RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

mercoledì 8 marzo 2017

- IL GRANDE GIORNALISMO D' INCHIESTA ARRIVA A TRIESTE CON "LE INCHIESTE DEL PICCOLO": LA PRIMA E' SULLA "GANG DEI GAVETTONI" CHE TERRORIZZA LA CITTA - La prossima sull' INQUIETANTE MIRAGGIO FEMMINILE CON OCCHIO DI VETRO E GAMBA DI FAGGIO CHE SI AGGIRA NOTTETEMPO NEL BAR DELLA STAZIONE - Poi toccherà ai "LADRI DI MERENDINE ALLA ELEMENTARE TARABOCCHIA" e "CHI HA NASCOSTO IL REGGIPETTO DI SIORA PINA AL PEDOCIN" -


Finalmente anche a Trieste arriva il grande giornalismo d' inchiesta del Gruppo Espresso.

Chi avesse letto il Piccolo di martedì 7 avrebbe trovato un doppio paginone, con titolone in prima pagina, con il marchio "Le inchieste del Piccolo", con tanto di lente alla Sherlock Holmes, sull' angosciante tema della Gang dei Gavettoni che sta "seminando il panico a Trieste".


Ci volevano un grande gruppo editoriale ed un prestigioso Direttore arrivato da Salerno per avere un tale salto di qualità giornalistica ed approfondimento investigativo su temi scottanti che tanto angosciano la nostra città.

Certo, per fortuna sono passati i tempi delle inchieste sugli attentati all' Oleodotto SIOT o sulle bombe alle scuole slovene ed anche della caccia ai criminali della Risiera ma siamo sicuri che Trieste non sia più un crocevia di traffici criminali o questioni serie su cui indagare?

Si annunciano altre clamorose "Inchieste del Piccolo" ad esempio sul mistero delle apparizioni nottetempo 
nel bar della Stazione Centrale di un "miraggio" femminile barcollante con occhio di vetro e gamba di faggio: interviste al sensitivo Tojo Bevandela che sostiene trattarsi dell' apparizione del fantasma di tale "Teresuta" e al barbone Ucio Carton che sostiene invece si tratti di sua zia Mariza.

Poi sarà la volta dell' appassionante caso dei "ladri di merendine" che secondo la denuncia di alcune mamme agirebbero nella elementare Tarabocchia, con la decisiva testimonianza della bidella raccolta da un intrepido giornalista infiltratosi travestito da scolaretto.

E del reportage / inchiesta sul mitico "abominevole uomo di Piscianzi" che si dice ami terrorizzare le vecchiette urlando "Buuu !" alle loro spalle.

Ma non è finita qui: fonti informate ci hanno anticipato che l' appassionante caso con risvolti morbosi del reggipetto di Siora Pina, nascosto mentre la vittima prendeva il sole al Pedocin, sta per essere risolto dagli abili giornalisti d' inchiesta del Piccolo con tanto di interviste a Jole Marantega  e Rosalia Scarafone, la principale indiziata secondo la vox populi, e con un incredibile colpo di scena finale.

E forse si risolverà anche un altro clamoroso caso, con inquietanti risvolti politici su cui è già stata indetta una riunione straordinaria del Consiglio Comunale: di chi è la cacca di cane che costantemente deturpa l' incantevole passeggiata in Porto Vecchio? Di Bobi dello "sciavo" titino Mirko Drek come sostiene il Centro Destra o di Ted di un noto politico narciso come sostiene il Centro Sinistra ? Per l' inchiesta il quotidiano locale si è avvalso della consulenza di Ernst & Young.

Per saperlo non resta che seguire le grandi "Inchieste del Piccolo": grande giornalismo per un grande giornale ingiustamente chiamato "Piccolo".



Il doppio paginone con la coraggiosa inchiesta sulla banda che semina il panico tra i triestini e fa impennare la vendita di ansiolitici a Trieste





IL PREZZO DELL' IMMIGRAZIONE LO PAGANO I NOSTRI POVERI - UN INTERVENTO DI ALDO CAZZULLO SUL CORRIERE DELLA SERA


Sul Corriere della Sera il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo tiene la rubrica di corrispondenza coi lettori (clicca QUI). Oggi tratta il problema dell' immigrazione incontrollata dal punto di vista dei ceti più deboli: sarebbe bene che se ne parli per evitare che la situazione degeneri ulteriormente:
Caro Aldo
le scrivo, per la prima volta, per esprimere un’opinione contraria alla sua. La scivolata «salviniana» della conclusione del suo intervento critico verso Starbucks, dove si chiede quanti dei 350 posti di lavoro annunciati andranno a giovani italiani e quanti a giovani immigrati, non è da lei. 
Riccardo Alemanni Cinisello Balsamo
Caro Riccardo
A me pare che molti non abbiano compreso un punto fondamentale: il prezzo dell’immigrazione lo stanno pagando le classi popolari. A Brera, ai Parioli, alla Crocetta, il problema dell’immigrazione è se la filippina o l’ecuadoriana (ecuadoregna è un termine che ci siamo inventati noi, a Quito e a Guayaquil nessuno si definisce così) è ammalata e non può venire a fare le pulizie. A Quarto Oggiaro, a Tor Bella Monaca, alle Vallette il problema dell’immigrazione è la casa popolare, il posto all’asilo nido, il letto in ospedale, la coda al pronto soccorso, e ormai anche il lavoro. Perché è evidente che l’arrivo incontrollato di centinaia di migliaia di giovani disposti a lavorare molto per poco salario e magari in nero (certo non nel caso di Starbucks) rappresenta un caso di dumping sociale. Fa la fortuna di imprenditori senza scrupoli, ma manda fuori mercato intere categorie di lavoratori italiani: ieri le badanti o le colf; oggi molti lavoratori manuali; domani gli altri. 
Il mantra che ci viene ripetuto è: l’immigrazione è una risorsa. E non c’è dubbio che molti immigrati siano ottimi operai, contribuenti fedeli, e anche imprenditori coraggiosi. Ma nessun Paese al mondo può reggere un flusso intenso come quello che riceve oggi l’Italia, senza che si producano reazioni di intolleranza e razzismo. Che vanno condannate: sempre e comunque. Nulla le può giustificare. Eppure bisogna cercare di capire. Questo lo scrivo da sempre, non da ora. 
Da Salvini mi divide tutto, tranne «la personale cortesia» direbbe qualcuno (le assicuro che Salvini, quando smette la maschera che indossa per andare in tv, è una persona cortese). Ma chi è il vero salviniano? Chi chiede un’immigrazione governata, con ingressi regolamentati in base alle esigenze del mercato del lavoro, con diritti e doveri per i nuovi italiani, compresi i ricongiungimenti familiari e la cittadinanza legata al compimento della scuola dell’obbligo, senza attendere la maggiore età? O le anime belle rimaste ferme alla concezione irenica dell’immigrazione, ignare che quello che per i privilegiati è un affare per i poveri può diventare un problema?

COME PUO' UN PORTO FRANCO INTERNAZIONALE MODERNO VIVERE NEL CAOS AMMINISTRATIVO E POLITICO ITALIANO? - "SE 23 ANNI VI SEMBRAN POCHI...PER I DECRETI ATTUATIVI DEI PUNTI FRANCHI" - E LA ZONA INDUSTRIALE ABBANDONATA?


Il 2 dicembre scorso è stato annunciato trionfalmente -QUI- l' INIZIO dell' iter approvativo per i decreti attuativi dei Punti Franchi del porto Franco Internazionale di Trieste previsti dalla legge 84 del 1994.
Sono passati oltre tre mesi, abbiamo raggiunto i 23 anni dalla legge che li prevedeva e non se ne ha più notizia o, meglio, si sa che che dovrebbero preventivamente essere approvati dalla Conferenza Stato-Regioni dove ognuno tirerà fuori i cavilli e intanto il tempo passa.


I succitati decreti sono indispensabili per fornire un quadro giuridico e operativo CERTO riguardo i Punti Franchi che ora, giustamente, si vogliono utilizzare per favorire insediamenti industriali e per dotare il Presidente dell' Autorità Portuale dei necessari poteri autorizzativi e di regolazione che spettano al Direttore del Porto come da Allegato VIII.

Però le procedure italiane sono tali da imbalsamare tutto compreso l' Italia stessa che si sta autoimbalsamando e sepellendo da sola -QUI-


Per utilizzare i Punti Franchi per finalità retroportuali e industriali però non bastano i decreti, ci vogliono anche gli spazi:


1) Porto Vecchio è un sito enorme NON inquinato e tuttora con il Punto Franco estendibile ma bloccato da un vincolo architettonico demenziale e dall' intenzione di trasformarlo in un misterioso ed esoterico "attrattore culturale transfrontaliero" cioè in musei e idee balzane senza alcun rapporto con la realtà ed il mercato.
A oltre due anni dalla "sdemanializzazione" continuano a lambiccarsi il cervello su cosa farci, non si è mosso un solo chiodo e non c'è nemmeno l' ombra di un investitore privato.
In più adesso è di proprietà del Comune che se ne accolla le ingenti spese senza ricavarci niente di concreto.


2) La Zona Industriale è SIN (sito inquinato di interesse nazionale) da 17 anni e finora non è stato speso un solo centesimo degli stanziamenti per le bonifiche (10 miliardi ancora in lire) e nemmeno è stato iniziato l' iter buroscratico relativo.
In cambio è stato fallire l' EZIT, ente pubblico non commerciale  istituito dal Governo Militare Alleato, con la richiesta kafkiana di 10 milioni di tasse. Lo Stato che manda in fallimento un Ente Pubblico  con le tasse....!

La Regione FVG ha posto in liquidazione l' EZIT un anno e mezzo fa -QUI- avocando a se la gestione della Zona Industriale. Risultato: l' ex-Olcese che doveva diventare un Distretto Industriale Hi-Tech diventerà invece un Centro Commerciale, visto che il Liquidatore non ha soldi e tempo, con industria dell' Area di Ricerca come la TBS che dovranno rivolgersi altrove -QUI -

Questo in una Regione dove le superfici dei Centri Commerciali sono proporzionali a 6 milioni di abitanti contro il milione e 223 mila (1.223.000) effettivamente residente e con una moria generalizzata dei piccoli negozi come rileva oggi la stampa - QUI -.
E' noto che un nuovo posto di lavoro nella Grande Distribuzione comporta la distruzione di 6 posti nel piccolo commercio ed un abbassamento della qualità sia del commercio che della vivibilità della città.


Per estendere i Punti Franchi e utilizzarli per creare lavoro vero e di qualità  sono necessarie aree controllate da diversi comuni con iter autorizzativi e burocratici allucinanti come solo il sistema italiano può immaginare, mentre le stesse riforme amministrative concepite dalla Regione come le UTI stanno fallendo per la loro assurdità - QUI -

La Regione Friuli-Venezia Giulia (con trattino) sta implodendo per il conflitto endemico fra componente maggioritaria Friulana e minoritaria Triestina: si pensi che è stato fatto l' assurdo Porto Nogaro impantanato nella laguna per assicurare lo "sbocco al mare" del Friuli....

Come può un Porto Franco Internazionale svilupparsi ed arricchire il territorio rispondendo alle sfide di un mondo in velocissima trasformazione restando inserito nella palude dello stato e della burocrazia italiane guidate da una delle classi politiche più screditate e incapaci al mondo?
Certo, si dirà con qualche ragione, non è che Trieste stia esprimendo una classe politica e dirigente migliore, anzi. Basta vedere il Comune e le dichiarazioni di certi industriali sull' inutilità dei Punti Franchi...

Se andiamo a vedere quali sono le situazioni amministrative dei territori intorno ai porti del Nord Europa notiamo che continua ad essere presente il modello della Città Anseatica: ad esempio Amburgo è una "Citta Stato" federata alla Germania con poteri statuali autonomi, un parlamento proprio e perfino una fiscalità locale.
Ed è logico che sia cosi perchè una città portuale, per sua natura internazionale, deve essere in grado di regire rapidamente agli stimoli esterni senza lasciarsi impantanare nelle sabbie mobili burocratiche centralistiche.
Se questo vale per la Germania figurarsi per l' Italia che assomiglia ogni giorno di più ad una caotica Disneyland.


In questo quadro desta interesse la proposta, emersa a latere della visita istituzionale in Cina, di una Agenzia Indipendente Europea che controlli i porti di Trieste e Capodistria unificati in un grande terminal europeo sul Mediterraneo - QUI -

Il Porto di Capodistria fa 22.879 treni all' anno, mentre quello di Trieste ne fa 7.631 -QUI- ... Trieste ha i Punti Franchi che Capodistria non ha, ma si comporta come se li avesse snellendo tutte le pratiche doganali e aumentando l' efficienza burocratica che le dogane italiane non si sognano nemmeno...
Le condizioni per un Grande Terminal Mediterraneo ci sono.

Resterebbe il problema di come fermare il valore dei traffici sul territorio con insediamenti produttivi e industriali, cioè il problema del governo del territorio circostante ma potrebbero essere pensati strumenti europei transnazionali a tal fine.


Insomma, l' idea di un "vincolo esterno europeo" che salvi Trieste dal caos italiano è stimolante e va discussa, come andrebbe discussa la situazione desolante della Zona Industriale dopo la liquidazione dell' Ezit e l' avocazione dell' area da parte della Regione: ma sulla scandalosa scelta di trasformare l' ex-Olcese nell' ennesimo Centro Commerciale non si è levata una sola voce della becera "classe dirigente" locale, sindacati compresi.


Mappa del convegno "Perchè l' Italia conta poco" al festival di Limes- Cliccando QUI il video che dal minuto 30 circa parla anche della Nuova Via della Seta e del Porto di Trieste.

Abbiamo evidenziato col cerchio arancione la nostra area con "Rischi frattura eurozona" come da legenda ( confine giallo e freccia doppia rossa)



martedì 7 marzo 2017

EUROPA A DUE VELOCITA', GERMANIA, PORTO DI TRIESTE E CRISI ITALIANA.


Tutti i giornali oggi parlano dell' EUROPA A DUE VELOCITA' sancita dal vertice di Versailles di Germania, Francia, Spagna e Italia (QUI).
Alcuni si spingono ad esultare acclamando "l' Italia nel gruppo di testa": sicuri?


Nel vertice di ieri c' erano i principali rappresentanti delle due grandi categorie di stati europei: i CREDITORI (Germania ed europa del nord) ed i DEBITORI (Italia, Spagna e perferia sud). Con la Francia che si barcamena nell' Asse Franco-Tedesco in attesa del responso delle prossime elezioni che possono vedere la vittoria dei partiti anti-UE.

Sul serio si pensa che l' Italia con la tragica situazione debitoria ed economica, nonchè instabilità politica e sociale, vada a far parte del gruppo "ad alta velocità" visto che è stabilmente il fanalino di coda per tutti i parametri economici, demografici, sociali e politici?
Sul serio si pensa che nel "gruppo di testa" possano restarci insieme sia i creditori del Nord che i debitori del Sud?
Con il mondo tedesco che usa la medesima parola "SCHULD" per "debito" e "colpa" ?


In realtà le aspettative europee, e tedesche, sull' Italia riguardano l' alta velocità con cui sta andando a schiantarsi contro gli scogli del debito pubblico e privato insostenibile, della crisi bancaria, della ripresa economica inesistente con grave disoccupazione soprattutto giovanile, della incapacità della classe politica autoreferenziale e inconcludente. 


E in europa corrono ai ripari ponendo le necessarie distanze: dietro una facciata di unanimismo ci sarà l' obbligo di manovre economiche, con aumenti dell' IVA (QUI), "lacrime e sangue" e ulteriormente depressive...altro che "gruppo di testa"...

La Germania va intando consolidando la sua area di influenza non solo in ambito europeo ma anche con proiezione ad est e nei balcani: si guardi la cartina sopra.

Per questo iniziative di penetrazione diretta, ad esempio cinesi, nella "sfera di influenza tedesca" sono rintuzzate: i rapporti economici devono crescere ma sotto il controllo di Berlino...


Non sono sfuggite le dichiarazioni dell'influente ambasciatore tedesco a Pechino, Michael Clauss, che poco diplomaticamente ha ammesso nei giorni scorsi che Berlino vede l'espansione cinese nell'Europa orientale, ferrovia inclusa, come «incompatibile con
l'impegno a creare una Ue forte e unita».
Per questo la UE, a guida tedesca, sta ponendo ostacoli alla realizzazione del tratto ungherese della ferrovia costruita dai Cinesi che dovrebbe collegare Budapest al porto greco del Pireo ormai acquisito dalla COSCO, azienda di stato di Pechino (clicca QUI).



Inoltre si è appena saputo dell' impegno della Germania nella infrastrutturazione dei Balcani
occidentali: "Balcani occidentali non solo una scommessa politica per l’Europa. Anche un concreto scenario geopolitico dove disegnare nuove strutture di comunicazione e nuovi corridoi energetici. La prima ad accorgersi di queste possibilità è stata la Germania che con la cancelliera Angela Merkel già qualche anno fa disegnava un unico corridoio viario e ferroviario da Monaco di Baviera fino ad Atene passando attraverso la ex Jugoslavia. " si scrive nell' articolo riportato a lato.


E veniamo a Trieste dove, non casualmente, il prossimo 12 luglio si svolgerà il summit sui Balcani occidentali, previsto nell’ambito del cosiddetto “Processo di Berlino”.
Siamo infatti esattamente sulla "linea di faglia" tra Mitteleuropa a guida tedesca, periferia Sud e Balcani: la mappa sopra è chiarissima.


Ma c'è di più: nell' ambito dei colloqui avvenuti nella recente visita istituzionale in Cina si è parlato di unificazione dei porti di Trieste e Capodistria sotto la gestione di una speciale Agenzia Europea Autonoma (clicca QUI).

Non sfugge a nessuno che una Agenzia Autonoma di una UE a guida tedesca equivalga ad un controllo di Berlino su quello che può diventare il più grande terminale europeo nel Mediterraneo.
Che è già di importanza strategica perchè tramite l' oleodotto  SIOT di Trieste fornisce il 90% del fabbisogno petrolifero ed energetico della Baviera e il 100% di quello austriaco.


La crisi della Grecia ha posto il suo principale porto, il Pireo privatizzato, nelle mani della Cina: cosa potrebbe succedere al porto di Trieste nella grave crisi italiana?

Tutti elementi che convergono a rafforzare l' ipotesi di un interesse di Berlino per il Porto Franco Internazionale di Trieste che auspichiamo non sia lasciato sprofondare nel buco nero della periferia sud dell' Europa a Due Velocità insieme ad un' Italia ormai data in crisi irreversibile, ma torni ad essere il Porto della Mitteleuropa.



 Europa a due velocità



domenica 5 marzo 2017

SVOLTA AL PORTO: CINA, PUNTI FRANCHI PER INDUSTRIE, NUOVO GRANDE TERMINAL: ALTERNATIVA OCCUPAZIONALE ALL' AREA A CALDO DELLA FERRIERA - VADANO A NASCONDERSI I DETRATTORI DEI PUNTI FRANCHI -

"Meglio tardi che mai"!
Dopo una dozzina di giorni, finalmente, il Piccolo riprende le notizie riguardanti gli esiti della visita in Cina di D'Agostino in preparazione di quella istituzionale di Mattarella e Delrio.

Si sapeva già tutto (clicca QUI) da giornali nazionali e della costa Tirrenica (QUI), da un' intervista a D' Agostino sul Mattino di Padova (QUI) ed il Messaggero di Udine (QUI) nonchè da siti internet triestini come il nostro che riportavano ampiamente i fatti: adesso al Piccolo si sono resi conto che non potevano continuare a "bucare" la notizia anche se è scomoda perchè sbugiarda la linea sostenuta da anni dal giornale locale sulla presunta "Inutilità dei Punti Franchi" e l' impossibilità di realizzare un nuovo grande terminal logistico, vera alternativa occupazionale all' "Area a Caldo" della Ferriera: una linea strumentale di bugie per sostenere le tesi dei vari Pacorini, PD e sedicenti progressisti (vedi sotto) e di chi aveva interessi in Porto Vecchio, il Punto Franco triestino per antonomasia.


I Punti Franchi servono eccome: e non solo per la logistica portuale ma per permettere insediamenti industriali e creare nuova occupazione.
Ormai è indiscutibile ed il merito è della fortunata convergenza fra le rivendicazioni di un movimento popolare e tecnici in grado di recepirle, se non tutte, almeno in una parte rilevante.


Un nuovo grande terminal portuale serve eccome, come sosteniamo da anni, e proprio a partire dalla "piattaforma logistica" e dalla banchina di Servola permettendo di risolvere anche il problema dell' alternativa occupazionale all' "area a caldo" della Ferriera.


Il ruolo del Porto Franco Internazionale di Trieste è strategico per i rapporti tra Oriente ed Europa Centrale ed Orientale, e Trieste deve guardare al suo entroterra naturale tornando ad essere il porto della Mitteleuropa con una forte rete di collegamenti soprattutto ferroviari che si sta ripristinando.
Ed anche la Germania segue con attenzione l' evolversi della situazione geopolitica che riguarda il nostro Porto, che fornisce  con la SIOT il 100% del petrolio all' Austria e il 90% alla Baviera, ma segue anche i Balcani.


Altro che città assistita incapace di reggersi da sola senza gli aiuti romani: è questo che spaventa una classe dirigente e politica locale fatta di incapaci abituati a succhiare le mammelle della lupa.

Il problema adesso è allargare i Punti Franchi da utilizzare come retroporto e per fini industriali e produttivi a tutte le aree necessarie a partire dalla ZONA INDUSTRIALE in abbandono dopo che è stato fatto fallire l' EZIT con la surreale questione fiscale e con il concorso della Regione, con conseguenze folli come il fatto che l' ex Olcese invece di essere destinata ad imprese ad alta tecnologia, alcune provenienti dall' Area di Ricerca, verrà data ad un ennesimo centro commerciale perchè il liquidatore non ha soldi...
E ricordiamo che anche l' enorme area di Porto Vecchio è da subito utilizzabile per scopi produttivi puliti: c'è ancora il Punto Franco sulla fascia costiera, mentre non c'è traccia di investitori privati per l' urbanizzazione in chiave turistica malgrado siano passati oltre due anni dalla "sdemanializzazione".


Sotto riproduciamo l' intervista al Presidente dell' Autorità Portuale D'Agostino, ma prima riportiamo le parole di Pacorini, fratello e sodale del candidato sindaco del PD, sui Punti Franchi: questo era il clima ed il "pensiero unico", amplificato dal Piccolo, imperante a Trieste fino a poco tempo fa.

E manifestiamo grande preoccupazione per il fatto che probabilmente nel comitato portuale si autonomineranno personaggi come la Serracchiani e Dipiazza.


Fuori i politici dei partiti nazionali e le loro beghe e incompetenze dal Porto Franco Internazionale di Trieste !

Ecco l'intervista a D'Agostino (in cui l' intervistatore, che è lo stesso che aveva definito "stucchevole" la proposta AMEM di un nuovo terminal dalla banchina di Servola perchè allora volevano dare la Ferriera ad Arvedi, non può fare a meno di esaltare la questione marginale di Monfalcone per fare una marchetta al "Porto Regione" della Serracchiani dimenticandosi della ventilata unificazione con Capodistria sotto un' agenzia europea, clicca QUI):


L’apertura della nuova Via della Seta dovrebbe portare in dote incrementi di traffici e anche una presenza diretta nello scalo
La filosofia Zen(o) conquista l’Oriente. Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale la studiava da tempo e l’ha messa in pratica facendo da apripista con una serie di colloqui avuti un paio di settimane fa tra Pechino e Shanghai per pubblicizzare il porto di Trieste alle successive visite di Stato fatte in questi giorni dal ministro di Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Alla base di tutto non soltanto la “nuova via della seta” «un gigantesco progetto di Pechino per ampliare le rotte e gli scambi verso l’Europa per la quale - come ha sottolineato lo stesso Delrio ai cinesi - i nostri porti di Trieste e di Genova sono pronti», ma anche il tentativo di mettere a frutto un biennio in cui lo scalo triestino grazie alla politica per qualche verso rivoluzionaria della Torre del Lloyd, ha ricostruito tutta una nuova serie di rapporti internazionali smarriti da decenni creandosi una reputazione da prima fascia. 

Presidente D’Agostino, cosa siete andati a proporre ai cinesi? 

Un sistema che funziona, fatto non soltanto di infrastrutture moderne e competitive, ma anche di una serie completa di servizi intermodali con una rete di collegamenti ferroviari che si ramificano fin nel cuore dell’Europa. Le agevolazioni previste nei nostri Punti franchi caratterizzati da un particolare regime hanno già suscitato il loro interesse e potranno costituire un fattore determinante di attrattività.

C’è la possibilità dunque di incrementare i flussi di traffico tra la Cina e l’Europa attraverso Trieste? Sicuramente, e il fatto che lo stesso Governo italiano esplicitamente e a più riprese in particolare attraverso il ministro Delrio abbia inteso promuovere esclusivamente gli scali di Trieste e di Genova ha impresso una forza tutta particolare a questa operazione diplomatica: un conto infatti è se un porto va a promuovere se stesso, un altro se ha dietro il Governo disposto a fare pressing e a creare le condizioni affinché questo avvenga. Ciò ha sortito una reazione tanto più immediata date le condizioni storico-politiche della Cina che fanno sì che quel Paese sia ancora molto legato a parametri statali. 

Investitori cinesi dunque potrebbero essere interessati a intervenire direttamente all’interno dello scalo?
Abbiamo illustrato alle autorità e agli operatori le aree del porto di Trieste su cui c’è possibilità d’investire.


Ad esempio?

Forse la stessa area Teseco all’ex Aquila dove c’è un potenziale costruttore del terminal traghetti che però è ancora privo di un partner strategico. Ma pensiamo soprattutto al Molo Ottavo che richiede investimenti molto sostanziosi.

Dovrebbe stagliarsi dalla Piattaforma logistica, essa stessa ancora in fase di costruzione. Siamo dunque lontanissimi anche dalla fase progettuale, sotto lo zero potremmo dire (TENDENZIOSO! ndr)?
Niente affatto
perché abbiamo già un nuovo e moderno Piano regolatore approvato e operativo che lo prevede. Una questione quindi è già risolta. Non è affatto da poco. 


Tutto questo potendo contare su un sistema portuale che ingloberà anche Monfalcone.Quando l’ufficialità della nuova unione? (TENDENZIOSO! ndr)
C’era una piccola questione da limare all’interno della formulazione del decreto. La correzione è stata fatta. Stavolta credo proprio che la settimana entrante sia quella buona per l’ufficialità dell’Authority Trieste-Monfalcone. 

In quest’ottica quali misure da prendere perché la fusione sia pressoché perfetta? Monfalcone deve fare un po’ di pulizia tra le varie aziende pubbliche alle quali fa capo lo scalo. Così è avvenuto a Trieste dove il porto ha oggi competenza anche sulle aree Ezit e sui Punti franchi e opera anche all’interno dell’Interporto di Fernetti. Per noi la moda delle esternalizzazioni è finita, si tratta di “internalizzare” per creare sinergie e maggiore competitività.



 ECCO UNA SLIDE DEL PROGETTO CHE PRESENTIAMO DA TRE ANNI IN OGNI OCCASIONE : E' TANTO UTOPICO ?
Scaricalo completo cliccando QUI
Siamo stati i primi e per anni gli unici a parlare della Nuova Via della Seta