RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 10 dicembre 2016

GENTILONI: ALLA FINE, FURBACCHIONI / SALTA FUORI GENTILONI . QUELLO AMICO DI COSTA PATRON DEL PORTO OFF-SHORE DI VENEZIA...

FIRMA ACCORDO FRA IL PORTO DI VENEZIA E IL PORTO CINESE DI NJNGBO ALLA PRESENZA DI GENTILONI 23/7/2015 (clicca QUI) - Avete mai visto un Ministro degli Esteri italiano scomodarsi per il Porto Franco Internazionale di Trieste ?

"Dimissioni, dimissioni!/Franceschini e Francesconi/fan la voce da padroni/nella stanza dei bottoni: dimissioni, dimissioni!/Alla fine, furbacchioni,/salta fuori Gentiloni...», scriveva ieri lo storico Marco Cimmino a proposito dell' indicazione di Paolo Gentiloni della famiglia dei conti Gentiloni Silverj, Nobili di Filottrano, di Cingoli e di Macerata,  che parla 5 lingue, tra cui il "democristiano antico", ed è amico e protettore di Paolo Costa Presidente dell' Autorità Portuale di Venezia e scatenato Patron del Porto Off-Shore veneziano, ideato per sottrarre traffici a Trieste.

Gentiloni è la controfigura di Renzi, 
«renziano prima ancora di Renzi»; è lo stuntman che lo sostituisce nei salti mortali per restare al potere e pararsi il sedere dall' atterraggio pesante.


Tuttavia queste acrobazie di palazzo forse ritarderanno la ghigliottina del voto ma non ne attenueranno la drasticità: sono cose che fanno incazzare ancora di più i cittadini che, con l' afflusso in massa al NO referendario, hanno dimostrato di esser ormai poco diponibili alle prese in giro del "marketing politico" del rottamatore rottamato e del suo partito.


 Renzi e Gentiloni


ECCO LA DELIBERA DEL CONSIGLIO COMUNALE ALL' ORIGINE DELL' INTAVOLAZIONE DELLA PROPRIETA' DI PORTO VECCHIO - DOV' E' LA QUANTIFICAZIONE DEGLI ONERI PREVISTA ? DOV'E' IL PIANO DEFINITIVO DI Ernst&Young CHE DOVEVA ESSERE GIA' CONSEGNATO ? E' SEGRETO ?


CLICCANDO QUI SCARICATE LA DELIBERA 7/2016 DEL CONSIGLIO COMUNALE CITATA NELL' ATTO DEL TAVOLARE (che a sua volta parla
chiaramente di stima degli oneri da mettere a bilancio del Comune -vedi foto sopra-, cosa ancora non fatta).
Ne parlavamo ieri QUI (clicca).


Ma oltre al misterioso valore di Porto Vecchio da iscrivere nel Patrimonio del Comune e ai misteriosi ma rilevanti oneri di gestione conseguenti da iscrivere nel sofferente Bilancio del Comune esiste un altro mistero: cosa fare di quell' enorme area follemente detinata ad un' urbanizzazione di stampo turistico?

L' "advisor" Ernst & Young era stato incaricato di consegnare un elaborato (pomposamente definito "masterplan") su cosa fare e sugli investitori.
Secondo contratto dovrebbe essere già stata consegnata la versione definitiva con le miracolose soluzioni e la lista degli investitori ansiosi di metterci 5 miliardi (copyright sen. Russo): ma non se ne sa nulla.

A settembre  avevamo pubblicato noi la bozza semidefinitiva (clicca QUI) che definiamo fuffa e minestra riscaldata di proposte raccogliticce provenienti dai committenti, che non valgono i 170.000 euro di denaro pubblico spesi per la parcella.

In novembre parlavamo a tal proposito di spreco di denaro pubblico (clicca QUI).

E' cambiato qualcosa ?
DOV' E' IL "MASTERPLAN"(sic!) DEFINITIVO DI ERNS&YOUNG IN MODO CHE I CITTADINI POSSANO VALUTARLO?
 

Intanto siamo venuti a sapere che ERNST & YOUNG nel 2013 è stata multata per 123 milioni di dollari negli USA per aver organizzato l' evasione fiscale di suoi clienti per ben 2 miliardi, e nel 2014 per 4 milioni di dollari dalla SEC americana, l' organismo di vigilanza borsistico USA, per aver violato le norme che impongono obiettività e imparzialità ai certificatori di bilanci (vedi sotto le fonti).

Sicuramente quanto avvenuto negli USA non vuol dire niente per la ben più misera commessa di Trieste ma forse aiuta a mitigaqre la provincialissima esaltazione acritica fin qui imperante su ogni mossa e valutazione di questa società multinazionale di certificazione di bilanci e consulenza.


Dal libro "Dalla Grande Guerra alla Crisi Permanente" di Marc Chesney, docente di finanza all' Università di Zurigo, pag.102.

Dal Sole 24 Ore Radiocor

venerdì 9 dicembre 2016

#Scoop - PORTO VECCHIO: GIA' INTAVOLATA AL COMUNE LA PROPRIETA' - SENZA STIMA DEL VALORE E DEI COSTI E SENZA VARIAZIONE DI BILANCIO COMUNALE PER LE NUOVE SPESE A CARICO: CHI E COME PAGA ? CON QUALI CAPITOLI DI SPESA IN BILANCIO ? CON QUALI COPERTURE ? AUMENTERANNO LE TASSE O DIMINUIRANNO I SERVIZI?

Libro Tavolare, altre foto alla fine.

LA PROPRIETA' DI PORTO VECCHIO A CARICO DEL COMUNE RISULTA GIA ISCRITTA AL TAVOLARE CON EFFICACIA DAL 31 DICEMBRE PROSSIMO.
Dal 1° gennaio tutta l' area sarà del Comune e con essa tutte le spese correnti relative (da assicurazione a manutenzione di edifici e strade): E SONO SPESE RILEVANTI.

Il Consiglio Comunale però NON ha mai deliberato la indispensabile VARIAZIONE DI BILANCIO sia riguardo il VALORE PATRIMONIALE della sua nuova proprietà, CHE E' SCONOSCIUTO, sia riguardo le rilevanti SPESE CORRENTI, CHE SONO ALTRETTANTO SCONOSCIUTE.


Dal 1° Gennaio, chiunque subisca un danno o cada a causa di buche o rotaie scoperte in tutta l' area, che è necessario attraversare se non altro per raggiungere l' Adriaterminal, la SAIPEM o il cosiddetto "Polo Museale", potrà chiedere i danni al Comune; altrettanto se qualcosa gli cada addosso dai magazzini fatiscenti, tanto per fare un esempio banale.

La delibera del Consiglio Comunale n. 7 del 22/02/2016 citata nell' iscrizione era una semplice presa d' atto di quanto disposto dal celebre "emendamento Russo" sulla "sdemanializzazione".


MA MAI IN CONSIGLIO COMUNALE SI E' DELIBERATO SUL VALORE E SULLE SPESE DERIVANTI DELLA NUOVA PROPRIETA' E MAI SI E' DECISO DI FARSENE CARICO.

Chi accetterebbe un dono o un' eredità costosissima senza conoscerne il valore e i costi? Solo un deficente.
Ed il Comune di Trieste si appresta a comportarsi in questo modo perchè non si ha notizia di atti per sanare questa situazione entro il 31/12, cioè tra pochi giorni.


Solo un deficente accetterebbe in dono, essendo in bolletta, un bene estremamente impegnativo e sostanzialmente invendibile,  senza preoccuparsi dei costi correnti di gestione, manutenzione e fiscali cui non potrebbe far fronte.
Ed il Comune di Trieste ha meno entrate quest' anno, ed altrettanto è prevedibile in futuro vista la tendenza ai tagli che lo obbligano a dolorose riduzioni di spesa.

CHI PAGA LE SPESE CORRENTI ?
E' in grado il Comune di farsi carico di queste nuove spese ?
Con che capitoli di Bilancio ?
Con che coperture?
Non dovrebbe discuterne pubblicamente il Consiglio Comunale ?

Non si stanno forse infrangendo tutte le regole di buona amministrazione del denaro pubblico e di procedura trasparente ?


Questa storia della "sdemanializzazione" si sta rivelando un groviglio pericoloso ed una fonte di costi insostenibili per la comunità. 



CLICCANDO QUI SCARICATE LA DELIBERA 7/2016 DEL CONSIGLIO COMUNALE CITATA NELL' ATTO DEL TAVOLARE ( che a sua volta parla chiaramente di stima degli oneri da mettere a bilancio del Comune, cosa ancora non fatta. Vedi sotto).
Proseguite la lettura con l' articolo del giorno successivo cliccando QUI.

La seconda parte dell' iscizione al Tavolare.

COME SI FA UN RICORSO AL TAVOLARE

lunedì 5 dicembre 2016

MA IN LUSSEMBURGO SE POL... XE JUNCKER...

Mentre qui abbiamo ancora articoli di fondo del Piccolo che farneticano di urbanizzazione del "delizioso affaccio" di Porto Vecchio ed eliminazione di quel Punto Franco, in Lussemburgo invece la pensano diversamente a badano al sodo.
 Juncker illustre presidente della UE e gran bevitore e stato anche il premier del Lussemburgo dove hanno messo la sede fior di imprese internazionali per la fiscalità di favore.

Leggete cliccando QUI o sotto:

'Freeport' Lussemburgo, primo 'porto franco' lusso europeo

Opere, lingotti, vino e auto epoca senza Iva e imposte doganali

LUSSEMBURGO - Buco nero del fisco o nuova calamita per l'arte e il lusso nella Ue: il primo porto franco in cui custodire, vendere e comprare opere d'arte, lingotti, gioielli, vino ed auto d'epoca nel cuore dell'Europa unita ha aperto i battenti a Lussemburgo. Si tratta di un avveniristico, elegante e discusso fortino di 22 mila metri quadri nato nel perimetro dell'aeroporto del Granducato ed in cui batte un cuore italiano. Il disegno è firmato dall'architetto Carmelo Stendardo, una parte importante del design interno è della Flos mentre il restauro delle opere custodite sarà a carico della Nicola Restauri di Aramengo, Asti.

"Il Freeport lussemburghese risponde alle esigenze del mondo dell'arte globalizzato, i collezionisti ed investitori non troveranno un posto migliore per albergare, mostrare e scambiare le loro opere e beni di valore in tutta sicurezza", assicura Yves Bouvier, principale patrocinatore di un progetto fortemente voluto dall'allora governo targato Jean-Claude Juncker, prossimo Presidente della Commissione Ue. Il paradiso del lusso solleva però non poche polemiche: il Lussemburgo nel 2016 dovrà dire addio al segreto bancario e per molti, tra cui alcuni eurodeputati, questo magazzino-museo non è altro che una nuova trovata per attrarre capitali stranieri in cerca di trattamenti di favore. Accusa che ha un perché: nel Freeport non si pagheranno le tasse doganali e nemmeno l'Iva. "La normativa Ue permette di creare zone franche a statuto fiscale particolare", ribatte David Arendt, direttore esecutivo del progetto, "sono un centinaio nei 28 Stati membri, ci sono anche in Italia a Trieste e Venezia. La nostra zona franca prevede una sospensione della tassazione indiretta, ossia dell'IVA e dei diritti doganali", ma non mancheranno i controlli, assicura, "garantiti da un ufficio della dogana lussemburghese" presente nella stessa struttura per assicurare la tracciabilità delle opere e il contrasto al riciclaggio, un piaga nel mondo dell'arte.

Il concetto di porti franchi dell'arte è nato in Svizzera nel dopoguerra ma è stato sostanzialmente migliorato negli ultimi anni a Singapore ed Hong Kong, con la costruzione non di semplici magazzini ma di veri e propri musei del lusso in cui facilitare il commercio di un settore in continua espansione, anche in tempi di crisi. Da oggi il Lussemburgo, dopo aver finanziato progetti simili in Asia, entra direttamente nel business importando nella Ue un modello destinato a imporre il Granducato - primo paese al mondo per Pil pro capite con 104 mila dollari all'anno - nella mappa mondiale dell'arte. A farne le spese saranno soprattutto i paesi vicini: le opere d'arte del Freeport potranno infatti viaggiare alle vicine e famose Fiere d'arte di Maastricht e Colonia o nei musei belgi e francesi, ma se verranno acquistate in trasferta saranno soggette a Iva e diritto doganali, se invece torneranno nei 22 mila metri quadri del Lussemburgo saranno acquistate senza tasse, un bel vantaggio. Non a caso già quasi l'80% degli spazi disponibili sono stati affittati.





REFERENDUM - E' STATO UN VOTO DI PROTESTA SOCIALE ANTI-SISTEMA. SI APRE UNA FASE NUOVA - Articolo dell' Istituto Cattaneo -


 A botta calda avevamo commentato (clicca QUI) il risultato del referendum con delle considerazioni che troviamo confermate dallo studio dell' Istituto Cattaneo, il più autorevole per analisi elettorali e sociologiche.

Mettevamo in guardia dal tentativo di rimettere in piedi il cadavere con un po' di cosmetico ma vediamo che è quello che stanno facendo prima "congelando" le dimissioni del caro estinto e poi proponendo un governo con gli stessi attori graditi alla finanza, tipo Padoan (rigorosamente NON eletto).


Questo non farà che aumentare la rabbia sociale che potrà esondare dalla protesta elettorale per raggiungere le piazze.


Dicevamo che il voto per il referendum è stato usato come una clava per punire l' estabilishment: ne troviamo autorevole conferma QUI  e riproduciamo l' articolo:

Referendum, Marco Valbruzzi (Ist. Cattaneo): "È stato il No degli esclusi, ha un significato sociale prima che politico"

Il No degli esclusi, di chi non si sente rappresentato, il No anti-establishment. Prima che un voto "tecnico" sulla riforma costituzionale o "politico" sul governo Renzi, è stato un voto "sociale". "La rabbia" che cova in alcuni strati della società e che esplode appena si apre uno spazio utile allo sfogo. In questo caso, in modo dirompente vista l'affluenza e l'ampiezza del divario tra Sì e No. A meno di 24 ore dal voto, dati alla mano, si possono fare le prime valutazioni sul risultato del referendum costituzionale. Ma soprattutto sui suoi molteplici significati.
"È il No di chi non si sente rappresentato e che sale sul primo tram che passa ed esplode nella rabbia del voto", afferma Marco Valbruzzi, ricercatore dell'Istituto Cattaneo, all'HuffPost. "Si tratta di un classico voto anti-establishment. In questo caso, che si votasse su una questione tecnica come le modifiche della Carta costituzionale, ha interessato poco. Il presidente del Consiglio ha contribuito a dare al voto significati politici. E gli elettori hanno rincarato la dose traducendolo in una punizione di questa classe politica e sociale". La classe politica che ha governato in questi anni e che non ha saputo ridurre le distanze con gli elettori, tagliandoli fuori.
"Una punizione che è arrivata a compimento", dice Valbruzzi. Perché il premier Matteo Renzi non ha esitato molto prima di presentarsi in conferenza stampa a Palazzo Chigi per rassegnare le sue dimissioni.Tuttavia, a parte i risvolti politici del voto, ce ne sono altri che vanno analizzati, come i comportamenti degli elettori sulla base dell'età e della provenienza geografica, oppure di una nuova forma di "ideologia".
"La forza di mobilitazione del Movimento 5 Stelle si è confermata anche al referendum costituzionale, al Sud in particolare. Il caso di Palermo è emblematico: il 98% dell'elettorato grillino del 2013 è tornato a votare domenica e ha votato No". Un dato che assume una rilevanza maggiore se si considera che a Palermo il Movimento 5 Stelle sta facendo i conti con lo scandalo più recente, quello delle firme false. Le polemiche degli ultimi giorni, sulle quali il premier ha investito molto durante la campagna referendaria, non hanno di fatto condizionato il comportamento dell'elettore grillino. Come si spiega? "In questo caso siamo di fronte a un voto fortemente 'ideologico', un'ideologia a bassa intensità diversamente da quella 'classica' comunista: persone che votano il Movimento 5 Stelle al di là di tutto quello che accade intorno al Movimento 5 Stelle, perché ormai entrate a far parte di quella realtà più o meno virtuale. La riconferma di una scelta d'appartenenza a un mondo, in sintesi".
Ci sono poi quei fattori strettamente legati alla disoccupazione e all'età. "Questo lo vediamo un po' ovunque ma soprattutto al Sud e in aree come la parte meridionale della Sardegna e quella orientale della Sicilia. Qui il disagio è più sentito, in particolare quello giovanile visto che la disoccupazione tra i ragazzi i è schizzata al 45-50%. Mischiata con la capacità di un'offerta politica disponibile in loco come quella dei grillini, ne è nata una miscela esplosiva".
L'aspetto sociale sovrasta tutti gli altri. "Il referendum costituzionale è diventato un referendum sociale, e lo vediamo a Napoli come a Bologna", prosegue Valbruzzi. "Gli elettori che avevano voglia di sfogare la loro rabbia hanno utilizzato il voto per mandare un messaggio di disagio sociale. Il mix gioventù-disoccupazione ha dato una forte spinta per la vittoria del No. Nel Nord il dato anagrafico è meno eclatante e più equilibrato".
Per quanto riguarda invece gli elettori over 55, nelle regioni centrosettentrionali, in particolare nella fascia appenninica, Toscana, Emilia e in parte Umbria tendono a dare un sostegno al Sì. "Lì è dove c'è l'elettorato tradizionale del principale partito di sinistra e resiste ancora uno zoccolo duro che segue le indicazioni della segreteria". Ma, ed è un altro dato allarmante con cui Renzi e il Pd dovranno fare i conti, "si sta riducendo. Il motivo è il fenomeno di socializzazione politica avvenuta nelle passate generazioni e che tende a riprodursi: un voto per abitudine legato a quel mondo di sinistra, anche se non esiste più. Anche per questo sta andando erodendosi nel corso del tempo: la zona rossa si è ristretta parecchio in questo referendum: lo vediamo nell'entroterra toscano. E lo vediamo anche in Emilia Romagna: nelle città più vicine alla Lombardia ha finito per prevalere il No, vedi Piacenza, Parma e Ferrara. E' l'inizio di una fase di erosione".
Analisi politica. L'Istituto Cattaneo ha pubblicato diverse analisi sul voto referendario. E, guardando i flussi elettorali, emerge un dato su tutti: la strategia del premier Matteo Renzi ha fallito su tutti i fronti, sia su quello interno alla sinistra, sia su quello esterno, ovvero nella ricerca di consensi tra gli elettori del Movimento 5 Stelle e di Forza Italia. Molti elettori del Partito democratico alle politiche del 2013 hanno votato contro la riforma costituzionale, è la conclusione di un primo studio del Cattaneo di Bologna. Nel Pd c'è una "componente minoritaria ma significativa di elettori dissenzienti rispetto alla linea ufficiale della segreteria", che va da un minimo del 20,3% di Firenze (su 100 elettori del 2013 hanno votato no 20,3) e del 22,8% di Bologna, al 33% di Torino, fino a punte del 41,6% di Napoli e di 45,9% di Cagliari. Quasi nessuno degli elettori del Pd nel 2013 si è rifugiato nell'astensione.
Quanto al Movimento 5 Stelle, abbiamo già analizzato il comportamento in linea degli elettori con le indicazioni dei vertici (in sei città su dieci le percentuali sono superiori al 90% di voti per il No). Forza Italia perde invece una quota abbastanza significativa verso l'astensione. E solo in parte la riforma ha convinto gli elettori che hanno votato per Silvio Berlusconi nel 2013, inducendo a votare Sì solo una piccola quota ma comunque significativa. Se l'obiettivo di Renzi era sottrarre voti a Fi e M5S, non ci è riuscito: dove è stato conquistato un po' di consenso, rileva sempre il Cattaneo, (vedi nord-ovest e zona rossa), è stato insufficiente per colmare il gap di partenza. In zone come il Nord-est, Sud e isole si registra una vera debacle, con il fronte del No rivelatosi capace non solo di conservare i suoi voti di partenza ma anche di attrarne di altri, aggiuntivi.

LA PROSSIMA:


RENZI ASFALTATO DA UNA RIVOLTA ELETTORALE CONTRO L' ESTABILISHMENT E LE POLITICHE ECONOMICHE ANTIPOPOLARI - STIANO ATTENTI TUTTI I POLITICANTI: LA GENTE E' STUFA-


Trionfo del NO nelle località ad alta densità operaia come si rileva anche vicino a noi : Monfalcone, città dei cantieri, a quota 70,15%, Ronchi  73,86%.
Affluenza elevatissima che non si vedeva da lustri.

E questo malgrado la paura seminata dal Governo a piene mani di sfracelli economici se non vinceva il SI: neanche i famosi "mercati", che sono solo un Casinò gestito dai grandi gruppi finanziari, si sono scomposti per la valanga di NO: esattamente come era successo con la Brexit e Trump.

E' un' autentica rivolta che ha, per il momento, preso la strada elettorale utilizzando il referendum come una clava contro TUTTO l' estabilishment, italiano e della UE, le èlite e le politiche economiche che stanno scaricando sulla schiena di lavoratori e ceti medi tutto il peso della crisi finanziaria.

E' un trend internazionale come dimostrano la Brexit e Trump.
In Austria è passato il candidato Van Der Bellen solo perchè era un candidato anomalo, ex-ribelle antisistema, di un partito minore ed ecologista, i Verdi, mentre i candidati dei partiti di governo non sono nemmeno arrivati al ballottaggio. Hofer, contrariamente alle nostre previsioni, non si è affermato probabilmente perchè ha avuto successo la campagna di demonizzazione che lo dipingeva come "ultradestra" mentre è radicato in Austria un sentimento socialdemocratico con radici asburgiche.

Le modifiche alla Costituzione finora effettuate in Italia su spinta della UE e del mondo finanziario non hanno portato bene: si pensi all' inserimento del "pareggio di bilancio" in Costituzione nel 2012  che ha esacerbato l' "Austerity".


Ma questo risultato elettorale  va ben oltre la Costituzione e Renzi: è il segnale che si è passato il segno nell' attacco al lavoro e nell' impoverimento dei ceti medi.

Stiano ben attenti i politicanti che hanno ormai perso il contatto con la realtà: stavolta non basteranno interventi cosmetici, governi "tecnici" alla Padoan / Monti e sotterfugi vari: è un cambio netto di fase politica dopo 8 anni di crisi dura scaricata, con la collaborazione delle "sinistre di governo" stile PD, sulle spalle dei più deboli che non ne possono più.


Per quanto riguarda Trieste ha il record dei NO con il 63,37% ed un affluenza alle urne alta e in linea coi dati nazionali.
E' la dimostrazione che la nostra indicazione di votare NO interpretava correttamente i sentimenti popolari mentre le indicazioni iperideologiche e ipergiuridiche di astensione (per non riconoscere il governo amministratore ecc. ecc.) condannano all' irrilevanza chi le fa, come tutti gli estremismi astratti: l' astensionismo è stato pesantemente sconfitto dal forte aumento dell' affluenza al voto anche a Trieste.




Chissà se ride ancora...


domenica 4 dicembre 2016

RENZI KAPUTT , LA SERRACCHIANI PURE... E' UNA RIVOLTA...


"POPULISMO è l’etichetta che le élite mettono alle politiche che a loro non piacciono ma che hanno il sostegno dei cittadini»Francis Fukuyama, politologo

 «Il popolo si è giocato la fiducia del governo; non sarebbe più semplice se il governo sciogliesse il popolo e ne eleggesse un altro?» Bertolt Brecht

I cittadini si sono stufati delle "Post-Verità" (annunci, frottole, promesse, stravolgimenti della realtà) di governi, politicanti e media.

Il vento ha girato e butta a bufera.



PUNTI FRANCHI E IDEE CONFUSE: GLI ARTICOLI DI "SCENARI STRATEGICI" DEL PICCOLO

Gli articoli del Piccolo dedicati agli scenari economici per Trieste sono indicativi degli orientamenti degli ambienti che li ispirano, e perciò degni di nota.

Oggi è stato pubblicato un articolo del solito Morelli sui Punti Franchi che da oggetto di dileggio sono assurti finalmente ad argomento di dibattito.
L' articolo denota uno stato notevole di confusione mentale nel Piccolo che esprime, tramite lo stesso autore, DUE TESI OPPOSTE a 4 mesi di distanza l' una dall' altra e che così schematizziamo :

TESI 1)
NESSUN PUNTO FRANCO IN PORTO VECCHIO MA URBANIZZAZIONE DEL "DELIZIOSO AFFACCIO"... oggi 4/12/16 ( articolo sottoriportato)


TESI 2)
PUNTO FRANCO CON "NO TAX AREA IN PORTO VECCHIO" articolo del 10/7/16 sottoriportato.

Oggi Il Piccolo / Morelli riprende la tesi della separazione netta fra area da urbanizzare (Porto Vecchio) e aree periferiche e industriali in cui sfruttare i riscoperti, grazie al movimento indipendentista e ai lavoratori portuali, vantaggi  dei Punti Franchi.

Dimentica però che attualmente il Punto Franco c'è ancora in Porto Vecchio: sia
all' Adriatermial, per operazioni portuali e di stoccaggio merci ed apparecchiature, sia in tutta la fascia costiera: pronto per essere riesteso a tutta l' area come ha dichiarato il Presidente D'Agostino proprio sul Piccolo (clicca QUI).

Dal momento che è estremamente improbabile trovare investitori privati per un operazione di urbanizzazione tutta campata in aria e con costi proibitivi, è facile che alla fine dovrà realizzarsi un riutilizzo produttivo malgrado la penosissima Classe Politica e Dirigente Locale, magari cominciando da un Centro Finanziario Off-Shore come quello previsto dalla legge 19/91 
e sabotato anche da forze locali oltre che dalla UE, oppure con altre iniziative come da slide in fondo.

Gli "urbanizzatori" non hanno nè un progetto serio e credibile e nemmeno finaziatori: solo sogni e ciacole a due anni dalla mitica "sdemanializzazione".


Visto che non c'è la volontà politica saranno i fatti a portare verso un riutilizzo PRODUTTIVO di Porto Vecchio: il problema è che con le masturbazioni mentali e gli annunci (come quello penoso sul Mercato del Pesce) che proseguono da due anni sulla "sdemanializzazione" si sta perdendo inutilmente tempo.
Anzi paralizzando tutto ancor di più come la vicenda della mancata infrastrutturazione primaria dell' area di Greensisam dimostra: ed è la parte più pregiata dell' area che è bloccata "sine die" da contenziosi legali.


Viceversa lo stesso Morelli sul Piccolo del 10 luglio aveva dato segnali di rinsavimento parlando di Free Zone in Porto Vecchio dove gli investimenti sarebbero arrivati in cambio di fiscalità di vantaggio e di regime di extraterritorialità doganale.


Ma probabilmente è stato solo uno sprazzo di lucidità all' interno del marasma mentale indotto dal "pensiero unico" degli ambienti cui il giornale fa riferimento.


Si metta / mettano il cuore in pace: un' urbanizzazione a sfondo turistico di Porto Vecchio è non solo dannosa, ma impossibile economicamente.


Si smetta di perdere tempo e di lasciare al degrado quell' area e si punti decisamente verso un utilizzo produttivo con fiscalità di vantaggio.


L' unico ente in grado di percorrere questa strada pare essere l' Autorità Portuale (ovvero il Direttore del Porto Franco Internazionale di Trieste secondo l' Allegato VIII): gli altri girano con l' aquilone e si fanno spillare quattrini dagli "advisor" per studi che sono solo minestra riscaldata.


Art.1 detto del "delizioso affaccio"
SBLOCCO DEI PUNTI FRANCHI: TRIESTE VICINA ALLA SVOLTA
di ROBERTO MORELLI  4/12/16 il Piccolo
Sembra incredibile, ma dopo 70 anni di attesa i punti franchi della città stanno per avere il regolamento che consentirà loro di funzionare: il testo è pronto ed è stato spedito dal governo all’Autorità portuale. Almeno tre generazioni politiche li hanno discussi, mitizzati o demonizzati. Ne hanno fatto il primo campo di battaglia, nonché un’icona - mal riposta - del conflitto tra il mantenimento del vecchio scalo a funzioni portuali e il suo recupero alla città. Eppure tutto questo non poteva realmente verificarsi: i punti franchi sono rimasti privi di disciplina (se non quella, generale e insufficiente, del Trattato di Pace (il cui Allegato VIII non è stato applicato ndr)), e sono stati attuati solo parzialmente e con una congerie di lacci e tortuosità burocratiche che li hanno depotenziati se non vanificati ( ed è per questo che non hanno prodotto insediamenti, non per la loro inefficacia come dicevano i Soloni locali, amplificati dal Piccolo per anni ndr). Ci provò più di vent’anni fa il ministro Burlando a emanare un regolamento, poi insabbiato per ragioni mai del tutto chiarite. Ora ci sta riuscendo il ministro Del Rio, con il supporto della Regione e la spinta del nuovo presidente portuale Zeno D’Agostino, che ha compreso il punto chiave: il recupero del Porto vecchio e la valorizzazione dei punti franchi non sono in contrapposizione, ma possono e devono realizzarsi entrambi, ovviamente in aree diverse. Un paio d’anni fa proponemmo con Il Piccolo un accordo istituzionale tra i partiti trasversali della difesa portuale e rispettivamente del recupero urbano del vecchio scalo. Auspicammo che il primo accettasse che l’area non era più porto, né avrebbe mai più potuto esserlo, e che il secondo comprendesse l’utilità di uno spazio extraterritoriale con benefici doganali, trasferendolo altrove e favorendone il funzionamento. L’accordo non ci fu, ma per fortuna le cose sono andate ugualmente così: prima con il famoso “blitz” notturno in Finanziaria del senatore Francesco Russo che sdemanializzò l’area; poi con la felice indicazione da parte del sindaco Roberto Cosolini di un manager portuale come D’Agostino; infine con la conferma e il mantenimento della svolta da parte del sindaco Roberto Dipiazza, che tale svolta aveva già favorito 5 anni prima rompendo il fronte del centrodestra. Caso raro ma meritorio di continuità fra amministrazioni di colore diverso. Oggi questo percorso viene a compimento. I punti franchi non sono più dove erano diventati inservibili (in Porto vecchio)(Invece ci sono ancora all' Adriaterminal e sulla fascia costiera ndr) , bensì dove possono funzionare: all’Interporto di Fernetti, alla stazione di Prosecco (dove c'era già ndr)e in zona industriale ( dove c' era già col nome Porto Franco Industriale), in prossimità dei terminali e dove le merci potranno essere anche lavorate e non solo commerciate ( come avveniva in passato ad esempio con la Lucky Shoe ndr). Beneficio, quest’ultimo, che dal lontano 1947 ( veramente è stato trascurato dal 1954. ndr,)non ha neppure cominciato a generare le ricadute possibili, per l’assenza sia del regolamento ora imminente, sia di un marketing del territorio oggi indispensabile. Con la nuova disciplina D’Agostino sarà a tutti gli effetti il dominus della situazione: dirigerà e gestirà le aree, “venderà” e autorizzerà le attività commerciali e industriali, costruirà e smantellerà edifici, disciplinerà i trasporti, darà assistenza agli investitori. E soprattutto andrà a cercarseli, ciò che con dinamismo contagioso ha già cominciato a fare, senza attendere il placet delle carte bollate (Molto bravo ed è per questo che è l' unico degno di rispetto. ndr). Da domani sarà il “sindaco” delle zone franche. Non ci attendiamo che il regolamento sia una panacea, anche perché istituti simili (l’importazione temporanea) esistono già. Bastasse un decreto a generare sviluppo economico, l’Italia sarebbe il Paese più avanzato al mondo, e Trieste con essa. Tuttavia il funzionamento dei punti franchi, che hanno vantaggi doganali e valutari altrove inesistenti, potrà essere un tassello fondamentale di un puzzle composito: quello di una città nel cuore dell’Europa e in capo al Mediterraneo che offre la possibilità di commerciare e produrre merci “estero per estero”; che si apre al recupero urbano di 60 ettari in quel che era un porto e sarà un delizioso affaccio sull’Adriatico; che propone un Parco scientifico e un ateneo di ottimo livello al servizio di un’area industriale che si reinventa. Quando i grandi investitori esteri - soprattutto asiatici - cercano spazi, cercano questo: aree, vantaggi, competenze. Noi li abbiamo, e ora da noi dipende il cominciare a farli fruttare. 

Art. 2 detto detto della "no tax area come specchietto per le allodole" clicca QUI 
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Tutti uniti con un unico obiettivo: la “free zone” in Porto vecchio
di ROBERTO MORELLI il Piccolo 10/7/16
l momento è propizio: Trieste avrebbe tutte le carte in regola per farcela. Serracchiani ha già scritto al governo, ora serve un colpo d’ala

E se Brexit si rivelasse un’insospettabile opportunità per Trieste? Se fosse proprio il capoluogo giuliano ad avvantaggiarsi dalla fatale fuga da Londra dei gruppi internazionali che non possono permettersi di ritrovarsi sull’uscio d’Europa, con vincoli doganali, fiscali e normativi alla libera circolazione dei servizi? L’opportunità è tutt’altro che campata in aria. I settori sono ben identificati: le aziende dei servizi con raggio d’azione internazionale, dalla telefonia alle compagnie aeree all’economia digitale (Vodafone, Easyjet, persino le sedi europee di Google e Facebook). Gli spazi sono su un piatto d’argento: il Porto vecchio e le aree di destinazione dei punti franchi. La legittimazione di Trieste, per collocazione geografica e primazia di vocazione, è indiscutibile. Lo strumento giuridico ha un nome e una procedura: Zes, cioè Zona Economica Speciale. Se vogliamo perseguire un’autentica svolta per il futuro della città, è un obiettivo da porci fin d’ora e con una coesione senza riserve. La presidente della Regione Debora Serracchiani è stata tempestiva e lungimirante nello scrivere a Matteo Renzi - al quale non ha certo bisogno di scrivere - per promuovere Trieste come area defiscalizzata in grado di attrarre capitali internazionali. È il momento giusto per farlo. E il passo giusto per concretizzarlo è l’istituzione di una Zes, che molti perseguono in Italia ma nessuno ha ancora ottenuto, né in verità proposto nelle forme dovute. Al mondo esistono circa 2.700 free zone. Sono aree fiscalmente esenti o agevolate, normalmente con canoni, costi energetici e di utenze ridotti e importanti sgravi contributivi. Servono ad attrarre investimenti dall’estero. La gran parte di esse è in Cina, ma - contrariamente a quanto si creda - sono consentite anche dalla Ue, che ne ospita 70 in ben 20 Paesi, tra i quali la Francia, la Germania, la Spagna e la stessa Gran Bretagna (nonché la Slovenia a Capodistria e Maribor). Fra le poche a non averne è l’Italia, benché molte aspirazioni si siano levate: Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Marghera. Ora è partita come un razzo la proposta più seria di tutte: quella del neo-sindaco di Milano Beppe Sala per costituire una Zes nell’area dell’Expo. A questa dobbiamo agganciarci con altrettanta serietà. Per farlo è necessaria una legge: il governo ha già fatto sapere che è allo studio, ventilando - oltre a Milano - l’area dismessa di Bagnoli. La norma statale dovrà disciplinare le regole generali e le attività ammesse, demandando poi alla Regione l’attuazione con la scelta delle aree interessate. Per la gestione, è previsto che la stessa Regione costituisca una società pubblica con possibile partecipazione dei privati. L’autorizzazione della Ue, che vieta la “concorrenza sleale” fiscale, non è scontata: viene concessa per aree periferiche o svantaggiate, o per situazioni specifiche in potenziali zone strategiche. Che è proprio la nostra condizione. Vi sono infatti cinque ragioni fondamentali per sostenere una free zone a Trieste: la sua collocazione geografica al centro della “macroregione alpina” che comprende sette Paesi europei; l’essere una zona riconosciuta di crisi industriale sistemica al confine di una Zes esistente (Capodistria appunto); il regime del punto franco, finalmente in procinto d’essere regolato, che rappresenta un caso unico in Europa; l’area del Porto vecchio di cui è stato finalmente avviato il recupero, e che potrebbe prestarsi a una parte dei potenziali insediamenti; il precedente della legge sulle aree di confine del 1991, che creava un centro off-shore extravalutario, poi abortito con la nascita della moneta unica, e di cui ora la Zes costituirebbe una versione riveduta e corretta. Sotto il profilo politico, non siamo mai stati così ben rappresentati su tutti i fronti: la presidente della Regione Serracchiani è il numero due del partito di governo; Ettore Rosato è il capogruppo alla Camera dello stesso Pd, come Massimiliano Fedriga lo è della Lega; il rieletto sindaco Dipiazza è diventato un’icona della riunificazione del centrodestra. La free zone sarebbe gradita persino agli indipendentisti e ai 229 protagonisti dello sciopero fiscale. Roba da non credere. Gli appelli alla coesione per un obiettivo comune suonano sempre ridicoli e naif nel nostro panorama politico. Ma mai come ora c’è bisogno di un colpo d’ala della classe dirigente triestina e regionale, se per una volta vuol dirsi tale.