RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 30 luglio 2016

E' BENE TUTTO QUELLO CHE RICOLLEGA TRIESTE ED IL PORTO AL SUO ENTROTERRA MITTELEUROPEO - E' MALE CIO' CHE LA ISOLA E LA RIDUCE A UNA DEPRESSA PROVINCIA ITALIANA - 6.000 NUOVI POSTI DI LAVORO IN 5 ANNI SE SI SVILUPPA UN NUOVO TERMINAL PORTUALE DICE TMT (Terminalista Molo VII) : E' L' ALTERNATIVA OCCUPAZIONALE ALLA FERRIERA !


Proponiamo un semplice criterio per valutare gli avvenimenti:

E' BENE TUTTO QUELLO CHE RICOLLEGA TRIESTE ED IL SUO PORTO AL SUO ENTROTERRA MITTELEUROPEO E AI TRAFFICI MONDIALI, INVECE E' MALE QUELLO CHE LA ISOLA E LA RIDUCE A UNA DEPRESSA PROVINCIA ITALIANA (come invece avviene da circa 100 anni).


Le notizie che ci arrivano sul ripristino di efficienti collegamenti ferroviari del Porto con l' Europa centrale e dell' est, in particolare con Budapest e Praga, sono buone.
E diciamo bravo al Commissario D'Agostino che ci ha lavorato sopra e lavora efficientemente sul potenziamento dei collegamenti ferroviari del nostro Porto. Ci voleva!

A noi interessa il bene del porto e di Trieste e ogni passo in questo senso è benvenuto, chiunque lo faccia.

Così come è benvenuta la nuova consapevolezza sul ruolo internazionale del Porto Franco Internazionale di Trieste che è il vero cuore e intima sostanza del movimento indipendentista triestino, senza il quale staremmo ancora a cincischiarci su cose di poco conto.

Siamo però dubbiosi che lo stato italiano, che ha interessi nazionali e geopolitici opposti, consenta uno sviluppo di lungo periodo in questo senso ma prendiamo atto del passo nella direzione giusta.

Anzi, lo difenderemo da ogni tentativo di mettere i bastoni tra le ruote: tipo "Porto Regione".

E' da notare anche la presa di posizione del terminalista del Molo VII Maneschi che dice:

1) Il Porto Off-Shore di Venezia non si può fare e il terminal merci dell' Alto Adriatico è Trieste.
A Venezia vadano i passeggeri.


2) «In cinque anni il porto può creare 6mila posti di lavoro tra diretti e indiretti. Non solo per i container, ma per tutte le voci merceologiche possibili». Per crescere, avverte però l'imprenditore, «bisogna ridisegnare il porto per i prossimi 50 anni, utilizzando al massimo quanto lasciato dall' Austria: il migliore sistema ferroviario italiano».


3) Porto Vecchio così com' è non è appetibile e non si può farne un enorme museo.

Riguardo l' alternativa occupazionale all' "area a caldo" della Ferriera abbiamo sempre detto che un nuovo terminal portuale che coinvolga le banchine di Servola creerebbe 1.647 nuovi posti di lavoro secondo lo studio Alpe Adria: adesso il Terminalista di Molo VII valuta ancor più ottimisticamente che lo sviluppo portuale in 5 anni porterebbe ben 6.000 nuovi posti di lavoro.


C'è ancora qualche dubbio sul fatto che la strada dello sviluppo della portualità che stiamo indicando da tre anni sia quella giusta per risolvere i problemi 
del lavoro  e contemporaneamente quelli dell' inquinamento ?

Il merito storico del movimento indipendentista triestino è quello di aver portato alla luce e focalizzato l' attenzione su queste tematiche indicando un progetto per Trieste ben più consistente delle fantasie su un impossibile turismo di massa che ha portato a voli pindarici, "color run" e trenini in Porto Vecchio: un' area che potrà diventare la nostra City e la nostra Silicon Valley con un utilizzo produttivo del particolare regime di Punto Franco che va ripristinato anche per costituirvi una No Tax Area.


Lo stesso D' Agostino ha indicato ieri in una trasmissione televisiva alcuni degli utilizzi possibili per l' area su cui ha saggiamente mantenuto il Punto Franco, allargabile, sulla fascia costiera: tra cui anche il Mercato dell' Arte come nel Porto Franco di Zurigo di cui spesso abbiamo parlato.

E non si può certo ipotizzare che un' area strategica del genere sia ridotta a un rione o a un mercato del pesce all' ingrosso o a un terminal passeggeri deserto come vorrebbe Dipiazza  in sintonia con Brugnaro (sindaco di Venezia).


Basta "Fantaturismo", "città metropolitane", chiacchiere e fantasie: finalmente i piedi per terra puntando a un solido sviluppo economico fondato sulla portualità, l' indotto e i grandi vantaggi del Porto Franco !

«In cinque anni - dichiara il terminalista toscano del Molo Settimo - il porto può creare 6mila posti di

lavoro tra diretti e indiretti. Non solo per i container, ma per tutte le voci merceologiche possibili». Per crescere, avverte però l'imprenditore, «bisogna ridisegnare il porto per i prossimi 50 anni, utilizzando al massimo quanto lasciato dall' Austria: il migliore sistema ferroviario italiano».

Maneschi rispolvera l’off shore 
«Venezia non può fare l’isola nel mare, si faccia a Trieste». Pierluigi Maneschi ritorna con parole chiare sul progetto di off shore che tanto piace all'Autorità portuale della città lagunare. Il proprietario di Trieste marine terminal (Tmt) invita anche alla programmazione. «Non si può decidere che tutti i porti siano passeggeri e merci, vanno seguite le rispettive vocazioni: Venezia passeggeri, quelli che non puo fare li fa Trieste, che invece dovrà fare container». Detto che l'aeroporto di Ronchi, prossimo a chiamarsi "Trieste", è un «cimitero», Maneschi critica l'assenza di un master plan per il riuso del Porto vecchio e aggiunge: «Così com'è quell’area non è vendibile, non è appetibile. Bisogna che vengano gli imprenditori con gli architetti e che possano lavorare. Nell'immaginario si vorrebbe un enorme museo, ma questo non è possibile. Per commercializzarlo vanno fatte cose belle e occorre che funzioni». (m.b.)



venerdì 29 luglio 2016

QUELLI CHE...DICONO DI ESSERE MODERNI GLOBALIZZATORI MA SONO SOLO ALFIERI DI UNO STATO NAZIONALE DECREPITO E DECOTTO.... CHE ACCUSANO GLI INDIPENDENTISTI DI POPULISMO PERCHE' ODIANO IL POPOLO E SOGNANO DI ESSERE L' ELITE -



Sarebbe la fortuna di Trieste lasciare l' Italia al suo, triste e segnato, destino e tornare a essere parte organica della Mitteleuropa come Città  autonoma - Porto Franco Internazionale al servizio di tutte le nazioni, come è stata per secoli al pari delle citta-porto anseatiche del Nord. 

Ma non c' è "indipendentista" che non si sia sentito dire da qualche illuminato campione della modernità ed europeismo d' accatto: "come potete pensare a staccarvi dall' Italia in un mondo sempre più globalizzato ?".
Come se far parte dell' Italia fosse il passaporto per il mondo e l' Europa (quella vera) e non l' esatto contrario come tutto, ma proprio tutto, sta dimostrando comprese le ultime disavventure bancarie e finanziarie di un paese in pratica commissariato.


Gli autori di queste osservazioni "progressiste" non si rendono nemmeno conto di non saper nulla della situazione mondiale  (di cui fanno parte realtà come Singapore e Hong Kong ma anche numerosi Porti e Zone Franche) e di essersi ridotti ad alfieri e sostenitori di uno Stato Nazione decrepito, antistorico, sempre più isolato e per giunta decotto economicamente, politicamente e moralmente nonchè destinato a diventare colonia di ben più solide realtà europee.

Pensano di parlare di "mercati globali" mentre in realtà pensano al Partito della Nazione di
Renzi e alle tragiche vicende della "banca più antica del mondo", quel MPS toscano che è sempre stata la banca di famiglia degli ambienti PD e che è diventata la peggior banca d' Europa.

Sono dei poveretti affascinati dai salotti e dalle "elite" finanziarie che, con modi raffinati e faccia di bronzo, stanno sodomizzando da 8 anni l' esecrato "popolo" rozzo e puzzolente per salvare il loro sistema bancario e finanziario.


La storia della "Crisi" e del collasso economico italiano è tutta qui.
Raffinati squali finanziari contro popolazione "Populista" alla vana ricerca di una leadership in grado di riscattarla.


E dire che "Populismo" era il nome di un grande movimento di ispirazione di riscatto dei ceti popolari e contadini cui aderivano personaggi del calibro di Lev Tolstoj e Dostoevskij: un nobile nome che ora usano in modo spregiativo contro chiunque si ribelli al "pensiero unico" ispirato dal mondo finanziario.

Cosicchè "Populista" sarebbe sia la destra nazionalista (che poi si trovano a fianco nelle loro crociate anti-indipendentiste), sia chi auspica un destino internazionale per Trieste sottraendola alle mortali sabbie mobili della palude italiana.

Una frase del bieco populista russo Tolstoj, movimento cui aderivano anche squallidi personaggi come Dostoevskij e Turgenev, mica geni come Renzi e Alfano.




PORTO UNICO TRIESTE-MONFALCONE GIA' BOCCIATO DAI TECNICI NEL 2011 (vedi relazioni allegate) - PERICOLO DI ANNACQUAMENTO DEL "PORTO FRANCO INTERNAZIONALE" DI TRIESTE TRASFORMATO IN "PORTO REGIONE" -

Noi, e pensiamo anche i nostri lettori, siamo stufi del "marketing" politico e della "politica degli annunci" che usa giochi di parole per far sembrare positive ed esistenti quelle che in realtà sono fregature, potenziali o reali, e illusioni ottiche come il "trenino di Porto Vecchio" inaugurato in campagna elettorale da un ministro (Franceschini), costato € 270.000 più personale e manutenzione, e con 70 PASSEGGERI ALLA SETTIMANA in un periodo turistico.
In questa  tecnica da venditori di pignatte applicata all' aria fritta politica ormai il PD di Renzi, in tutte le sue componenti, ha superato il Maestro Berlusconi.

"SUPERPORTO TRIESTE-MONFALCONE" e "TRIESTE CITTA' METROPOLITANA" sono parole che suonano bene ma se andiamo ad esaminare cosa significano concretamente scopriamo che le "Città Metropolitane" che grazie alla legge, guarda caso, Delrio sono già operative in Italia, ad esempio a Milano, sono un colossale bidone come ha denunciato la trasmissione Report della Gabanelli (clicca QUI): si tratta solo della vecchia Provincia ma con meno poteri, fondi e non elettiva ed è stata pensata per risparmiare. E riceve dalla UE gli stessi fondi di un normale Comune e SOLO a fronte di progetti seri e praticabili.

Ne parliamo perchè sempre il ministro Delrio ha varato ieri un' altra riforma, quella delle Autorità Portuali, che unifica Trieste con Monfalcone e Porto Nogaro nell' ottica del famoso "Porto Regione", caldeggiato dalla Serracchiani e da Maresca, e perchè straparlano di fare la Città Metropolitana Trieste-Monfalcone in funzione di questa ipotesi portuale.


Abbiamo sempre avversato l' ipotesi di fondere il Porto Franco Internazionale di Trieste con porti italiani per i seguenti motivi:


1) Rischio di perdita o di annacquamento delle prerogative uniche di PORTO FRANCO INTERNAZIONALE  che derivano dal Trattato di Pace del 1947 e dall' Allegato VIII e che riguardano ESCLUSIVAMENTE il Porto di Trieste e i suoi Punti Franchi come precisamente definiti geograficamente.


Creare un' unica nuova entità con porti (insabbiati) regionali ne stravolge la natura giuridica unica nel panorama europeo ed apre la strada alla contestazione delle sue prerogative uniche, compresa l' extradoganalità rispetto alla UE.

2) Per motivazioni squisitamente tecniche e di portualità e a tale scopo rimandiamo alla relazione del 2011 di Claudio Boniciolli, ex presidente dell' APT, che è pur sempre un tecnico e già presidente della AP di Venezia, con cui cassava in modo definitivo l' ipotesi di Superporto Trieste- Monfalcone progettato da Unicredit su ispirazione di Maresca che è ora ritornato alla carica con il "Porto Regione". 

Clicca qui per la registrazione VIDEO completa, in più blocchi, dell' audizione in Consiglio Comunale.

Non ci sembra che ci sia molto da aggiungere.

Dal momento che Boniciolli è stato anche candidato alle primarie del PD come sindaco, che il PD cerchi di mettersi d' accordo con se stesso e risolva i suoi problemi interni che vedono nuovamente il sen.Russo scatenato con la vendita del bluff della Città Metropolitana (che si aggiunge al bluff di Porto Vecchio  privatizzato e urbanizzato senza Punto Franco mentre adesso farebbe comodo per una No Tax Area finanziaria) e la ripresa della bufala del Porto Regione con l' unificazione di Trieste con le paludi di Monfalcone e Nogaro.


Sul Porto sia dato spazio ai tecnici, come D' Agostino, e messa la mordacchia ai politici, specie se governativi.


"REPORT" DELLA GABANELLI: DOMENICA 19 MARZO 2015:
"
Province: tutti volevano la loro chiusura, e adesso cosa succede? In realtà esistono ancora e sono state riordinate dalla legge Delrio ( che istituisce le Città Metropolitane), che prevedeva che restassero loro poche funzioni fondamentali, strade e scuole, e trasferiva a comuni e regioni le altre. Succede che alcune province (ora Città Metropolitane ndr) non hanno più fondi per fare la manutenzione alle strade provinciali, che diventano pericolose, e ne chiudono alcune  isolando paesi. E poi sono saltati fuori 20.000 esuberi." SEGUE ACCURATO SERVIZIO SULLE CITTA METROPOLITANE GIA' ISTITUITE - clicca QUI.


mercoledì 27 luglio 2016

#CiaoneItalia - FIAT E AGNELLI SCAPPANO IN OLANDA PER NON PAGARE TASSE ESOSE MA PER I MEDIA GLI EVASORI SONO I TRIESTINI "OBIETTORI FISCALI" - “In questo paese ha fatto più Marchionne che certi sindacalisti”, ha detto Renzi tre mesi fa. “Se me lo chiedete, in Italia voterei per Renzi”, ha ricambiato l’ad di Fca. E TE CREDO !!!


Non sono solo i separatisti e gli indipendentisti che se ne vogliono andare dall' Italia e dagli artigli rapaci del suo fisco.

Lo hanno appena fatto gli Agnelli e Marchionne che, con tutto il baraccone FIAT, sono fuggiti dall' Italia mettendo le sedi fiscali all' estero (Marchionne ha anche la residenza personale in Svizzera come tanti altri).

Mentre noi siamo solo dei dilettanti che cercano di salvare la propria città e la pelle: come quei concittadini che hanno deciso di aderire all' "obiezione fiscale" non potendo trasferire casa, famiglia e lavoro altrove come ha fatto la FIAT sotto lo sguardo compiacente del Governo.


Naturalmente lo sdegno dei CDS (Cretini Di Sinistra), dei CDD (Cretini Di Destra) e dei CP (Cretini Patriottici) si è indirizzato sui concittadini "obiettori" accusati di turpe "evasione fiscale", non sognandosi nemmeno di indirizzarlo verso chi i soldi pubblici li sperpera o verso quelli che trasferiscono allegramente la sede legale per non pagare le tasse al rapacissimo e insostenibile fisco italiano.


Abbiamo così assistito a moralistici sermoni sui servizi pubblici usufruiti abusivamente dai perfidi "obiettori", ahimè solo simbolici per qualche multa insignificante perchè le tasse sui redditi sono rapinate direttamente con le trattenute in busta paga o sulla pensione.
Prediche pronunciate facendo finta di non sapere che solo una piccola parte della spesa pubblica italiana finisce in servizi ai cittadini. 

Il grosso, infatti, serve a mantenere una burocrazia elefantiaca, un sistema politico sempre affamato e gli interessi del debito pubblico.

Tali predicozzi sono arrivati in particolare dall' area del PD (cioè Governo) e, con sorpresa, ne abbiamo trovato uno sdegnato sulla "Stampa"di Torino, giornale da sempre di Fiat e Agnelli, a firma del famoso e televisivo Gramellini che non si è viceversa accorto dell' operazione antifisco dei suoi datori di lavoro.
Forse era distratto come tutta la "sinistra al caviale" che ama molto gli Agnelli così raffinati e mondani, altro che quei "populisti" di indipendentisti...


A noi non resta che insistere nel voler trasferire tutta Trieste fuori dall' Italia (o dalla sua amministrazione che dir si voglia).


Riportiamo (clicca QUI) un articolo del Fatto Quotidiano sulla vicenda FIAT: meditate, gente, meditate...


Exor in Olanda, l’esodo degli Agnelli all’estero parte da lontano. Mentre dicevano: “Fiat sempre più forte in Italia”

Fca avrà una presenza sempre più forte in Italia“. “Fiat è ancora più italiana”. “Quello che possiamo fare in Italia è molto di più di quello che potevamo fare prima”. Parola di John Elkann, presidente di Fiat Chrylser. Lo stesso John Elkann che ha spostato in Olanda le sedi di Cnh Industrial, Fca, Ferrari e infine Exor, la cassaforte della famiglia AgnelliL’ultima mossa di Elkann è dunque solo il passaggio finale di un lungo elenco di trasferimenti, il trasloco di una holding e non di una società produttiva, ma si fa beffe delle promesse di mantenere nel nostro Paese le radici delle imprese di famiglia. E la grande fuga dall’Italia prende corpo sotto il naso di governi che vanno a braccetto con il Lingotto e i suoi manager, come dimostra la grande intesa tra l’amministratore delegato Sergio Marchionne e il premierMatteo Renzi, solo l’ultima di una lunga serie.
In questi anni, da casa Agnelli si sono sprecate le dichiarazioni d’amore nei confronti del Bel Paese. Il 30 gennaio 2013, inaugurando lo stabilimento Maserati di Grugliasco, John Elkann ha rivendicato davanti agli operai Fiat: “Abbiamo fatto scelte difficili per poter continuare a produrre in Italia”. Nel febbraio dell’anno seguente, poco dopo la nascita di Fca (con sede legale in Olanda), il giovane presidente del Lingotto ha ribadito davanti a una platea di studenti: “Sono contento perché Fiat è ancora più italiana e ha le forze che rendono la componente italiana del gruppo ancora più forte”. Un concetto ripetuto all’assemblea degli azionisti Fiat, il 22 maggio seguente, ancora a Grugliasco: “La componente italiana ha possibilità di sviluppo che non saremmo riusciti a immaginare senza Chrysler”. E infine, il 25 luglio del 2014, l’incontro a Palazzo Chigi con Matteo Renzi, in compagnia di Sergio Marchionne. Il rampollo di casa Agnelli ha presentato così al premier il nuovo modello Jeep prodotto in Italia: “Siamo molto orgogliosi di essere qua e di farle vedere come Fca avrà una presenza sempre più forte in Italia”.
A ben vedere, mentre da una parte Elkann si profondeva in elogi alla Penisola, dall’altra preparava le valigie per altri lidi. Un’operazione entrata nel vivo ben quattro anni fa. Nel novembre 2012, dopo la fusione con Cnh, Fiat Industrial ha spostato la sede legale in Olanda e il domicilio fiscale nel Regno Unito, con tutti i benefici fiscali che ne conseguono. Stessa sorte per Fiat Chrysler, fondata a gennaio 2014 già con le doppie radici ad Amsterdam e Londra. Discorso uguale per Ferrari, con lo scorporo da Fca e il doppio trasloco datati ottobre 2015. Ma al di là di sedi legali e fiscali, i vertici del Lingotto hanno anche minacciato di portare fuori dai confini nazionali anche la produzione di auto. Come ha fatto Marchionne alla vigilia del referendum tra i lavoratori di Mirafiori sul nuovo contratto Fiat: “Se non si raggiunge il 51% salta tutto e andiamo altrove. Fiat ha alternative nel mondo. Se il referendum non passerà ritorneremo a festeggiare a Detroit”.
In tutto questo, tra i governi italiani e Fca è stato un fiorire di strette di mano, pacche sulle spalle e grandi complimenti. “In questo paese ha fatto più Marchionne che certi sindacalisti”, ha scandito il premier Renzi all’inizio di aprile di quest’anno. “Se me lo chiedete, in Italia voterei per Renzi”, ha ricambiato l’affetto l’ad di Fca. Per trovare qualcuno che osi contestare l’esodo delle aziende degli Agnelli in Olanda e Regno Unito, bisogna uscire da Palazzo Chigi. Nel pieno del battibecco con John Elkann, nel febbraio del 2014, l’imprenditore Diego Della Valle ha attaccato così la famiglia Agnelli: “Con un Paese che vive una situazione drammatica, invece di essere pronta a dare il massimo appoggio, è scappata nella penombra per sistemare al meglio i propri affari personali. Chi si comporta in questo modo non merita nessun rispetto”. Pierluigi Bersani, ex segretario Pd, ha invece commentato così il trasloco di Exor in Olanda: “Quello che noi chiamavamo Fiat che ha fatto ciaone nel silenzio generale”.

ARTICOLO DEL “GUARDIAN”: ''DOPO LA GREXIT E LA BREXIT E’ ARRIVATO IL MOMENTO DELLA “QUITALY”!'' 2. “L’ECONOMIA ANNASPA DA VENT’ANNI, LA DISOCCUPAZIONE E’ ALLE STELLE, LE BANCHE FALLISCONO E RENZI PERDE POTERE E VIENE RIMPIAZZATO DAL M5S, CHE PROMETTE UN REFERENDUM SULL’USCITA DALL’EURO - LA MINACCIA CHE INCOMBE SULL’EUROPA È L’IPOTESI CHE L’ITALIA DECIDA DI TORNARE ALLA LIRA. SE SUCCEDESSE, LA MONETA UNICA CROLLEREBBE”






Pubblichiamo un articolo del Guardian sulla situazione italiana.

Larry Elliott per The Guardian
Prima la Grexit, poi la Brexit. Ora la minaccia che incombe sull’Europa è la “Quitaly”, la paura che l’Italia decida di non volere più la moneta unica e torni alla lira. Messa giù semplicemente, l’economia italiana sta annaspando e lo fa da vent’anni, durante i quali non c’è stata praticamente crescita ed è diventata sempre meno competitiva nell’esportazione.

La crescita lenta e gli alti livelli di disoccupazione si riflettono negli alti livelli di prestiti non performanti (NPL, alias crediti deteriorati) che affliggono le banche italiane. Le potenziali insolvenze sono quasi raddoppiate, a 360 miliardi di euro, negli ultimi cinque anni e ora contano per il 18% di tutti i prestiti da rimborsare.

E’ chiaro che i prestiti non performanti (NPL) rispecchiano un’economia non performante. Sono sintomo di un problema e non la causa. A differenza di Grecia, Irlanda e Spagna, l’Italia non ha attraversato un periodo di boom economico prima della Grande Recessione del 2008-2009.

La sua performance è stata ininterrottamente scarsa. L’economia è ridotta del 10% rispetto a prima della crisi finanziaria e il risultato è una disoccupazione alta, soprattutto nel sud del paese.

Prima di entrare nell’euro, l’Italia si sarebbe potuta rendere più competitiva svalutando la lira ma l’opzione non è più disponibile. Il rischio perciò è ovvio. L’Europa soffre di un rallentamento per via del trauma Brexit. E la già debole Italia soffre più di tutti, mentre le sue banche iniziano a fallire. Ai piccoli investitori viene detto che le regole europee prevedono che debbano farsi carico di alcune perdite.

Il governo di centro-sinistra di Matteo Renzi perde potere e viene rimpiazzato dal Movimento Cinque Stelle, che promette un referendum sull’uscita dall’euro. Dato lo stato dell’economia, una “Quitaly” non è da escludere. Se succedesse, la moneta unica crollerebbe.



NAUFRAGIO DEL “FANTATURISMO” IN PORTO VECCHIO – 70 PASSEGGERI A SETTIMANA PER IL TRENINO: QUANTI PAGANTI PER LA MOSTRA SUL LLOYD ? - PER FORTUNA SI PUO’ RIALLARGARE IL PUNTO FRANCO RIMASTO SULLA FASCIA COSTIERA PER FARE LA NO TAX AREA, MERCATO ITTICO DI DIPIAZZA PERMETTENDO…


Leggiamo che viene abolito il trenino in Porto Vecchio: non ci stracceremo le vesti per la disperazione.
Leggiamo che i  passeggeri sono 70 (SETTANTA) A SETTIMANA a fronte di una spesa iniziale di più di € 250.000 più quella per  il personale che serve a farlo viaggiare e le manutenzioni.

Ricordiamo che, un paio di mesi fa, alla conferenza con cui l’ Advisor  (consulente) per Porto Vecchio, costato altri € 200.000,  aveva raccontato delle banalità conosciute da tutti, Cosolini annunciava trionfalmente la prossima messa in servizio del “trenino”.

Manca di conoscere quale sia il vero numero di visitatori paganti alla mostra sulle Navi del Lloyd che, secondo il PD, sarebbe dovuta essere il cuore di una grande calamita turistica: l’ ipotizzato “Museo del Mare”. E un conto sui costi e sugli incassi e sui soldi pubblici investiti che dia conto del deficit.

Tutto questo dà la misura dell’ inconsistenza delle vaghe ipotesi “fantaturistiche” sull’ urbanizzazione / privatizzazione di Porto Vecchio conseguente al famoso emendamento sulla “sdemanializzazione” del sen. Russo.

Si tratta di ”fuffa”politica  pompata dai media che in oltre un anno e mezzo non ha prodotto neanche l’ ipotesi di mezzo posto di lavoro ma è già costata oltre € 500.000 di denaro pubblico.

Lo stesso Piccolo ha compiuto recentemente un inversione di rotta, con una spettacolare capriola di Roberto Morelli che in un editoriale ha parlato più realisticamente di NO TAX AREA IN PORTO VECCHIO per imprese ed  istituzioni finanziarie.

Ma la progettata No Tax area del Porto Franco ha bisogno di un Punto Franco Extradoganale per essere istituita, come era previsto dalla legge 19/91, mentre lo hanno appena tolto da Porto Vecchio per ottemperare allo sciagurato emendamento Russo.
Per fortuna il Commissario all’ Autorità Portuale lo ha saggiamente fatto mantenere sulla fascia costiera di 15 metri, da cui può nuovamente essere riesteso a tutta l’ area.

Ma adesso l’ insidia viene da Dipiazza che vuole mettere in Porto Vecchio il Mercato Ittico all' ingrosso realizzando inconsapevolmente i primi "No Tax Sardon" al mondo… oppure facendo abolire il Punto Franco anche dalla fascia costiera.

Poi oggi  leggiamo che si rinuncia anche al progetto alla “Paperoga” di mettere la biblioteca in Pescheria Centrale (costato altri € 50.000 solo di fattibilità):  un edificio con una cubatura immensa da riscaldare e strutturalmente umido per metterci gente che deve stare seduta a leggere libri di carta deteriorabili….

Far e disfar xe tutto un lavorar.

Complessivamente siamo a oltre mezzo milione di euro dei contribuenti  buttati per fantasie dei politici e si domandano perché la gente non vuole più continuare ad alimentarli con le tasse…

martedì 26 luglio 2016

TERRORISMO ISLAMICO - NUOVO SGOZZAMENTO IN FRANCIA - SMETTERLA CON IL GIUSTIFICAZIONISMO PSICHIATRICO - GLI STATI DEVONO DIFENDERE I CITTADINI -


Le prime notizie del nuovo attentato jihadista odierno in Francia parlavano di due squilibrati, come per il bombarolo suicida in Germania, come a Nizza.

Non consola molto sapere che chi guida il camion che ti sta investendo ha dei problemi psichici, problemi che ci sono sempre stati a questo mondo ma che non producevano stragi a ripetizione in nome di Allah.


La novità stà in una ideologia religiosa islamista che diffusa, coltivata e tollerata fornisce la giustificazione morale ad eccidi inacettabili e non più sopportabili.


Cominciamo allora a dire alcune cose politicamente scorrette:

1) RELIGIONE - Non è vero che tutte le religioni sono uguali e vanno ugualmente rispettate: in occidente c'è il Satanismo, ci sono le varie sette dai Bambini di Satana a Scientology che sono state protagoniste di eccidi, plagi e/o ruberie.

In India ci sono culti legati alla dea Kali che conosciamo dai romanzi di Salgari che parlano dei cattivissimi strangolatori Thug.

In Medioriente c'è questo scisma dell' islam sunnita che è alla base del Jihadismo e che ha parecchio a che fare con i Wahabiti dell' Arabia Saudita e gli stretti parenti Salafiti del Nord Africa.
Ribadiamo che è uno scisma interno alla parte sunnita dell' Islam (in lotta con quella Scita) e che non riguarda tutto il mondo islamico.
Per combatterlo un nemico deve essere conosciuto e ben individuato.


Non si capisce perchè bisogna essere tolleranti con culti che hanno risvolti ed esiti criminali e stimolano la barbarie.
Nè perchè debbano essere consentite moschee aderenti allo scisma salafita, spesso finanziate coi petrodollari dei Wahabiti al potere in Arabia Saudita.


2) PSICHIATRIA - Non c'è niente da meravigliarsi se chi commette attentati tanto sanguinari e spesso suicidi abbia pure disturbi mentali: sarebbe da meravigliarsi del contrario.
Non si può pretendere che sia "a bolla" uno che ammazza 100 persone schiacciandole con un camion praticamente suicidandosi, nè uno che sgozza un anziano prete per motivi di fanatismo: il fanatismo stesso è una malattia mentale.
Nessuno si sogna di giustificare Hitler anche se è noto che si imbottiva di psicofarmaci ed aveva una personalità evidentemente disturbata.
Il disagio psichico non attenua nè la gravità dei fatti, nè la colpa, nè la necessità di difendersi perchè proprio questi individui vengono reclutati apposta, spesso a distanza via internet.


Un giornale insospettabile di razzismo come il Fatto Quotidiano spiega che il 60% dei rifugiati ha un disagio mentale (clicca QUI). 
E' ovvio: chiunque sbalzato in un mondo totalmente diverso con cultura, usi e costumi totalmente diversi rischia di perdere l' orientamento e può andare in crisi di identità.
Così come quei giovani, anche di seconda generazione, che in casa sono obbligati a seguire regole islamiche mentre vivono in una società occidentale laica. 

Prima o dopo il conflitto identitario emerge e può anche prendere strade pericolose come vediamo in Francia.

Ad esempio, una ragazza occidentale moderna costretta in un mondo islamico ferocemente misogino diverrebbe pazza in poco tempo.... simmetricamente può succedere a dei giovani uomini sbalzati da noi dagli eventi, tragici o meno.

Se poi alcuni hanno subito anche stress traumatici da guerra, fame e maltrattamenti il disagio mentale è assicurato: le guerre hanno sempre portato un fardello di follia, molto diffusa fra i reduci (Rambo docet).


La società ha tuttavia il diritto di difendersi e lo stato ha il dovere di difendere i cittadini.

Oggi sul Corriere c' è una riflessione di Ernesto Galli della Loggia sui danni del "politicamente corretto"che trovate cliccando QUI.

Almeno cominciamo a parlarne ed a togliere gli alibi alla retorica insopportabile di chi nega la necessità di difendere i cittadini anche con provvedimenti drastici.

Quanto alle ricette per risolvere il problema non ne abbiamo non essendo tecnici della sicurezza ma possiamo solo rilevare che la questione si affronta sul piano tattico-militare e dell' intelligence e consigliare di rivolgersi a chi riesce a tenere sotto controllo la situazione, senza rinunciare alla democrazia, anche quando si presenta in un modo simile durante la "intifada dei coltelli": cioè a Israele.


Cliccando QUI un intervista a Cacciari sull argomento.


NO TAX AREA: BENVENUTA MA NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE - RIPRISTINARE I BENEFICI FISCALI AGGIUNTIVI SCOMPARSI NEL COLPEVOLE SILENZIO DEI POLITICI LOCALI -



Vengono annunciati incontri "esplorativi" per l' istituzione di una NO TAX AREA che si aggiunge alla EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE (anche dalla UE) dei Punti Franchi del PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE.
Salutiamo con favore l' intenzione manifestata dalle autorità italiane di ripristinare almeno i benefici fiscali operativi fino agli anni '60 nella Zona del Porto Franco Industriale: E' QUANTO ANDIAMO SOLLECITANDO DA ALMENO TRE ANNI e non possiamo che esserne lieti perchè vogliamo subito il miglioramento della situazione a Trieste e non fare solo sterile demagogia.

In fondo riportiamo il testo completo dell' articolo del Piccolo che riprende il comunicato della Regione aggiungendo una valutazione positiva sulle mosse del Commissario all' APT D' Agostino che nei limiti delle sue funzioni sta operando a favore del nostro Porto Franco e della creazione di posti di lavoro a Trieste.

Cogliamo l' occasione per chiarire nuovamente le caratteristiche fiscali dei PUNTI FRANCHI del Porto Franco Internazionale di Trieste perchè non sembrano chiare a tutti, trattandosi di argomento tecnico regolato dall' Allegato VIII.

1) I Punti Franchi sono pienamente EXTRADOGANALI ANCHE DALLA UE e questo comporta la totale estraneità di quanto vi avviene dalla giurisdizione delle Dogane italiane, e di qualsiasi altro paese, che hanno il DIVIETO di ingerenza, e nulla conta a tal fine il fatto che che le navi per arrivarci attraversino un breve tratto di acque territoriali italiane.
A tale proposito si legga lo studio del 1998 del professor Campailla cliccando QUI.

Il DIVIETO DI INGERENZA DELLE DOGANE in quanto avviene nei Punti Franchi non viene attualmente rispettato ma deve essere rispettato sia dal nuovo Disciplinare Doganale, che invece ingerisce, sia dai nuovi Regolamenti Attuativi dei Punti Fanchi che nella bozza introducono divieti inesistenti nell' Allegato Ottavo ovvero quelli di commercio al dettaglio e di residenza.

Sul piano fiscale la piena extraterritorialità doganale comporta automaticamente l' esenzione da numerose tasse, imposte e accise INDIRETTE: Dazi Doganali, IVA, registro ecc.

La cosa è importante anche per ciò che riguarda i CARBURANTI che nel Porto Franco dovrebbero essere esenti da IVA e accise e pertanto essere estremamente convenienti per le navi e i TIR: la questione è ritornata alla luce con la vicenda del blocco delle forniture della Depositi Costieri come abbiamo già sottolineato e il nostro articolo è stato citato dal sito specializzato FAQ TRIESTE (clicca QUI)
Inoltre, visto che si pensa ad attrarre insediamenti di servizi finanziari internazionali, visto che la No Tax area è prevista nei Punti Franchi e visto che l' insediamento ideale per queste attività è Porto Vecchio, come già per il Centro Finanziario Off-Shore previsto dalla legge 19/91 mai realizzato, va ripristinato il Punto Franco, appena tolto, su tutta la superficie di Porto Vecchio, lasciando perdere progetti inconsistenti di "fantaturismo" e urbanizzazione.

Tuttavia nei Punti Franchi DA SEMPRE PERMANE L' OBBLIGO DI PAGARE LE TASSE DIRETTE SUI REDDITI D' IMPRESA E PERSONALI, come stabilite dal Governo amministratore (quale che sia: italiano, austriaco o altro), se stabilite con procedure legittime e conformi agli obblighi internazionali e proporzionali ai servizi pubblici offerti (cosa che oggi non avviene riguardo l' imputazione di quota del debito pubblico nazionale italiano ed il fatto che da Trieste vi è un gettito fiscale superiore di almeno il 40% alle necessità del territorio per servizi pubblici).
Esattamente come avviene nella zona extradoganale di Livigno e come avveniva ai tempi dell' Impero e del TLT: le tasse DIRETTE sui redditi sono sempre state pagate all' autorità competente.

2) Il Punto Franco del Porto Industriale godeva durante tutto il dopoguerra di esenzioni riguardanti ANCHE le tasse DIRETTE sui redditi.
Lo vediamo dal bollettino del decennale pubblicato nel 1960 dove di parla di esenzione per dieci anni dall' imposta sui redditi e sui fabbricati oltre ad altre agevolazioni-
La NO TAX area di cui si parla in questi giorni si riferisce a questi vantaggi fiscali AGGIUNTIVI rispetto al regime di EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE e che, nel corso degli anni, sono stati silenziosamente abbandonati, anche se mai aboliti formalmente.
Un po' come è avvenuto col Punto Franco di Prosecco Stazione che il Prefetto Garufi aveva detto essere ormai "virtuale" (?) perchè abbandonato anche se mai abolito formalmente e pertanto, secondo noi, perfettamente utilizzabile ed estendibile fino a Fernetti lungo la ferrovia senza bisogno di spostare nulla da Porto Vecchio.

Stiamo, insomma,parlando di ripristinare vantaggi fiscali caduti nel dimenticatoio PER COLPA DI AUTORITA' E POLITICI LOCALI che preferivano occuparsi d' altro e pavoneggiarsi con fanfare e bersaglieri e sogni di un turismo di massa impraticabile invece di pensare allo sviluppo economico vero.

MEGLIO TARDI CHE MAI.



ECCO IL TESTO COMPLETO DELL' ARTICOLO:
L’incontro 
“No tax area” in Porto
 La giunta accelera 

La Regione Friuli Venezia Giulia pensa di istituire una “No tax area”, ovvero uno spazio a regime di fiscalità di vantaggio, all’interno del Porto di Trieste. Un incontro in questo senso si è svolto ieri a Trieste, tra l’assessore regionale alle Finanze, Francesco Peroni, e il commissario straordinario dell’Autorità portuale triestina, Zeno D’Agostino. «La Regione - spiega Peroni - vuole esplorare e approfondire con l’Autorità portuale quali siano le opportunità di una convergenza tra le attuali prerogative doganali, proprie del Porto franco, e un eventuale nuovo regime fiscale di vantaggio, che risulterebbe particolarmente benefico non solo per la zona direttamente interessata, ma per tutto il Sistema Regione, con ricadute positive per l’indotto e per il gettito regionale complessivo». L’ipotesi entra dunque in una fase di valutazione, in accordo con il commissario straordinario dell’Authority. Per D’Agostino, «il collocamento di aree nelle quali i vantaggi fiscali si aggiungerebbero alle peculiarità attuali del Porto di Trieste, ossia il Porto franco internazionale con diversi punti dove si possono svolgere attività industriali, sarebbe il completamento perfetto della nostra voglia di proporci al mercato internazionale». La proposta, tuttavia, deve tener conto delle rispettive competenze in capo alla Commissione europea e allo Stato italiano. Alla Regione spetta la “regia” delle politiche industriali. Può anche agire come attore istituzionale di area vasta, propulsore d’idee presso il Governo nazionale e le istituzioni europee. La proposta di candidare Trieste a sede di una “No tax area” è stata oggetto di una lettera della presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, al presidente del Consiglio Matteo Renzi, il 30 giugno scorso, subito dopo il referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna.

lunedì 25 luglio 2016

#StrafalcioniStorici - "TRIESTE LIBERATA"??? DA CHI ? CHI LA OPPRIMEVA NEL 1954? LE DUE MAGGIORI DEMOCRAZIE OCCIDENTALI CHE HANNO PORTATO LA LIBERTA' SCONFIGGENDO IL FASCISMO ITALIANO COLLABORAZIONISTA COL NAZISMO ?? Trieste allora era Territorio LIBERO di Trieste...


Non c'è cosa che infastidisca i triestini più degli strafalcioni storici e geografici che trovano sulla stampa italiana riguardo la propria città, a turno messa in Friuli, in Slovenia o Liberata quando era già libera da anni.

Il titolo del supplemento letterario del Corriere parla di "TRIESTE LIBERATA" nel 1954: liberata da chi ?

Si rendono conto che Trieste nel 1954 non solo era stata liberata da nove anni dal fascismo, ma era pure Territorio LIBERO amministrato dalle due più solide democrazie occidentali: Inghilterra e Stati Uniti.?


E che c'è stato solo un passaggio di consegne della AMMINISTRAZIONE come titolava lo stesso Corriere quegli anni ?


Chi ha fatto i titoli dell' inserto letterario del Corriere non sa di cosa parla e non rispetta nemmeno il contenuto dell' articolo dove la verità, come sempre, fa capolino dove si spiega che la protagonista Berta Allegretto "da qualche mese tornata a Trieste con le figlie da Poli di Ravenna ...... dove il marito l' ha portata a vivere in una misera promisquità contadina, in una casa di 'TALIANI ottusi e ignoranti, lei che si sente cittadina e neppure italiana... ".
Il 4 Novembre 1954, scrive l' articolo: "Tutti festeggiano una patria inesistente....".

La protagonista incontra l' amica ebrea Alina Rosenholz scampata per miracolo alle persecuzioni iniziate a Trieste con il famoso discorso che introduceva le leggi razziali pronunciato dall' italianissimo Mussolini nel 1938 proprio sotto il nostro municipio, lordando per sempre quel punto di P.zza Grande.

Ma si tratta di errori ed ignoranze di chi fa i titoli che non inficiano il libro di Alda MUROLO "SI PUO' TORNARE INDIETRO" (ce lo auguriamo visto l' andazzo).





Anche la foto che illustra l' evento è curiosa: la ragazza triestina sembra alquanto DISPERATA per la partenza del soldato alleato e l' arrivo degli italiani....

Facciamo omaggio all' autore del titolo di un articolo pubblicato dallo stesso Corriere dal titolo EAST SIDE STORY, QUANDO TRIESTE ERA AMERICANA clicca QUI .
Sotto c'è una sua foto che ben illustra Trieste in angosciosa attesa della Liberazione da parte dei soldatini italiani con le piume di gallina in testa e le trombette.

Trieste in angosciosa attesa della liberazione da parte dell' Italia:



domenica 24 luglio 2016

#DialoghiMitteleuropei - PASSAGGIO A NORD-EST - IL FUTURO DI TRIESTE E' VERSO NORD-EST ED IL FUTURO DELL' EUROPA NELLE MACROREGIONI TRANSNAZIONALI - IL RITORNO AGLI "STATI NAZIONE" E AL NAZIONALISMO SAREBBE LA MORTE PER ENTRAMBI - LA FUNZIONE DEL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE PER LA MITTELEUROPA E' ANALOGA A QUELLA DEI PORTI DELLE CITTA '/ STATO ANSEATICHE DEL NORD (AMBURGO, BREMA, LUBECCA...) -


La rivista di geopolitica LIMES pubblica un interessante articolo sulle prospettive per l' Europa in crisi: QUI SI FA L' EUROPA FLESSIBILE O SI MUORE di Brunello Rosa, Capo economista per l’Europa, (clicca QUI per la prima parte dell' articolo).
L' articolo parte dalla constatazione che la Brexit è solo uno degli ultimi episodi della profonda modificazione degli equilibri prodottisi alla fine della seconda guerra mondiale, e da cui era scaturito, tra l' altro, sia il TLT che l' incapacità di nominarne un Governatore condiviso dalle grandi potenze.


Dice l' autore: "... i rapporti di equilibrio prodottisi dopo la seconda guerra mondiale stanno saltando uno ad uno..." e continua con l' elenco dal Giappone alla Germania riunificata agli Stati Uniti nuovamente isolazionisti per non parlare delle radicali modifiche dopo la caduta del Muro di Berlino.
Noi aggiungiamo che oggi c'è la guerra in Ucraina e lo stato d' emergenza in Francia e Turchia.

"In questo mondo ormai fuori dagli equilibri scaturiti dalla fine della seconda guerra mondiale - e che quindi si potrebbe dire avviato, tecnicamente, verso la terza-  la Gran Bretagna, da sempre anticipatrice di eventi, rispolvera un suo grande classico: il distacco dall' Europa".
L' acuta analisi ipotizza quattro scenari per il futuro dell' Europa, che vengono rappresentati dal grafico che abbiamo riportato sopra: "Se disegnamo sugli assi le due dimensioni appena discusse (integrazione e flessibilità / diversità) si identificano i quattro quadranti.
In alto a destra (Nord-Est Bora ndr) quello positivo: in esso si beneficia del processo di unificazione europea e non si pagano i costi di una sua disgregazione. Possiamo definirlo come l' Unione di trasferimento: di fatto quello che tutti gli  Stati Nazionali sono diventati alla fine del loro processo di unificazione.
In basso a sinistra (Sud-Ovest  Libeccio ndr) quello negativo, che segna la riaffermazione della centralità degli Stati Nazionali.
I due quadranti sull' altra diagonale sono gli scenari del "muddle trought", cioè del tirare a campare.
In basso a destra (Sud-Est Scirocco ndr) c'è lo scenario attuale, che possiamo definire germanizzazione dell' Europa, con ciò intendendo che Berlino impone agli altri Stati membri l' adozione di politiche di stampo tedesco (riforme del mercato del lavoro, delle pensioni, strutturali, adozione di politiche volte al raggiungimento di surplus di bilancio e di bilancia dei pagamenti) come metodo di integrazione, così riducendo gli spazi di flessibilità.

In alto a sinistra (Nord-Ovest Maestro ndr) c'è lo scenario favorito dagli Inglesi: l' Unione doganale, la cui integrazione fa passi indietro a favore di una maggiore flessibilità di organizzazione, in qualche modo riprendendo il modello delle Regioni italiane a statuto speciale che hanno saputo coniugare nel tempo unità d' Italia e autonomia regionale.
Attenzione: il processo di germanizzazione dell' Europa solo apparentemente rappresenta un metodo per tirare a campare. In realtà porta quasi inesorabilmente alla dissoluzione dell' Unione Europea e dunque al ritorno degli Stati Nazionali - il quadrato in basso a sinistra - in quanto fomenta la crescita di movimenti populisti (nazionalisti ndr) che a questo obiettivo esplicitamente mirano ".

A Trieste, città di mare, sappiamo tutti che sono i venti da Nord che portano il tempo buono: certamente il Maestro è il vento preferito per la navigazione ma amiamo molto la Bora perchè spazza il cielo dalle nuvole e segnala che la perturbazione è finita.

In altre parole l' ipotesi inglese (Nord Ovest) di Unione Doganale ci può essere favorevole sia perchè consente al Porto Franco Internazionale di lavorare con i paesi più prossimi sia perchè favorisce le ipotesi indipendentiste, ma è  lo scenario di "creazione di macroregioni transnazionali" (Nord Est) quello più favorevole alla ricreazione del nostro entroterra mitteleuropeo andato perduto con la Prima Guerra Mondiale.

Uno scenario in cui Trieste con il suo Porto Franco Internazionale non sia costretta negli angusti confini di uno stato nazionale ma sia dotata dell' autonomia necessaria a servire molte nazioni diverse, così come hanno fatto per secoli le città-stato portuali anseatiche (Amburgo, Brema, Lubecca ecc.) che solo in tempi recentissimi sono entrate a far parte della FEDERAZIONE germanica mantenendo le caratteristiche statuali autonome (clicca Amburgo).

Trieste che è nata e cresciuta intorno al suo Porto Franco Internazionale ha bisogno di un entroterra con un mercato libero e in crescita, non suddiviso in Stati Nazionali con posture protezionistiche.


Tuttavia proprio la degenerazione del progetto di Unione Europea in una struttura tecnocratica e non democratica al servizio degli interessi del capitale finanziario, specificamente germanico, sta portando a una rivitalizzazione del nazionalismo e ad una prevalenza degli scenari negativi dei quadranti a Sud del grafico illustrato sopra.


I tromboni nostrani dell' europeismo e dell' Euro (alla Napolitano e Prodi e PD in genere, per capirci) hanno portato a questi esiti catastrofici con l' adesione entusiasta a politiche di austerity antipopolari e depressive per l' economia a suon di slogan come "Ce lo chiede l' Europa".




Il fatto è che Europa come continente e questa UE come tecnocrazia al servizio di precisi interessi d' élite sono due cose ben differenti.
Così come la UE non ha niente a che fare con l' Europa Federale e democratica sognata dai "padri fondatori" a Ventotene.



Trieste ha bisogno di Europa ma non di questa UE e tantomeno di una regressione agli Stati Nazione che nel '900 hanno arrecato enormi danni alla nostra città e al suo porto isolandola dal suo entroterra naturale mitteleuropeo con la frantumazione dell' Impero prima e con il nazionalismo e la "cortina di ferro" poi.

Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può restare isolata e imprigionata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo sviluppando i rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.

A questi Soloni dell' "europeismo" degenerato in una tecnocrazia antidemocratica al
servizio di banche ed èlite finanziarie (e dominato da teorie economiche antiscientifiche di stampo neoliberista come l' Ordoliberalismo Tedesco che sta giustificando macelleria sociale e distruzione del futuro dei
giovani), "avanza" pure di fare prediche agli indipendentisti invitandoli a stare buoni e felici nello Stato Nazione italiano quasi fosse il "sol dell' avvenire" e non una struttura marcia antistorica che non ha niente a che vedere con l' Europa ed i mercati mondiali.
Anzi ne è sempre più emarginata.

Sono i nuovi nazionalisti e il piglio neocentralista di Renzi e del suo "Partito della Nazione" lo dimostrano chiaramente.


Al contrario, come ben esemplificato nello schema, la soluzione dell' attuale crisi passa per i due quadranti a Nord ovvero con un Europa rigenerata tramite Macroregioni TRANSNAZIONALI e cessione di sovranità verso il basso: comuni e aree omogenee (quadrante Nord- Est: il "PASSAGGIO A NORD EST").

Oppure con un' "unione doganale" con accentuazione delle tendenze separatiste che sono sempre più evidenti in tutta europa ( quadrante Nord-Ovest).


In questo contesto aree speciali, 
perchè dotate di porti che servono vasti entroterra plurinazionali, come Trieste e Capodistria, , non possono essere asservite agli interessi di un solo stato ma devono avere l' autonomia necessaria per essere riferimento di tutto un vasto entroterra.

Questa è l' idea di fondo che si ripresenta periodicamente nella Storia: dalle libere città portuali-stato anseatiche del nord allo stesso TLT che ha origine nella proposta di "stato autonomo di Trieste" formulata da Valentino Pittoni, deputato al Parlamento di Vienna e fondatore della Cooperative Operaie di Trieste recentemente assassinate, al Congresso Socialista Internazionale di Trieste ai primi del '900.

L' immutabilità dei confini degli Stati Nazionali stabilita dal Trattato di Helsinki  è cosa superata da tempo: basti pensare alle modifiche dopo il crollo del Muro di Berlino come spiega bene l' autorevole ambasciatore Sergio Romano sul Corriere (clicca QUI).


E lo stesso vale per la retorica patriottarda e centralista sull' "Italia Unica e indivisibile" di stampo ottocentesco.


In realtà gli equilibri internazionali si salvano attraverso l' aggregazione di aree con interessi, storia ed economia comuni: non con il nazionalismo.


Basta guardare una cartina geografica per capire se Trieste ha più affinità con la Mitteleuropa oppure con gran parte dello Stato Italiano.