenditore letterario per antonomasia (leggeva tutto - dicevano di lui -, perfino quello che ancora non era stato scritto), anche triestino, una volta mi espose la sua convinzione riguardo alle "radici" erranti di Joyce, che erano più profonde a Trieste, poiché lì stava benissimo, e non certo solo per lo stipendio permanente che percepiva da Berlitz.
E sarà Joyce ad apprezzare per primo la grandezza di Svevo, forse grazie all'atmosfera "bizzarra" dei suoi romanzi, indigesta e inaccessibile all'italiano medio (solo in seguito Montale "scoprì" l'autore di "Senilità"). Bazlen si spinse ancora oltre: nominò un dipendente della filiale praghese delle Assicurazioni Generali di Trieste, Franz Kafka, triestino honoris causa.
Nella vicina Gorizia nacque Carlo Michelstaedter, matematico genialoide, grecista, filosofo e poeta, che nel 1910, all'età di ventitré anni, si tolse la vita. Questo suicidio "intellettuale" non era italiano, secondo me apparteneva piuttosto all'area mitteleuropea di Trieste e dintorni. Sono stato a Trieste solo una volta, molto tempo fa e per appena un giorno. Tuttavia quel solo giorno mi è bastato per conservare per sempre le immagini, i sapori e gli odori di Trieste, una città invero non italiana. Me ne andavo in giro con una costante sensazione di familiarità.
Le strade, la gente per le vie, le caffetterie, le conversazioni origliate nei caffè, l'architettura dei palazzi, la messa a San Giusto, le scritte "Oggi trippa" affisse nei ristoranti economici. La sera sono tornato a Venezia quasi fossi rientrato dall'estero.

L’ AUTORE
Grudzinski ha raccontato l’Europa del ’900
di CORRADO PREMUDA

Era stato a Trieste solo una volta, per la durata di un solo giorno, Gustaw Herling Grudzinski ma la città lo aveva sorpreso per essere così poco italiana e tanto più vicina al suo mondo centro-europeo. Di Trieste, poi, lo scrittore polacco sentiva parlare da un'amica, Leonor Fini, di cui era diventato intimo per tramite del compagno dell'artista, Kot Jelenski.
Gustaw Herling Grudzinski (1919-2000) oggi è considerato uno dei più grandi scrittori polacchi della seconda metà del XX secolo, la figlia Marta vive a Napoli e ne custodisce la memoria. Herling è noto soprattutto per le sue memorie sull'internamento in un gulag sovietico, "Un mondo a parte", pubblicato a Londra nel 1951 con la prefazione di Bertrand Russel. Dopo il suicidio della prima moglie, la pittrice Krystyna Stojanowska, sposa a Napoli Lidia Croce, figlia di Benedetto. Nel dopoguerra a Roma fonda con Jerzy Giedroyc la rivista "Kultura", punto di riferimento per la letteratura polacca d'emigrazione. È autore di racconti e romanzi ma soprattutto del "Diario scritto di notte", di cui Feltrinelli ha pubblicato nel 1992 una parte tradotta da Donatella Tozzetti, ma che in Italia è ancora in gran parte inedito. Il "Diario scritto di notte" è legato da un filo rosso a tutte le altre opere di Herling. È un libro poliedrico, un laboratorio di forme e temi, e insieme un racconto affascinante dell'Europa del XX secolo e dello stesso scrittore. Tra le parti ancora inedite in Italia del "Diario" ci sono pagine dedicate all'amica Leonor Fini, a Trieste e a considerazioni sulla storia e la letteratura della nostra città. Un primo brano, dell' estate 1983, è stato scritto a Ferrara durante la grande retrospettiva di Fini al Palazzo dei Diamanti. L'anno successivo lo scrittore racconta di una giornata trascorsa a Saint-Dyé-sur-Loire nella casa in campagna di Leonor dove ha la fortuna di osservare gli ultimi lavori dell'artista, e due anni dopo si sofferma ancora sulle sue creazioni in occasione della mostra al Palazzo del Lussemburgo: la produzione di Leonor per lui si divide in base a due visioni, una "chiara" e una "oscura". Ma il brano più interessante dedicato alla pittrice e a Trieste è datato 18 febbraio 1990. Si tratta di pagine inedite tratte dal secondo volume del "Diario", tradotte espressamente per il nostro giornale da Andrea F. De Carlo e qui pubblicate grazie all'autorizzazione di Marta e Andrea Benedetto Herling.

Un quadro di Leonor Fini


Lo schema introduttivo del prossimo articolo di geopolitica della serie #DialoghiMitteleuropei
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.

venerdì 22 luglio 2016

FERRIERA - PESANTE RICATTO DI ARVEDI CHE PARLA DI "AREA A CALDO INDISPENSABILE": L' ESATTO CONTRARIO DELLO SCORSO ANNO - EFFETTO DELL' OPERAZIONE ILVA DI TARANTO - IL RUOLO DEI MEDIA CHE SEMINANO CONFUSIONE CON NOTIZIE CONTRADDITTORIE: AD ESEMPIO IL TURISMO CRESCITA RECORD MA INVECE E' IN CALO -


Due posizioni opposte ad un anno di distanza: mentre un anno fa era possibilista sulla chiusura dell' "area a caldo" adesso Arvedi pone un odioso ricatto di 600 posti di lavoro in caso di sua chiusura.
Cos' è cambiato in un anno ?
L' impegno ufficiale di Arvedi nell' acquisizione dell' ILVA di Taranto e quindi la necessità di dimostrare a Trieste che l' area a caldo può essere mantenuta.
Dover chiudere a Trieste l' area a caldo, ammettendo che questo genere di lavorazioni con impianti di questo tipo è incompatibile con centri abitati, farebbe fallire la lucrosa operazione ILVA.

E' noto che la produzione di ghisa a Trieste per mandarla a Cremona per la trasformazione in acciaio da riportare a Trieste per la laminazione "a freddo" è antieconomica: ghisa e coke se ne trovano in abbondanza a costi più bassi in giro per il mondo.
A questo si accennava anche nell' "accordo di programma" in questo passo "
In una seconda fase la competitività del costo ghisa, rapportato ai prezzi delle importazioni dall'estero, definirà la convenienza o meno della produzione di ghisa e della cokeria con l’eventuale ipotesi di sostituire la produzione di coke approvigionandolo dall’estero. Al termine dell'eventuale dismissione della cokeria si renderà disponibile un'area di circa 50.000 mq che sarà riconvertita ad area retroportuale".


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Continuare con l' "area a caldo" diventa conveniente se  vi sono CONTRIBUTI PUBBLICI erogati con varie motivazioni: energia, salvataggio dell' ILVA, benefici fiscali ecc.

In altre parole se pagano i contribuenti: come avviene con il porto Off-Shore di Venezia che è certamente antieconomico ma diventa conveniente se paga Pantalone, come è avvenuto col MOSE.

Dal punto di vista strettamente industriale il vero business della Ferriera stà nella banchina a mare con la logistica e in lavorazioni di laminazione poco inquinanti.
Ma con l' entrata di Arvedi nel business del "salvataggio" dell' ILVA di Taranto è la politica nazionale che detta l' agenda.

Da qui il ricatto sull' occupazione con i lavoratori utilizzati come scudi umani.

E' una sfida che va accolta perchè l' alternativa occupazionale  c'è ed è nelle cose: lo sviluppo della logistica con un nuovo grande terminal portuale che coinvolga la banchina di Servola, l' avvio di attività di produzione industriale nei Punti Franchi del Porto Franco Internazionale di Trieste, l' avvio di No Tax Area  che consentano l' insediamento di attività produttive, finanziarie e di servizi anche nell' enorme area di Porto Vecchio.

Il lavoro ci serve e Trieste può crearlo in ogni settore e ad ogni livello utilizzando le prerogative straordinarie del Porto Franco e delle aree extradoganali extra-UE.

Ma le Dogane ed il Fisco italiani devono mollare la presa sul Porto Franco.

Il ruolo della informazione in questa vicenda è determinante: un anno fa dicevano, per rassicurare, che Arvedi era disposto a chiudere l' Area a Caldo ma oggi si fanno portavoce dei ricatti occupazionali.

Per anni hanno detto che i Punti Franchi non servono a nulla, anzi sono dannosi, ma poche settimane fa la stessa Serracchiani ha finalmente aderito alla nostra tesi di sviluppo del Porto Franco e di No Tax area nei Punti Franchi mentre da mesi un commissario dell' APT onesto come D' Agostino sta propagandando il Porto Franco in Italia e in Cina invece di tenerne nascoste le straordinarie caratteristiche come è stato fatto finora.

Oggi sul Piccolo vediamo posizioni schizofreniche sul turismo: in prima pagina e su un paginone annuncia un anno di record positivi, ma un articolo ammette che gli alberghi triestini hanno cali di presenze e prenotazioni...
Un lettore normale non ci può capire più niente: roba da lettino dello psicanalista, per il Piccolo.
A meno che proprio la confusione mentale sia il risultato che si prefiggono da sempre come ha sempre detto la mitica Siora Pina: " Mi penso che i scrivi ste robe solo per insempiar la gente ! "

"



mercoledì 20 luglio 2016

CON CHE DIRITTO LE DOGANE ITALIANE PRETENDONO ACCISE E TASSE SUI CARBURANTI FORNITI ALLE NAVI NEL PORTO FRANCO CHE E' ZONA EXTRADOGANALE? LA QUESTIONE DEI "DEPOSITI COSTIERI TRIESTINI" PONE DEGLI INTERROGATIVI IMPORTANTI - PERCHE' A LIVIGNO SI RIFORNISCONO I TIR MENTRE A TRIESTE "NON SE POL" RIFORNIRE LE NAVI?


La questione della sospensione di forniture di carburanti alle navi da parte dei "Depositi Costieri Triestini" a causa del mancato pagamento delle accise per alcuni milioni da parte di un fornitore pone degli importanti interrogativi (clicca QUI per la notizia).

Non entriamo del merito della strana vicenda di cui è protagonista Franco Napp (clicca QUI) ma dal momento che la sua ditta è posta all' interno del  "Punto Franco Oli e Petroli" è legittimo porsi alcuni interrogativi rinforzati dal fatto che il TAR ha fatto riprendere i rifornimenti (vedi QUI).


Già ieri ci domandavamo (clicca QUI ): " LE FORNITURE A NAVI ALL' INTERNO DEL PORTO FRANCO NON DOVREBBERO ESSERE ESENTI PER PACIFICA EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE, RENDENDO ANCORA PIU' CONVENIENTE LA "TOCCATA" AL NOSTRO PORTO CHE DIVENTEREBBE ANCHE DI RIFORNIMENTO PRIVILEGIATO?".

Le nostre perplessità sono state rilevate dal prestigioso sito specializzato FAQ TRIESTE (clicca QUI) attento sismografo dei nostri fremiti.

Le formuliamo, allora, con maggior precisione:


1) E' pacifico ed ormai riconosciuto da tutti, con in testa il Commissario D' Agostino e compresa la Serracchiani che lo ha recentemente affermato a proposito della No Tax Area (clicca QUI), che il Porto di Trieste è in realtà il PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE regolato dall' Allegato VIII.

2) Il Porto Franco Internazionale di Trieste è dotato di PUNTI FRANCHI che godono della totale EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE non solo rispetto all' Italia ma anche alla UE in quanto costituiti dal Trattato di Pace del 1947, 10 anni prima dei Trattati di Roma  che hanno dato inizio alla Comunità Europea che li ha recepiti. 

3) L' EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE comporta che tutte le operazioni logistiche e produttive nei Punti Franchi sono al di fuori della giurisdizione delle Dogane Italiane.


4) Le merci di qualsiasi genere che sono presenti nei Punti Franchi sono esenti da qualsiasi tassa e balzello, il che rende possibile mantenere esenti da tributi doganali di qualsiasi genere tutte le merci provenienti dall' estero e destinate all' estero ivi giacenti.

E questo è stato detto dalla stessa Serracchiani  nella lettera a Renzi (clicca QUI) : "Per quanto riguarda invece l'extradoganalità, Serracchiani ha focalizzato alcuni vantaggi: «Le merci provenienti dai Paesi non comunitari possono essere sbarcate e depositate (senza limiti di tempo) immuni da dazio o altra tassa, fino a quando non varcheranno i confini del Punto franco, per essere importate all'interno del territorio doganale italiano/comunitario. "

5) Se del carburante proveniente dall' estero vi viene stoccato e poi fornito a navi estere in transito nel nostro Porto Franco e che, per giunta, vanno fuori dalle acque territoriali italiane, il che avviene necessariamente ad ogni viaggio vista la situazione geografica, questo dovrebbe essere in TOTALE FRANCHIGIA DOGANALE perchè avviene in territorio extradoganale, esattamente come avviene per ogni altra merce da e per il Porto Franco di Trieste.

6) A che titolo le Dogane Italiane pretendono il pagamento di accise per carburante giacente all' interno di un Punto Franco, proveniente dall' estero e destinato a navi estere che fanno rotte internazionali?


Se non possono richiedere diritti doganali per le altre merci perchè lo potrebbero fare per i carburanti?


Nel Punto Franco Oli e Petroli il carburante è giustamente fornito senza accise e imposte per le lavorazioni destinate all' estero: perchè non anche alle navi estere che portano merci "estero su estero"?


Guardiamo per analogia a quello che succede nella zona extradoganale di Livigno: lì i carburanti costano molto di meno perchè esenti da accise e IVA e gli autotrasportatori vanno a fare il pieno per i loro camion, così come molti triestini vanno a farlo in Slovenia perchè più conveniente.
Gli autotrasportatori italiani che fanno il pieno a Livigno con serbatoi aggiuntivi hanno vinto la causa che li opponeva alle Dogane e alla Finanza (clicca QUI).


Perchè a Trieste "non se pol" rifornire di carburante navi estere in esenzione doganale mentre a Livigno questo invece avviene per i TIR regolarmente
?


Non pensiamo occorra essere indipendentisti  per capire il vantaggio aggiuntivo che il Porto Franco Internazionale di Trieste può offrire agli armatori che decidessero di far scalo qui, magari usufruendo di rifornimenti di carburante a costo concorrenziale.


Non occorre nemmeno essere indipendentisti per capire che LE DOGANE  ITALIANE NON POSSONO PRETENDERE ALCUN TRIBUTO IN UN TERRITORIO EXTRADOGANALE PER OPERAZIONI CHE NON VARCANO LA CINTA DOGANALE DEI PUNTI FRANCHI.

Qualcuno può spiegarci il motivo per cui questo elementare principio non viene rispettato ?
E se viene rispettato possono fornircene le prove ?


Il blocco di forniture per il mancato pagamento di accise sui carburanti destinati alle navi non depone a favore di quest' ultima ipotesi.




VENEZIA IMPEGNATA AD AMPLIARE LA ZONA FRANCA DI MARGHERA - TRIESTE HA APPENA RIDOTTO LA SUPERFICIE DEI PUNTI FRANCHI - LE COLPE DI UNA SEDICENTE "CLASSE DIRIGENTE" MIOPE E LOCALISTA -


Venezia è attivissima nell' allargare la ZONA FRANCA di Marghera INGRANDENDOLA DI 40 VOLTE (clicca QUI per l' articolo) così come è attiva per realizzare il Porto Off-Shore. 

Ed ha appena fatto un importante convegno sulla Nuova Via della Seta con ministri italiani e stranieri e delegazioni cinesi 
con l' intento di diventare il Terminal dei traffici con l' Oriente.

A Trieste invece con lo "spostamento" del Punto Franco Nord di Porto Vecchio la superficie complessiva dei Punti Franchi è stata ridotta di circa 300.000 mq (trenta ettari).

In cambio noi abbiamo la letterina della Serracchiani a Renzi che segnala la possibilità di fare una No Tax Area nei Punti Franchi del Porto e la bizzarra idea di Dipiazza di mettere il mercato all' ingrosso del pesce in Porto Vecchio (sulla fascia costiera in Punto Franco !).

Si parla finalmente di No Tax Area nei Punti Franchi anche per attrarre insediamenti di istituzioni e imprese finanziarie dopo la Brexit, ma dall' unico insediamento ragionevole per queste attività, ovvero Porto Vecchio dove la legge 19/91 prevedeva un Centro Finanziario Off-Shore mai realizzato, il Punto Franco è stato appena tolto lasciandolo solo su una fascia costiera di 15 metri e all' Adriaterminal, destinando l' area a improbabili attività turistiche e ludiche con annesso mercato all' ingrosso di sardelle.

Da dove nasce tanto autolesionismo triestino ?

Perchè Trieste ha una classe dirigente locale tanto miope che per avere una rivalorizzazione del Porto Franco Internazionale c' è voluto un movimento indipendentista di massa e l' arrivo di un Commissario del Porto tecnico e non coinvolto nei marasmi ideologici di questa classe dirigente fallimentare?

Lunga e triste è la storia centenaria del rincoglionimento della classe dirigente locale divisa in due settori, Centro Destra  e Centro Sinistra, in concorrenza per spolpare il misero osso rimasto, in un ottica miope e localistica.

Una storia iniziata con gli effetti del Nazionalismo, del Fascismo con le sue leggi razziali che ha decapitato tante aziende locali, e che ha fatto mettere da parte gli interessi della città subordinandoli a quelli nazionali italiani.

Proseguita con l' asservimento ai Partiti Nazionali e l' abitudine a vivacchiare succhiando le mammelle della Lupa Romana e coltivando l' orticello locale.

Ed arrivata all' avversione ideologica del Centro Sinistra per i Punti Franchi e le Zone Franche accomunate nella mente di costoro a "paradisi fiscali" malgrado si trattasse di rivendicazioni popolari fatte proprie dal PCI di Vidali nel dopoguerra.

E' un curioso ribaltamento avvenuto in questa area politica di "sinistra" che è diventata ormai da decenni "quella delle tasse" con un' atteggiamento di adorazione totemica verso il prelievo fiscale anche quando è palesemente dannoso e vessatorio come si è verificato drammaticamente dal governo Monti in poi.
Ormai starebbero per principio dalla parte dello Sceriffo di Nottingham che accoppa il popolo di tasse e contro Robin Hood accusandolo di evasione fiscale.

Si aggiunga a questo atteggiamento ideologico "fiscalista" l' adesione dogmatica ad un progetto da anni '70 e totalmente assurdo economicamente nel contesto attuale, interno e internazionale, come quello di destinare ad un impossibile turismo di massa un' area come quella di Porto Vecchio urbanizzandola per allargare una città già in forte calo demografico e grave crisi economica e commerciale.

Si condisca il tutto con il "culto del candidato sindaco imprenditore" come è stato fatto con Federico Pacorini che aveva, con la sua "Trieste Futura", forti interessi economici ed edilizi in Porto Vecchio e si arriva al “Pensiero Unico sull' inutilità dei Punti Franchi”, alimentato dal Piccolo, che ha prodotto la situazione attuale con l' attivo intervento del PD, cui adesso fa seguito il Mercato Ittico contiguo al terminal passeggeri di Dipiazza.

Guardate come si esprimeva ancora nel gennaio del 2015, sul Piccolo, Roberto Pacorini fratello ed erede imprenditoriale ed ideologico di Federico: "
«La jattura più grande - assicura - è quella di avere il punto franco! Facciamo come ha fatto Amburgo, eliminiamolo! O, in alternativa, sistemiamolo nell’ufficio della presidenza portuale. Piantino lì la bandiera, così un domani chi afferma che potrebbe venir sviluppato troverà risposte...Magari, forse, troveranno qualcosa di concreto da fare...».( clicca QUI) . Naturalmente dopo che per decenni l' azienda di famiglia ha utilizzato i vantaggi del Punto Franco anche per la borsa metalli.

E' stato così tolto il Punto Franco in Porto Vecchio che adesso sarebbe provvidenziale per realizzare insediamenti finanziari in un area nel centro cittadino, come la City di Londra, con il pretesto di spostarlo in "aree" dove servirebbe di più (Fernetti e Zona Industriale che è sito inquinato con elevati tempi e costi di insediamento). 
Ma in queste aree vengono utilizzati solo 200.000 mq sui 500.000 tolti: la gran parte resta in "congelatore" riducendo la superficie complessiva di Punto Franco.

Ma per estendere a queste aree il Punto Franco bastava ALLARGARE i punti franchi esistenti, anche a "salti", come conferma lo stesso Commissario  QUI : "Perché se in Porto nuovo - ha detto D’Agostino - ci sarà bisogno di nuove aree franche, come ad esempio sulla Piattaforma logistica che si andrà a costruire, basterà ampliare il Punto franco contiguo già esistente». Altro concetto da ribadire, il fatto che tutta la fascia di costa di Porto vecchio, che non viene sdemanializzata, rimarrà Punto franco:
(ed il Mercato Ittico di Dipiazza? No Tax Sardon? ndr) non ci sarà bisogno di “recintarla”, come succede soltanto per l’Adriaterminal, perché non vi si svolge alcuna attività commerciale, ma nel caso di imprenditori che intendano usufruirne potrà essere perimetrata e attivata. ».

E pensare che i Punti Franchi di Trieste sono unici in europa perchè extradoganali rispetto alla stessa UE in quanto derivanti dal Trattato di Pace 10 anni prima della costituzione della medesima.

Appena da poco tempo la ragione si fa strada nel buio dell' ideologia "Anti Punti Franchi", appena da poco tempo si cominciano ad aprire gli occhi su una realtà di 3.000 Zone Franche nel Mondo che creano 66 milioni di posti di lavoro.

Quanti danni ha arrecato a questa città l' IMMOBILISMO rispetto alla possibilità di utilizzare il particolare regime di Porto Franco, che appena adesso si COMINCIA a far conoscere in Italia e all' estero dopo decenni di oblio ?

E la colpa è della sedicente "classe dirigente" triestina a riprova che l' indipendentismo triestino NON è assolutamente etnico.

Un  episodio di questi giorni ci fa pensare, quello del blocco delle forniture di carburanti alle navi per mancato pagamento delle accise: DEPOSITI E FORNITURE A NAVI ALL' INTERNO DEL PORTO FRANCO NON DOVREBBERO ESSERE ESENTI PER PACIFICA EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE, RENDENDO ANCORA PIU' CONVENIENTE LA "TOCCATA" AL NOSTRO PORTO CHE DIVENTEREBBE ANCHE DI RIFORNIMENTO PRIVILEGIATO?







lunedì 18 luglio 2016

LA QUESTIONE DELL' OBIEZIONE FISCALE A TRIESTE - LA PAGINA SU "LIBERO QUOTIDIANO" DI OGGI.


La pagina odierna di Libero, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri che è un ottimo giornalista, sulla questione dell' Obiezione Fiscale a Trieste è un successo evidente per Trieste.

E' noto che noi non sosteniamo le posizioni di Giurastante, che riteniamo spesso avventuriste, estremiste e dogmatiche, ma questo non ci impedisce di riconoscere i successi altrui e la validità di un' azione che mette in luce la "questione fiscale" a Trieste.


In fondo la "questione fiscale" equivale a quella dello sfruttamento coloniale di un territorio ed a quella del diritto di autodeterminare la destinazione delle proprie risorse che è sempre stata il nocciolo delle rivendicazioni di indipendenza: dai Tea Party dell' indipendenza Americana, all' indipendentismo Irlandese e Indiano, fino all' indipendentismo Catalano e Veneto. 


La "resistenza fiscale" è stata praticata da grandi personalità come Gandhi e Martin Luther King (clicca QUI) e l' accusa di "evasione fiscale" è semplicemente becera:
« Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo »
(Mahatma Gandhi)
La campagna del Mahatma Gandhi per l'indipendenza dell'India ebbe uno dei suoi punti chiave in una protesta fiscale nei confronti degli occupanti britannici. Tale resistenza ebbe il suo culmine nel 1930, con la famosa marcia attraverso l'India di Gandhi.

La stessa "questione di Trieste" fa perno sul Porto FRANCO internazionale, e sulle Zone FRANCHE ovvero esenti da imposizioni fiscali.

Inoltre questo è un periodo che in cui tutti i cittadini percepiscono il prelievo fiscale come rapace, vessatorio e sproporzionato rispetto ai servizi pubblici offerti, mentre la pressione fiscale è talmente alta da compromettere l' attività delle imprese e lo sviluppo economico: da ciò la grande preoccupazione che l' "obiezione fiscale" dilaghi per scelta o necessità di sopravvivenza.

Questo sul piano dei principi.


Sul piano della tattica, in cui ci si occupa non solo della "testimonianza" ma della vittoria concreta, bisogna essere onesti e chiari precisando che l' "obiezione fiscale" attualmente espone chi la pratica a rischi concreti di rappresaglia e repressione, perchè l' arbitrio dell' sistema fiscale italiano è oggi totale e la protezione offerta dalle leggi internazionali su Trieste pressochè nulla dal momento che nessun organo internazionale ha il potere di farle rispettare, qualora decidesse di farlo, cosa che al momento non è prevedibile.
Una logica di scontro frontale e quasi di sfida ad attuare rappresaglie che non si verificano "da 4 anni" è di esito quantomeno incerto con le forze attualmente in campo.


Come atto politico e simbolico per creare attenzione sui media  è validissimo, ma l' esito pratico e la protezione di chi ha scelto questa strada stanno tutti nella capacità di mobilitazione popolare e della pubblica opinione perchè NON è possibile aspettarsi dai tribunali una decisione difforme dagli interessi dello Stato Italiano.

Indipendentemente da chi ha ragione o torto sul piano giuridico lo Stato vorrà far prevalere la forza (e la politica) sul diritto.

L' articolo di oggi è indubbiamente un passo in avanti verso il coinvolgimento della pubblica opinione.

Noi esprimiamo solidarietà ai concittadini che hanno scelto la strada politica e "simbolica" dell' Obiezione Fiscale ben sapendo che se questa scelta diventasse di massa i risultati potrebbero essere decisivi per la "questione di Trieste".

Confidando che nel caso di una annunciata repressione ci sia la capacità di coinvolgere la pubblica opinione e mobilitare i cittadini in difesa degli obiettori.
Rispetto a questo compito informativo non ci tiriamo indietro perchè una eventuale repressione indiscriminata e incontrastata degli obiettori fiscali sarebbe un danno grave per la causa di Trieste più ancora che per i singoli.