RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 1 luglio 2017

TRIESTE E SINGAPORE ACCOMUNATE DAL CANALE DI SUEZ - LA STORIA E L' ECONOMIA DI SINGAPORE per i nostri lettori



Non è molto noto che sia il Porto di Trieste che il Porto di Singapore devono entrambi il loro sviluppo al Canale di Suez, recentemente raddoppiato,  e alla cui costruzione Trieste ha dato un notevole contributo anche con l' Impegno del Barone Revoltella.

Due fatti contribuirono oltremodo ad aumentare l’importanza dell’isola di Singapore: l’apertura del Canale di Suez nel 1869 e l’avvento dell’uso del telegrafo come mezzo di comunicazione.
In questo modo Singapore diventò a tutti gli effetti un nodo di scambio commerciale tra Europa e sud est asiatico.


Singapore è una Città-Stato indipendente dal 1965.


716 km². Popolazione: 3.844.800 ab. (stima 2013). Lingua: cinese, inglese, malesetamil (ufficiali). Religione: buddhisti 33,3%, taoisti 10,9%, musulmani 14,7%, non religiosi/atei 17%, cristiani 18,3%, induisti 5,1%, altre religioni 0,7%. Unità monetaria: dollaro di Singapore 


Economia: generalità

Singapore è uno degli stati economicamente più avanzati dell'Asia; secondo solo al Giappone (esclusi i Paesi del Medio Oriente), esso presenta uno dei PIL pro capite tra i più alti del mondo (38.972 $ USA) e un PIL di 181.939 ml $ USA (2008). Il grande sviluppo della moderna economia di Singapore iniziò verso la metà del sec. XIX grazie all'attività del suo porto che, sin dalle origini, ebbe una prevalente funzione di smistamento per i commerci del Sudest asiatico. Un così organico e rapido sviluppo economico ha una prima e ben precisa giustificazione posizione geografica del Paese particolarmente favorevole, dato che il porto di Singapore è situato al punto d'incrocio di tutte le vie marittime dell'Oceania e dell'Estremo Oriente da e per l'Africa e l'Europa (vi transitano infatti ben 400 delle principali linee di navigazione mondiali), quantunque le cifre relative al peso delle merci scambiate siano ben lontane da quelle dei porti per esempio dei Paesi arabi (i quali, però, sono per lo più solo dei terminal petroliferi). Avvantaggiato dall'ottima organizzazione di una struttura economica largamente basata sui traffici internazionali (tra l'altro Singapore svolge anche la funzione di sbocco commerciale di molti prodotti della Malaysia, in particolare il caucciù e lo stagno), il Paese riuscì a passare relativamente indenne o comunque a riassorbire in breve arco di tempo le ripercussioni della gravissima crisi economica mondiale degli anni 1973-74; parimenti il ritiro statunitense dal Viet Nam (1975), verso il quale Singapore aveva svolto in precedenza un intenso traffico d'esportazione, non influì in misura determinante sull'andamento commerciale del Paese. Grazie a una struttura economica molto elastica e contemporaneamente facendo il più ampio ricorso al capitale estero, Singapore ha inoltre saputo potenziare le proprie basi produttive, sviluppando con enorme successo l'attività industriale sin dall'indipendenza e ancor di più durante la crisi degli anni Settanta. Numerose sono ormai le multinazionali che hanno installato nel piccolo Stato parte dei loro impianti, specie quelli riguardanti produzioni altamente qualificate, a cominciare dalle più avanzate industrie elettroniche. Fattori non meno importanti che hanno favorito l'ascesa economica di Singapore sono derivati da motivazioni finanziarie d'ordine internazionale. L'insediamento di numerose filiali delle maggiori banche mondiali (alla fine del 2007 operavano a Singapore 112 banche, di cui oltre un centinaio estere) ha fatto sì che il piccolo Stato sia divenuto un validissimo tramite finanziario tra i mercati occidentali da un lato e quelli orientali e dell'Australia dall'altro. La struttura economica che si è venuta formando richiama per molti aspetti quella di Hong Kong di cui Singapore si può dire ripeta le funzioni di “capitale” dell'affarismo asiatico o addirittura mondiale: si tratta di una competizione sostenuta con successo, come testimonia il fatto che Singapore dal 1988 ha superato la concorrente per importanza del mercato valutario, collocandosi, nell'area del Pacifico, solo alle spalle di Tōkyō. Avviate politiche di liberalizzazione e introdotte misure per la riduzione del costo del lavoro, sospinto verso l'alto dalla sopraggiunta scarsità di manodopera, il governo ha quindi incoraggiato le imprese operanti a Singapore a trasferire le attività a minor valore aggiunto nei Paesi confinanti, soprattutto verso gli altri due poli del cosiddetto “triangolo dello sviluppo” (la regione di Johor in Malaysia e le isole indonesiane Riau), nell'intento di riqualificare la struttura produttiva nazionale adeguandola alle mutate caratteristiche della forza lavoro ovvero indirizzando sempre più l'isola a divenire polo terziario internazionale per il Sudest asiatico. Indicativo delle tendenze in atto è, del resto, l'elevato grado di terziarizzazione già raggiunto e, più specificamente, il forte contributo economico fornito dai settori finanziario e bancario. L'orientamento favorevole all'internazionalizzazione si è manifestato inoltre nella ricerca di nuovi e più vasti mercati e negli investimenti delle varie società pubbliche negli Stati Uniti. L'economia del Paese ha recentemente vissuto a metà degli anni Novanta del Novecento una fase di recessione, seguita da ulteriori periodi di flessione della crescita. Nel 1996 Singapore è intervenuto in favore delle economie thailandese e indonesiana, a cui è legata, ma l'anno successivo, a causa della crisi finanziaria asiatica, la sua crescita ha subito un'ulteriore battuta d'arresto. Nel periodo 2001-2003 alcune ripercussioni su Singapore, le hanno esercitato la crisi dei mercati di componenti elettronici e dell'alta tecnologia e la diffusione dell'influenza aviaria (SARS,che ha colpito il turismo e i consumi). Il Paese, che intrattiene rapporti commerciali con Stati Uniti e vari Paesi nell'ambito dell'ASEAN, ha stabilito nel 2002 nuovi accordi di libero scambio con Giappone, Australia e Nuova Zelanda e ha avviato trattative con l'Unione Europea per stabilire un FTA (Free Trade Agreement). Nei primi anni del Duemila il prorompente ingresso della Cina e dell'India nei mercati (con prodotti dell'industria tessile, elettronica, informatica ecc.) ha dato vita a una situazione di concorrenza regionale a cui Singapore ha risposto orientandosi verso nuovi comparti industriali (biotecnologie) e potenziando i servizi finanziari in vista di una riduzione della produzione manifatturiera tradizionale. Gli investimenti produttivi e finanziari stranieri continuano a essere incoraggiati dalle ampie agevolazioni fiscali.

Economia: industria e risorse minerarie

L'industria è in continuo sviluppo, basata essenzialmente sulla trasformazione di materie prime d'importazione; l'alta tecnologia, più in particolare, fornisce da sola ca. il 57% dei manufatti esportati. Il Paese, pur privo di risorse petrolifere (oltre che minerarie in genere), ha nell'isola di Bukum una delle più grandi raffinerie del mondo e numerose industrie petrolchimiche; utilizzano petrolio d'importazione anche le centrali termiche; del pari varie industrie chimiche lavorano caucciù di provenienza malese. L'elevato movimento portuale ha favorito il sorgere – soprattutto a Jurong, dove si trova la massima concentrazione industriale dello Stato – di poderosi complessi meccanici (motori, macchinari di vario tipo) e cantieristici; questi ultimi sono adibiti, oltre che alla riparazione e alla manutenzione delle navi, a lavorazioni assai specializzate, come quelle relative alle piattaforme galleggianti per le ricerche petrolifere. Non mancano settori, essi pure fiorenti, di più tradizionale impianto, come il tessile, l'alimentare (oleifici, birrifici, conservifici ecc.), quelli delle manifatture di tabacchi e dei cementifici e così via; ; negli anni Novanta del Novecento hanno registrato particolare dinamismo l'industria elettronica e la meccanica di precisione. Di più recente sviluppo è l'industria farmaceutica, delle nanotecnologie e di prodotti biomedicali; nel 2001 è iniziata la costruzione del centro di ricerca , la città delle scienze biomediche intorno a cui gravitano laboratori di sviluppo di grandi case farmaceutiche, oltre a vari servizi (residenziali, ricreativi, commerciali).

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Il terziario impiega più dei due terzi della forza lavoro e contribuisce a circa il 65% del PIL. Singapore è il maggior centro congressi e fieristico di tutta l'Asia. Il sistema finanziario è avanzato e altamente sviluppato. Gli scambi commerciali sono naturalmente assai intensi, dato che l'economia di Singapore si basa sull'importazione di materie prime (petrolio, materie prime industriali in genere ecc.) e alimentari e sull'esportazione di prodotti finiti o semilavorati (derivati del petrolio, macchinari e mezzi di trasporto, apparecchiature ad alta tecnologia ecc.); gli scambi si svolgono essenzialmente con gli Stati Uniti, la Malaysia, la Cina, il Giappone. La bilancia commerciale è comunque in attivo. § Per quanto riguarda le comunicazioni, Singapore presenta un'efficientissima rete stradale, che si sviluppa per ca. 3262 km; un ponte sullo stretto di Johor, su cui passano un'autostrada e una linea ferroviaria raccordata con la ferrovia malaysiana, congiunge l'isola alla penisola malese. Già evidenziata la mole e l'importanza dell'attività portuale, resta da sottolineare che Singapore dispone tra l'altro di un'ottima marina mercantile, che totalizza ca. 30 milioni di t di stazza (2006). Molto attivo è anche il traffico aereo che si avvale degli aeroporti di Changi e Seletar. § Una voce assai importante nell'economia nazionale è data dal turismo, che registra una crescente espansione; nel 2006 il Paese è stato visitato da oltre 9 milioni di stranieri.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca


Nell'ambito del settore primario, cui si dedica complessivamente solo lo 0,7% della popolazione attiva, l'agricoltura è praticata in modo intensivo, ma data la ridottissima estensione del territorio e in particolare delle aree coltivabili, peraltro assai fertili, le produzioni sono ovviamente molto limitate. Oltre ai prodotti tipici locali (noci di cocco, patate dolci, manioca) si coltivano tabacco, ortaggi, frutta (banane, ananas, agrumi) e fiori (orchidee), mentre non mancano le piantagioni da cui si ricava la gomma naturale. § Quanto all'attività zootecnica, si pratica, come in tutto il Sudest asiatico, l'allevamento dei suini; numerosi sono inoltre i volatili da cortile. § Attività tradizionale è la pesca, ma la quantità del pescato è del tutto insufficiente al fabbisogno locale che per questo, come per altri generi alimentari, deve ricorrere agli acquisti dall'estero. Un settore particolare, che in breve ha assunto grande rilievo, è quello dei pesci ornamentali da acquario.

Generalità

Stato insulare dell'Asia, situato all'estremità meridionale della penisola malese e separato dal continente dall'esiguo stretto di Johor. Il territorio comprende numerose altre isole minori tra cui quelle di Tekong e Ubin, nello stretto di Johor, e Blakang Mati, a S di Singapore. Pochi luoghi come Singapore sono così profondamente legati al periodo del colonialismo britannico, di cui sono rimaste tracce e condizionamenti nelle successive evoluzioni economiche e sociali del Paese. Posto al crocevia tra gli oceani Indiano e Pacifico, fu scelto come uno degli anelli fondamentali della cintura di basi strategiche create dagli inglesi tra mondo arabo ed Estremo Oriente e, benché geograficamente un lembo malese, Singapore si andò popolando essenzialmente di cinesi, attratti dalle possibilità offerte da un luogo contraddistinto da grande dinamismo economico. Resasi definitivamente indipendente anche dalla Malaysia la città-stato di Singapore si è mostrata sempre più integrata nel mondo occidentale, anche grazie al suo straordinario sviluppo nel settore industriale, incentrato sulla componentistica ad alta tecnologia e nelle attività terziarie. Nonostante abbia subito, nell'ultimo decennio del XX secolo, il contraccolpo della crisi che ha investito le “Tigri asiatiche” (i Paesi emergenti del Sudest asiatico) e la flessione dovuta al rallentamento nei mercati mondiali dei settori chiave dell'economia nazionale, la “città del Leone” (l'antico nome in sanscrito di Singapore) ha saputo superare la recessione puntando sull'allargamento dei partner commerciali, sulla diversificazione interna e soprattutto valorizzando i tratti peculiari della propria cultura: sincretismo e multiculturalità. Il ricorso a risorse eterogenee e lo sfruttamento di esperienze alternative è evidente anche nel tessuto sociale, dove la commistione tra stili e culture si mostra a partire dal cambiamento architettonico delle città: grattacieli a fianco di templi indù, moschee o santuari buddhisti; quartieri cinesi, arabi e indiani che si ritagliano un posto nelle aree più occidentali dei centri urbani. 

Storia

L'isola doveva già costituire un centro di rilievo nel sec. XIV, quando fu invasa e devastata da truppe giavanesi. Nel 1819 sir Thomas Stanford Raffles la acquistò dal sultano di Johor e ne fece una sede della Compagnia inglese delle Indie Orientali. L'isola fu incorporata nella colonia degli Stabilimenti dello Stretto nel 1826 e sei anni più tardi ne divenne la capitale. Durante la seconda guerra mondiale (15 febbraio 1942) fu occupata dalle truppe giapponesi che costrinsero alla resa la guarnigione inglese. Alla fine del conflitto (settembre 1945) tornò in possesso degli inglesi che ne fecero una colonia autonoma. Il regime coloniale si allentò alquanto nel 1955 in seguito alla concessione di una Costituzione. Nel 1959 Singapore divenne uno Stato indipendente nell'ambito del Commonwealth britannico, ma gli inglesi detennero il controllo degli affari esteri e della difesa del nuovo stato. Nel settembre 1961 Singapore si unì alla Federazione della Malesia che, due anni dopo, si costituì in Federazione della grande Malesia o Malaysia, ma nell'agosto del 1965 se ne distaccò per dichiararsi indipendente e darsi quindi un ordinamento istituzionale repubblicano. Singapore è stata governata, dal giorno dell'indipendenza al 1990, da Lee Kwan Yew del PAP (People's Action Party). L'amministrazione di Lee Kwan Yew, filoccidentale in politica estera e liberista in economia, ha fatto di Singapore una delle maggiori piazze finanziarie del mondo e un vero colosso industriale, nonostante l'esiguità della popolazione. Soprattutto nei settori ad alta tecnologia, Singapore è riuscita ad inserirsi tra i primi quattro o cinque produttori mondiali. Non sono però mancate accuse di autoritarismo e insofferenza nei confronti delle opposizioni. Nel 1985 Singapore ha comunque raggiunto un tenore di vita simile, o addirittura superiore, a quello della Germania occidentale. Nella seconda metà del decennio è perdurata la stabilità politica del Paese, malgrado siano comparsi sulla scena politica alcuni partiti d'opposizione che hanno raggiunto anche apprezzabili riscontri elettorali: istituzionalizzata la loro presenza con un emendamento costituzionale nel 1984, essi hanno infatti guadagnato due seggi nelle elezioni del 1988 e quattro in quelle del 1990 e del 1991, dando rappresentanza alle rivendicazioni liberali della classe media di recente formazione. Dal novembre 1990 capo del governo è divenuto Goh Chok Tong, già vice primo ministro. Nell'agosto 1993 si sono svolte le prime elezioni presidenziali a suffragio universale, vinte, in assenza di candidati dell'opposizione, da Ong Teng Cheong, già vice primo ministro e presidente del PAP. Nel 1996 il Parlamento approvò una serie di emendamenti costituzionali diretti a limitare i poteri del capo dello stato. In politica estera hanno registrato sensibili miglioramenti le relazioni con la Malaysia e l'Indonesia, mentre dal 1990 sono state stabilite relazioni diplomatiche con la Cina. Nelle elezioni del gennaio 1999 il PAP ha conquistato nuovamente la maggioranza assoluta, eleggendo Sellapan Ramanthan Nathan presidente (riconfermato senza votazioni nel 2005). Nel 2003 il governo ha firmato un accordo di libero scambio con il Giappone. Lee Hsien Loong, figlio dell'ex primo ministro Lee Kwan Yew, diventava primo ministro nel 2004. Nel maggio 2006 si svolgevano le elezioni generali, per la prima volta con più di un candidato, e venivano vinte dal PAP con 82 seggi su 84; simile risultato anche alle elezioni del 2011, anche se l'opposizione riusciva a ottenere sei seggi. Nel marzo 2015 moriva Lee Kwan Yew, padre fondatore del Paese.







venerdì 30 giugno 2017

TRIESTE HA BISOGNO DI INDUSTRIE E DI UNA NUOVA MODERNIZZAZIONE - LA VIA MAESTRA E' L' USO PRODUTTIVO DEI PUNTI FRANCHI, PORTO VECCHIO COMPRESO - E LA GESTIONE AUTONOMA DEL TERRITORIO -


Pronunciamola finalmente la parolaccia che da lustri a Trieste è diventata un tabù: INDUSTRIA !

Da lustri una sedicente "classe politica e dirigente" locale si riempie la bocca di Turismo di massa, Urbanizzazioni, Mercatini, Musei, Spiagge di Sabbia, Acquari, Mercati di Pesce e demagogici Posteggi in cerca di facili consensi e per gettare un inconcludente fumo negli occhi ai cittadini.

Intanto Trieste si è ridotta ad avere solo il 9% del PIL locale da industria mentre il Friuli ha il 21%, la media nazionale è del 18,5%, la stessa Roma ha il 13%, intanto la Germania ha il 27,5% e Singapore il 26%.

Trieste a partire dalla perdita dei Cantieri ha subito una deindustrializzazione drammatica che non ha incontrato resistenze se non tra i lavoratori ostacolati da sindacati conniventi con i progetti fantaturistici del PD su Porto Vecchio mentre la Confindustria locale è stata più impegnata a sragionare di urbanizzazione di Porto Vecchio in chiave turistica che a tutelare il tessuto industriale. 

Con un presidente confindustriale come Pacorini impegnato in Porto Vecchio con la sua "Trieste Futura" o uno come Razeto che commissiona sondaggi sul gradimento dell' urbanizzazione turistica di Porto Vecchio.

Con solo il 9% del PIL da industria una città di 200.000 abitanti non vive e subisce un pesante calo demografico .
Con l' immaginario turismo di massa il futuro dei giovani è quello di fare i camerieri ai ricchi che arrivano dalle zone industrializzate.


L' industria non è solo quella pesante e inquinante della Ferriera: è fonte di lavoro qualificato, di alta tecnologia, di sviluppo economico, di base per servizi avanzati e finanziari.
Le industrie moderne si occupano di ricerca, di produzioni Hi-Tech, di produzione ecocompatibile.


Finalmente si sta affermando l' idea, che sosteniamo da anni, di utilizzare i Punti Franchi extradoganali per favorire insediamenti industriali: ma ai vantaggi doganali, unici in europa, va aggiunta una fiscalità di vantaggio su redditi e contributi sul lavoro in modo da non subire il dumping fiscale di paesi limitrofi a fiscalità e costo del lavoro molto più bassi. 

E' indispensabile completare i Punti Franchi doganali con una No Tax Area fiscale o ZES che ne aumenti l' attrattività.

Trieste non ha molto spazio stretta tra l' altopiano e il mare: deve utilizzarlo razionalmente.
La Zona Industriale è Sito Inquinato Nazionale e comporta alti costi di bonifica e insediamento e tempi lunghi. 

Porto Vecchio non lo è: sono 65 ettari disponibili per insediamenti industriali a basso impatto ambientale, servizi logistici, finanziari e ricerca. 
Sull' esempio di quello che già c'è: la Base SAIPEM per la robotica subacquea (clicca QUI). 

Perchè si ostinano in progetti fantasiosi e strampalati invece di riestendere il Punto Franco completato da una No Tax area e creare rapidamente buoni posti di lavoro?
Non sarebbe ora di riportare l' astronave a terra?

La Serracchiani in un intervista ieri (clicca QUI) ha detto che ci sono forti ostacoli e "motivazioni" (ovvero interessi nazionali) avverse al Porto Franco Internazionale di Trieste, tali da obbligarla ad agire "nell' ombra" per ottenere i decreti per i Punti Franchi previsti alla legge 84/94 e addirittura a"non segnare in agenda gli appuntamenti con i ministri" in una situazione di grottesca semiclandestinità.


Perchè Trieste deve continuare a stare in un ambiente statale tanto ostile che la ha pesantemente penalizzata per 63 anni riducendola all' ombra di se stessa?

Trieste è una città europea, il porto della Mitteleuropa e il terminale della Nuova Via della Seta marittima: ha bisogno di autonomia e di Europa non di una Repubblica delle Banane in cui si deve agire "nell' ombra" per veder applicate le leggi con oltre 23 anni di ritardo.


Trieste adesso ha bisogno di velocità e modernità: si possono affrontare le sfide e i tempi rapidi dei mercati globali con la cronica e drammatica inefficienza amministrativa e burocratica di uno stato fallito in crisi terminale?

Un autonomia spinta del governo del territorio è necessaria  se non vogliamo perdere il treno che le nuove condizioni geopolitiche internazionali ci offrono e va trovata una soluzione rapida anche solo transitoria in attesa dell' assetto definitivo. 

L' autonomia della Provincia di Bolzano e l' integrazione nella Macroregione Danubiana, cui partecipano anche Austria e Germania, può essere un modello cui guardare in una fase transitoria.




LA SERRACCHIANI PARLA DI MISTERIOSE E POTENTI "MOTIVAZIONI" CHE AVEVANO IMPEDITO DAL 1954 I DECRETI SUL PORTO FRANCO... ERANO FONDATE LE ACCUSE DI BOICOTTAGGIO RIVOLTE DAGLI INDIPENDENTISTI ALL' ITALIA DA 63 ANNI ? LA RESSA PER SALIRE SUL CARRO DEL "PORTO FRANCO INTERNAZIONALE" SCOPRE GLI ALTARINI.


Così parlò Serracchini al Piccolo del 30 giugno 2017  a pag 5:
"Doveva esserci una motivazione molto forte se, nonostante l’allineamento dei pianeti sia per il centrodestra che per il centrosinistra sull’asse Roma-Trieste, quel decreto non aveva visto la luce dal 1954. Abbiamo quindi, con Zeno D’Agostino, lavorato con determinazione, ma muovendoci nell’ombra.".


Una "motivazione" così potente da costringere la potente presidente della Regione e Vicesegretaria del PD  ad agire "muovendosi nell’ombra": uno scenario decisamente inquietante e complottista.

Un' importante dirigente di un partito di governo che deve "muoversi nell' ombra" per sventare i piani di una misteriosa "Spectre" anti - Porto Franco di Trieste che riguarda sia Centrodestra che Centrosinistra?!


L' intervista 
(clicca QUI), che riportiamo anche sotto, evidenzia inconsueti elementi di elevata e anormale "riservatezza":"perfino non segnare in agenda gli appuntamenti con i ministri" (roba da spy story...ma dove siamo finiti in un romanzo di Le Carrè ? E poi ci parlano di stato democratico e trasparente).

Le saremmo grati se volesse chiarire la natura della misteriosa "motivazione" di cui parla nella sua sorprendente dichiarazione ed il perchè di tanta "clandestinità".

Infatti lo scenario evocato dalle parole della Serracchiani avvalora le tesi sostenute dagli indipendentisti fin dal dopoguerra ovvero che il Porto Franco di Trieste sia stato sistematicamente boicottato dagli apparati statali italiani.

Cosa è successo per riuscire a superare queste potenti "motivazioni"?
Le condizioni internazionali sono mutate e il Porto Franco Internazionale di Trieste sta ridiventando importante per l' Europa Centrale a guida tedesca, la Cina e l' estremo oriente come si vede con la Nuova Via della Seta e questo rende l' Italia un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro che mandano in frantumi le sue "motivazioni" ovvero i suoi interessi nazionali contrapposti allo sviluppo del Porto Franco internazionale di Trieste.


Si aggiungano un movimento popolare che sostiene il Porto Franco e una nuova dirigenza portuale professionalmente capace e impegnata a cogliere le opportunità positive e si capisce come le cose cambino e i politici si arrampichino sugli specchi per giustificare 63 anni di boicottaggio e inerzia e connivenza della scassata e opportunista "classe dirigente" locale .
E, visto che lo sviluppo del Porto Franco Internazionale di Trieste e l' utilizzo produttivo dei Punti Franchi sono la strada maestra, ora tutti fanno ressa per salire sul carro vincente dopo aver strologato per anni su soluzioni balzane come l' urbanizzazione turistica di Porto Vecchio con annesse spiagge di sabbia e mercati di pesce.

Chi sul carro giusto c' è sempre stato sono i sostenitori indipendentisti e autonomisti del Porto Franco Internazionale che vedono riconosciute progressivamente le loro valide ragioni.

E' questa una nuova base da cui proseguire l' azione anche perchè i decreti sui Punti Franchi di questi giorni oltre alle luci avranno certamente delle ombre dovute alle "manine" romane che hanno contribuito alla stesura.


Il passo successivo è la NO TAX AREA fiscale da affiancare all' extraterritorialità doganale del Porto Franco.

IL  TESTO  DELL' INTERVISTA ALLA SERRACCHIANI: 
«La mossa chiave per portare a casa il risultato? Non parlarne con nessuno». Debora Serracchiani racconta il lavoro lungo un anno per il decreto attuativo che norma il regime di Punto franco internazionale del porto di Trieste. Un’attività tecnica e diplomatica che l’ha vista perfino non segnare in agenda gli appuntamenti con i ministri: il silenzio è d’oro. (ADDIRITTURA !!! Ma che gente frequenta? ndr) Adesso, dopo la firma di Graziano Delrio, la presidente della Regione può invece entrare nei dettagli di un’operazione che, in concreto, consente di poter fare manifattura industriale, trasformazione delle merci e logistica in un sistema doganale unico in Europa. Opportunità, assicura Serracchiani, che avvantaggia tutto il Friuli Venezia Giulia, non solo un capoluogo troppo spesso, in passato, zavorrato dalle divisioni.

Presidente, qual è stata la chiave per centrare il risultato?

Doveva esserci una motivazione molto forte se, nonostante l’allineamento dei pianeti sia per il centrodestra che per il centrosinistra sull’asse Roma-Trieste, quel decreto non aveva visto la luce dal 1954. Abbiamo quindi, con Zeno D’Agostino, lavorato con determinazione, ma muovendoci nell’ombra. Con la certezza della formidabile sponda dei ministri Delrio e Padoan


Avete anche battuto il “no se pol”?

Per tanto tempo si è tenuta Trieste sotto una cappa. L’amministrazione regionale ha però voluto investire nel porto di Trieste, in quello di Monfalcone e più in generale nella portualità regionale come traino per l’intero Fvg


La cappa è legata al “camberismo”?

Non ho mai incontrato il senatore Camber. Vedo che spesso si occupa di me, e non sempre con stile. Diciamo solo che a volte la città si è addormentata sulle proprie opportunità.


Il sindaco Dipiazza, ringraziando quanto fatto dalla gestione Monassi, si è appropriato di una parte dei meriti. Come giudica quell’uscita?

Spero gli sia scappata una frase. Tutti sanno chi ha agito e chi no.

Roberto Cosolini ricorda invece quando le propose Zeno D’Agostino. Un altro passaggio determinante?

Di D’Agostino avevo parlato con Cosolini, ma a un certo punto erano emerse proposte diverse. Diciamo che poi, insieme, abbiamo fatto fortunatamente la scelta giusta.


È stato merito suo?

Non mi prendo meriti. Ho semplicemente insistito molto per una persona che aveva la cultura dell’azione, ma anche la capacità delle relazioni. Mi sono poi permessa di fare a D’Agostino la richiesta di individuare un segretario generale che sciogliesse alcuni nodi inchiodati da troppo tempo in porto come l’Agenzia per il lavoro. E Mario Sommariva era il candidato migliore.

La Cina guarda a Trieste. Che cosa ci dobbiamo aspettare?

Grazie a Paolo Gentiloni, all’epoca in cui era ministro, sono entrata in contatto con l’ambasciatore italiano a Pechino, Ettore Sequi. D’Agostino è stato spesso in Cina. Fondamentale anche il forum a Trieste sulla Via della seta. Gli interessi cinesi sono svariati: per la parte logistica, per quella di insediamento industriale, per quella portuale. Entro pochi mesi ne vedremo gli sviluppi. Il decreto attuativo non è la ciliegina sulla torta, ma un portone che viene spalancato. Il porto di Trieste non lo ferma più nessuno.

Alla vigilia delle comunali 2016 si è detta preoccupata dall’immobilismo di una nuova giunta Dipiazza. Come stanno andando le cose?

Penso che si stiano raccogliendo a Trieste i frutti di quanto costruito in questi anni.

Teme che una Trieste così rafforzata dal Punto franco corra troppo veloce per il resto del Fvg?

No. Una delle più belle immagini che conservo è quella dello stand regionale alla biennale della logistica a Monaco, con porto, interporti e aeroporto nel logo. Una strada vincente. Lo dimostrano un interporto di Pordenone che può servire sia il Veneto che il Fvg, Cervignano che sta diventando retroporto di Trieste, Monfalcone che si unisce a Trieste in una straordinaria piattaforma logistica, Consorzi industriali in via di aggregazione, gli investimenti sul polo intermodale.

La classe dirigente è all’altezza di queste sfide?

In questi anni ho lavorato con persone di grande valore. Così come sono soddisfatta del lavoro fatto assieme alle categorie economiche e alle parti sociali da molte partecipate regionali. Ma inevitabilmente, come dappertutto, c’è una parte di classe dirigente che o manca di responsabilità o preferisce continuare a vivere di rendite e posizioni.

Trieste capitale europea della scienza. È ottimista?

Questa candidatura nasce con il piede giusto. La appoggia tutto il mondo triestino. E tutto il mondo della cultura Fvg.

La direzione Ambiente ha intimato ad Arvedi di ridurre la produzione all’interno della Ferriera. È il segnale che si apre un ragionamento sull’area a caldo?

Noi, segnali, li abbiamo sempre dati. E il monitoraggio dell’Aia è stato costante. La Regione ha fatto con rigore quello che doveva fare. La Ferriera deve rispettare i limiti di legge ed essere in grado di coesistere con la città. Ma, come abbiamo sempre detto, se l’area a caldo inquina, occorrerà avviare un percorso che porti alla sua chiusura.

Che tempi dà all’azienda?

La tempistica è chiarita nella diffida. Attendiamo che Arvedi prenda posizione. Se non riusciamo a vincere la sfida, dobbiamo pensare a soluzioni alternative.

In che modo salvare i posti di lavoro?

L’accordo di programma quadro non prevedeva il laminatoio a freddo, ma l’interlocuzione con l’impresa ha fatto sì che l’azienda lo realizzasse. Quel tipo di impianto può assorbire una parte di lavoratori. Un’altra parte può avere prospettive nella logistica. Ma l’apertura o chiusura dell’area a caldo, dal punto di vista occupazionale, rimane il tema dei temi. Il problema, io, me lo pongo.




Il simbolo della "Spectre" bipartisan che ha come "motivazione" il boicottaggio del Porto Franco Internazionale di Trieste


mercoledì 28 giugno 2017

FACCE DI BRONZO: GARA A SALIRE SUL CARRO DEL "PORTO FRANCO" DA CHI LO HA OSTACOLATO E DENIGRATO - Penoso spettacolo di italico opportunismo.

Ieri segnalavamo che cominciava la corsa dei politici ad attribuirsi meriti inesistenti sul rilancio del Porto Franco (clicca QUI).

Oggi siamo arrivati al grottesco: il Piccolo pubblica un' entusiastica  intervista a Federico Pacorini, ex candidato sindaco del PD, e distintosi per essere il "padre spirituale" della denigrazione della funzione dei Punti Franchi, in particolare da quando con "Trieste Futura" aveva cercato di mettere le mani su Porto Vecchio.
Il pensiero dei Pacorini è stato ben espresso dal fratello Roberto cui è passata l' azienda di famiglia:

Sono senza pudore...

Poi c'è la materializzazione del detto "il bue che da del cornuto all' asino" con Cosolini che rimprovera un Dipiazza intronato che attribuisce il merito alla Monassi.


Il fatto è che Cosolini, come tutti gli alfieri dell' urbanizzazione e "sdemanializzazione" di Porto Vecchio ha costantemente e pesantemente attaccato la funzione dei Punti Franchi.
Ad esempio Cosolini in un confronto pubblico con il Comitato Lavoratori Portuali Trieste aveva definito " status irragiungibili le richieste di applicazione dell'Allegato VIII " (clicca QUI)

Roberto Cosolini, intervenendo al convegno “Il futuro di Trieste passa per il porto. Allegato VIII del Trattato di pace”, organizzato dall’Unione sindacale di base e dal Coordinamento dei lavoratori del porto. Il sindaco, davanti a una sala gremita, non è entrato nel merito di ricostruzioni giuridiche circa lo status del porto e della città «che mi sembrano confutabili e su cui la discussione sarebbe probabilmente inutile, perché lo sviluppo della scalo non si ottiene inseguendo status irraggiungibili».


Non poteva mancare il dichiaratore seriale sen. Russo che pure, per giustificare la sua "sdemanializzazione" ed eliminazione del Punto Franco di Porto Vecchio, aveva ripetutamente denigrato l' istituto "anacronistico" dei Punti Franchi.

In particolare il PD triestino aveva sviluppato, a partire dal deputato europeo Giorgio Rossetti, un' autentica ideologia basata sull' inutilità dei Punti Franchi e delle Zone Franche nel Mercato unificato europeo e nella globalizzazione: esattamente il contrario della realtà come l' interesse cinese per le Zone Franche lungo la Nuova Via della Seta dimostra.
Infatti la Cina ha basato il suo travolgente sviluppo sulle Zone Economiche Speciali che adesso esporta nei paesi confinanti come il Kazakistan.

Ma guardare al di là del proprio naso non è abitudine di questa sedicente "classe dirigente" locale che adesso sgomita per montare sul carro del "Porto Franco" finora ignorato per inseguire inconsistenti fantasie turistiche in Porto Vecchio.

Ne vedremo ancora delle belle...

Monumento alla "classe dirigente" triestina


I DECRETI ATTUATIVI SUL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE SONO UN PASSO IN AVANTI - ATTENDIAMO IL TESTO E LA PROMULGAZIONE UFFICIALE - CON 63 ANNI DI RITARDO E DOPO DECENNI DI DENIGRAZIONE RICONOSCIUTO IL RUOLO DEI PUNTI FRANCHI GRAZIE ALLA NUOVA SITUAZIONE INTERNAZIONALE, AI LAVORATORI PORTUALI E AI MOVIMENTI INDIPENDENTISTI - E' APPENA L' INIZIO...



Con la cerimonia di ieri è stata sancita la promulgazione dei decreti attuativi sui Punti Franchi del Porto Franco Internazionale di Trieste previsti dalla legge 84 del 1994 e attesi fin dal dopoguerra per garantire certezza del diritto ad operatori ed investitori.
In realtà quella di ieri a Trieste è stata solo una cerimonia ad uso dei media perchè l' emanazione ufficiale del decreto interministeriale richiede firme e altri passaggi formali a Roma che saranno effettuati nei prossimi giorni.


Diversamente da quanto certi articoli di giornale suggeriscono, non si è trattato della nascita del Porto Franco Internazionale di Trieste - che esiste da quasi 300 anni e in questa forma dal 1947 - ma dell'emanazione, da parte del governo amministratore, di un regolamento  che stabilisce certezza del diritto nell' ambito dei Punti Franchi e limitazione dell' arbitrio di singoli funzionari (e speriamo anche fine della soffocante ingerenza della Sovrintendenza Belle Arti)

 "È stato un iter complesso - ha commentato D'Agostino presidente dell' Autorità Portuale - ma oggi finalmente viene dato all'Autorità il potere di gestione del Porto franco. Ciò significa che abbiamo una capacità di organizzazione e attrazione spaventosa. Durante la recente missione in Cina abbiamo visto brillare gli occhi degli interlocutori quando si sentivano dire che siamo l'unico vero Punto franco esistente in Europa, in cui si può fare anche manifattura industriale".(clicca QUI).
Il ruolo del presidente dell' Autorità Portuale assomiglia così sempre di più a quello del Direttore del Porto previsto dall' Allegato VIII al Trattato di Pace del 1947 per la cui attuazione si sono battuti i lavoratori portuali e gli indipendentisti triestini.


La "cerimonia della firma" di ieri è stata occasione per passerelle di politici e forze politiche che fino a poco fa consideravano i Punti Franchi come un orpello del passato e roba per nostalgici.
Spesso con risultati ridicoli come le dichiarazioni del sen. Russo o quelle di Dipiazza.


L' attacco al "Porto Franco" è stato continuo e sistematico per anni con utilizzo massiccio di media che hanno creato un "pensiero unico" per cui i Porti Franchi sarebbero stati strumenti superati ecc. ecc.


Abbiamo dovuto assistere alla costruzione di vere e proprie ideologie come quelle enunciate dall' onorevole europeo del PD Giorgio Rossetti secondo cui in un "mercato unico europeo" i Punti
Franchi sarebbero diventati inutili e addirittura dannosi. Tali posizioni sono diventate maggioritarie nel PD. Posizioni in realtà subalterne alle politiche ordoliberiste delle burocrazie europee, fatta passare per "progressiste" con tanto di attacchi ideologici ai sostenitori di Punti e Zone Franche tacciati di essere retrivi, reazionari e immobilisti.
Una ideologia utilizzata anche per "coprire" e giustificare il tentativo di eliminazione del Punto Franco Nord (Porto Vecchio) con scopi di speculazione edilizia, area che solo con l' utilizzo produttivo con il regime di Punto Franco e No Tax Area potrà essere rilanciata.



Ci ha pensato la realtà internazionale, con la Nuova Via della Seta il raddoppio di Suez ecc, a mettere a posto le cose e a dare ragione ai lavoratori portuali e ai movimenti indipendentisti e autonomisti che hanno fatto del Porto Franco la propria bandiera e dell' applicazione dell'Allegato VIII l' obiettivo immediato della propria lotta, che ha visto repressione e denunciati.

Questi Decreti Attuativi, che citano l' Allegato VIII, il Memorandum ed altre fonti la cui citazione da parte degli indipendentisti veniva finora ridicolizzata, vedono la luce per la fortunata convergenza di tre fattori principali:
--- la pressione delle modificazioni geopolitiche in atto di cui la Nuova Via della Seta è l' elemento più evidente,
--- la pressione delle lotte di lavoratori e movimenti indipendentisti che hanno tenuta viva l' importanza del Porto Franco in una palude politica locale desolante impegnata solo in fantasie turistiche su Porto Vecchio,
--- la consapevolezza, professionalità e onestà intellettuale dei nuovi dirigenti portuali, catalizzatore indispensabile.

Adesso tutti i politici, soprattutto quelli che fino adesso sono stati avversari e denigratori del Porto Franco, cercheranno di farsi belli con le piume altrui, senza alcuna autocritica.
Cercheremo di fare in modo che le loro precedenti posizioni, omissioni e azioni contro il Porto Franco non vengano dimenticate.


Per dare un giudizio tecnico sui Decreti Attuativi sarà necessaria la lettura dopo la promulgazione ufficiale e definitiva: ci saranno certamente luci e ombre soprattutto su parti del testo introdotte delle strutture ministeriali romane e regionali.


Resta il fatto che il, seppur tardivo, riconoscimento ufficiale e il rilancio del Porto Franco Internazionale sul piano mediatico e politico è un passo in avanti per la rinascita di Trieste e una vittoria per i cittadini che si sono generosamente battuti in difesa delle speciali prerogative del motore principale dell' economia del territorio.


Questo non è che l' inizio....la mobilitazione continuerà fino alla rinascita di Trieste.


SOTTO I COMUNICATI DELL' AUTORITA' PORTUALE E DEL CLPT (Coordinamento Lavoratori Portuali Trieste):

SVOLTA EPOCALE PER IL PORTO DI TRIESTE: EMANATO IL DECRETO SULLA GESTIONE DEI PUNTI FRANCHI

IL MINISTRO DELRIO OGGI A TRIESTE PER LA FIRMA

D’Agostino: Vocazione internazionale dello scalo giuliano riconosciuta dal Governo. Renderemo il Porto Franco strumento fondamentale per lo sviluppo del sistema logistico-industriale collegato al nostro porto
Cruciale il nuovo ruolo del porto per la Via della Seta

Trieste, 27 giugno 2017 - Punto di svolta per il porto  di Trieste: lo scalo ha finalmente un decreto che consente di gestire con chiarezza i suoi punti franchi.


Il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Graziano Delrio ha firmato questa mattina a Trieste presso la sede della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia il decreto attuativo sui punti franchi, alla presenza della presidente Debora Serracchiani e del presidente dell’AdSP del Mare Adriatico Orientale, Zeno D’Agostino.

“È una data epocale” – afferma D’Agostino  – “perché in meno di un anno abbiamo reso operativo uno strumento che per 23 anni nessuno ha avuto la forza, ma soprattutto la voglia, di portare a compimento. 


Convegni, proclami e strumentalizzazioni sull’argomento, ma nessun atto concreto. Solo grazie al lavoro sinergico svolto assieme alla presidente della Regione Debora Serracchiani, all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e al Governo, si è arrivati a una svolta definitiva sull’annosa questione del Porto Franco Internazionale di Trieste.

La mancanza di un testo normativo sull’argomento, previsto già dalla precedente legge di riforma sui porti  (L.84/94) ma mai realizzato, ha comportato che la gestione dei punti franchi si sostenesse fino ad oggi, grazie alla collaborazione tra le Amministrazioni coinvolte nella gestione dello scalo. Naturalmente una situazione come questa non è riuscita a determinare l'effettivo sviluppo delle enormi potenzialità che questo regime comporta. Oggi si apre una nuova era per il porto e per Trieste."

Con l’emanazione del nuovo decreto - previsto dal Decreto legislativo del 4 agosto 2016, che ha creato le nuove Autorità di Sistema Portuale - si semplifica la gestione dei punti franchi, rendendoli più efficienti e più funzionali alle sfide globali che in questa fase storica il porto di Trieste è chiamato a sostenere.

Dettaglio di rilievo è che, a differenza delle proposte passate, il presente decreto ha riconosciuto in modo organico l’attuale vigenza della normativa internazionale che caratterizza i punti franchi triestini, ma soprattutto ha evidenziato come l’Italia sia ancora impegnata nel rispetto della volontà del legislatore internazionale. 

Non a caso  i richiami espliciti del decreto all’Allegato VIII del Trattato Internazionale di pace del 1947, al memorandum di Londra del 1954, ai decreti del commissario del Governo del 1955  e del 1959,  testimoniano da parte governativa la vocazione internazionale dello scalo giuliano, come unicum nel panorama del nostro paese.

Tra i contenuti salienti del decreto, l’attribuzione all’AdSP del Mare Adriatico Orientale del potere di modificare l’area dei punti franchi. 

E’ di certo la novità più importante, che attualizza i principi contenuti nell’Allegato VIII del Trattato di pace agli artt.18-20: il nuovo decreto prevede che tale valutazione sia in capo al presidente del porto, quale soggetto istituzionalmente deputato alla gestione dei punti franchi. 

L’Autorità avrà anche il potere di autorizzare le attività di manipolazione e  trasformazione industriale delle merci nei punti franchi, fornendo assistenza tecnica agli investitori. 

Potrà inoltre riorganizzare le aree del Porto Franco per rispondere alle molteplici esigenze del commercio internazionale, prevedendo l’individuazione di aree specifiche da destinare alle attività industriali quali stoccaggio, manipolazione, trasformazione, e di aree in cui concentrare le attività del settore logistico legate al transito della merce. 

Importante il riferimento allo sviluppo ferroviario con l’attribuzione all’Authority del compito di potenziare i collegamenti ferroviari e di vigilare sul rispetto delle regole di utilizzo delle infrastrutture. Infine non potevano mancare i compiti della promozione internazionale e della gestione della formazione, aspetti che rivestiranno un’importanza cruciale per il rilancio in chiave innovativa dei punti franchi triestini.


“Il Porto Franco ha quasi 300 anni" - conclude D’Agostino – “ma con questo decreto lo abbiamo riportato a nuova vita. Ora potremo dare certezze agli investitori internazionali e far diventare questo status una leva strategica da integrare con i poteri di pianificazione e i compiti di promozione propri dell’ente per un vero decollo del porto e del suo sistema logistico in ambito internazionale. 

Penso soprattutto agli sviluppi della Via della Seta, da oggi potremo giocare un ruolo finalmente decisivo: non saremo più solo un porto, ma un nodo chiave delle catene logistico industriali globali".



COORDINAMENTO LAVORATORI PORTUALI DI TRIESTE - COMUNICATO STAMPA

PRECISAZIONE IN MERITO ALL’ARTICOLO PUBBLICATO OGGI (28 GIUGNO ‘17) DA “IL PICCOLO” (PAG.2) SULLA FIRMA DI IERI DEL DECRETO ATTUATIVO DELL’ALLEGATO VIII° PER IL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE


In merito all’articolo di S. Maranzana riguardante la firma da parte del Ministro Delrio del decreto attuativo dell’Allegato VIII° per il Porto Franco Internazionale di Trieste, pubblicato il 28.6.2017 a pagina 2 de “Il Piccolo”, e in cui si afferma che alla cerimonia erano presenti “anche alcuni lavoratori accompagnati dal sindacalista Renato Kneipp”, la scrivente OS ha il dovere di precisare quanto segue:
1) I lavoratori portuali presenti appartengono a USB LP – CLPT e non avevano alcun bisogno di essere accompagnati da nessuno, dato che erano stati invitati ufficialmente alla cerimonia.
2) La delegazione di USB LP – CLPT era presente a pieno titolo, tanto che nel suo discorso la Presidente della Regione FVG, nel ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a far si che si arrivasse alla firma,ha voluto ringraziare in maniera particolare proprio QUEI lavoratori del porto, riconoscendo il ruolo decisivo da essi svolto nella vicenda.
3) Il sindacalista Renato Kneipp (e l’organizzazione sindacale che rappresenta, come pure TUTTE le altre sigle sindacali presenti in porto) non ha invece alcun merito per tale storico risultato, visto che al momento dello sciopero dei portuali organizzato da USB - CLPT nell’agosto 2015, che ha dato l’avvio al processo che ha portato alla firma di ieri, non solo non ha sostenuto lo sciopero, ma ha pure bollato come “politiche” e “irrealistiche” la richiesta degli scioperanti per l’applicazione di quanto previsto dall’Allegato VIII°.
USB LP – CLPT ringrazia perciò nuovamente i lavoratori portuali - senza i quali il risultato di ieri non si sarebbe mai raggiunto - e li invita a continuare nella battaglia per un radicale cambiamento delle condizioni di lavoro nel Porto Franco Internazionale di Trieste.
Trieste, 28/6/2017
Per USB LP – CLPT
Alessandro Volk