RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 19 agosto 2017

LA "VOCAZIONE TURISTICA" DI TRIESTE E' UN' INVENZIONE DI POLITICI INCAPACI DI PENSARE ALLO SVILUPPO ECONOMICO VERO - TRIESTE E' SEMPRE STATA UNA CITTA' PORTUALE E PRODUTTIVA E PER QUESTO NON HA LA "CULTURA TURISTICA" COME GRADO O SAPPADA: LO CONFERMA LA CAMPAGNA DEL "PICCOLO" -


Da giorni assistiamo ad una campagna stampa sulla scortesia verso i turisti degli esercenti triestini "poco abituati ai turisti" come dice l' assessore.
In effetti Trieste beneficia di un aumento del turismo in tutto l' Alto Adriatico Orientale, con punte elevatissime in Istria e Croazia malgrado l' aumento dell' IVA (clicca QUI), forse conseguenza di una temporanea modifica dei flussi per l' insicurezza di altre destinazioni.

Scrive il giornaletto locale:
"Roberto in 24 ore si è fatto questa idea sulla città e i suoi abitanti: «Sono partito un po’ prevenuto, ma comunque ho notato che c’é la sensazione di non essere in una città turistica: i ristoranti e i bar capiscono che siamo turisti, ma hanno anche un’aria strana, come a voler dire “anche se non ci foste, vivrei lo stesso”. Per questo si sentono, e noi li percepiamo, distaccati e autonomi».

Esatto…Trieste non è una città turistica e non ha una "vocazione turistica", come vorrebbero farci credere i politici; è sempre stata una città portuale e produttiva.


Scrive ancora:
"Al presidente della Camera di commercio Venezia Giulia, Antonio Paoletti questi comportamenti sembrano «strani, d’altri tempi». Ma è d’accordo sul fatto che anche gli ultimi “animi scontrosi” vadano corretti: «Continueremo a cercare di fare entrare, come da anni facciamo, in testa agli imprenditori la cultura del turismo».
Cultura del turismo che evidentemente non è diffusa come a Grado, Lignano, Sappada o Cortina perchè Trieste non è mai stata una città turistica bensì portuale e produttiva: altro che "vocazione turistica".
Però sulla presunta "vocazione turistica" di Trieste da anni ci gonfiano la testa in modo martellante.
Ecco che Trieste dovrebbe rinascere grazie all' urbanizzazione turistica di Porto Vecchio (e per questo hanno tentato di togliere completamente il Punto Franco), ecco che si devono fare la "spiaggia di sabbia", l' ormeggio per la nave Vittorio Veneto imbottita di amianto, ecco i suk e le bancherelle in centro e un' innumerevole quantità di idee strampalate per "attirare turisti".

Quella del turismo è l' ultima spiaggia e la grande pensata di una "classe politica e dirigente"incapace di ragionare in termini di sviluppo economico reale che per una città come Trieste non può che essere intorno al centro del Porto Franco Internazionale e della reindustrializzazione grazie all' utilizzo produttivo dei Punti Franchi: come andiamo sostenendo da anni e come finalmente vediamo affermare dalla stessa Autorità Portuale.

Ciò non vuol dire che il Turismo non possa dare un significativo, anche se secondario, contributo all' economia triestina, ma deve essere un turismo di qualità e congressuale, che apprezzi la particolare atmosfera mitteleuropea e vivibilità della nostra città: non certo il turismo di massa che sta devastando Venezia ed altre località e cui aspiravano gli allucinati teorici di Porto Vecchio turistico quando parlavano di due milioni di turisti all' anno (clicca QUI) o i creatori delle fiere di bancherelle in centro (che tra l' altro non attirano nessun turista essendo identiche a numerose altre fiere paesane). .

domenica 13 agosto 2017

SHOPPING O SHIPPING ? DELLA "NUOVA VIA DELLA SETA" COME GRANDE OPPORTUNITA' PER TRIESTE ADESSO PARLANO FINALMENTE TUTTI: TRE ANNI FA ERAVAMO GLI UNICI - Un interessante articolo del Piccolo con un titolo sbagliato, tanto per cambiare.: "Assalto cinese all’industria dello shopping"


Su un articolo che riproduciamo sotto perchè contiene alcune utili informazioni divulgative la "Gazzetta di Paperopoli" mette, al solito, un titolo fuorviante e sbagliato.
La confusione fra SHIPPING e SHOPPING può sembrare un banale "errore di stumpa" se non denunciasse l' incompetenza e la mentalità da piccolo cabotaggio del quotidiano locale che da anni orienta l' opinione pubblica verso turismo, commercio conseguente ed elargizioni assistenziali da Roma come volano dell' economia.


Solo recentemente si è trovato costretto dai fatti a parlare di Porto Franco Internazionale, Punti Franchi produttivi e industriali e Nuova Via della Seta, temi da noi proposti costantemente da anni, ma su cui il Piccolo è incompetente e privo di strumenti culturali e linguistici.
Così l' "industria dello shipping" diventa dello "shopping" creando confusione nelle idee del pubblico che in gran parte si limita alla lettura dei titoli, infarciti di termini tanto roboanti quanto vuoti "come canoce", ed un articolo interessante (non a caso proveniente da Milano) viene banalizzato.


Noi riteniamo che il Territorio di Trieste non solo sia già ora autosufficiente economicamente producendo un gettito fiscale superiore del 40% a quanto utilizzato per i servizi pubblici, ma abbia grandi possibilità di rapido sviluppo grazie al Porto Franco Internazionale in grado di intercettare i nuovi grandi flussi commerciali generati dai nuovi assetti geopolitici e di indurre una reindustrializzazione grazie ai Punti Franchi.

Ecco l' articolo, utile a coloro che ritenevano che l' unico futuro di Trieste consistesse nella urbanizzazione turistica di Porto Vecchio e nella dipendenza da Roma per l' assistenzialismo.


La battaglia dei container infiamma il Mediterraneo -
Assalto cinese all’industria dello shopping: le strategie del gigante Cosco Ondata di fusioni fra i colossi del settore. Le strategie sulla Via della Seta -

di Christian Benna ◗ MILANO

Si infiamma la battaglia navale Ue-Cina intorno al mondo dei container che sta ridisegnando le zone di influenza, e quindi anche dei principali scali portuali, degli scambi commerciali globali. Dopo otto operazioni di fusione e aggregazione che negli ultimi 12 mesi che hanno concentrato il 70% del mercato in mano a sei operatori, adesso arriva l’assalto cinese all’industria dei container. Cosco Shipping, l’azienda controllata da Pechino e frutto della fusione (nel 2016) delle due principali società cinesi del comparto, ha acquisito per la cifra record di 6,3 miliardi di euro Orient Overaseas International. Dall’unione delle due realtà nasce un colosso dei mari con una flotta di oltre 400 navi, in grado di sfidare i porta-container europei. Un peso massimo che porta con sé le ambizioni commerciali della nuova Via della Seta, nella quale i porti dell’Adriatico si giocano lo sviluppo futuro per ricevere e spedire le merci globali. Infatti Cosco-Ooil entra a pieno titolo nella classifica alta dei giganti dei porta-containeir e balza in terza posizione nella graduatoria globale dei principali operatori, sorpassando così i francesi di Cma Cgm e accorciando le distanza dai vertici, mantenuti dagli svizzeri di Mediterranean Shipping Company e dai danesi di Maersk. Secondo gli analisti, la fusione tra Cosco e Ooil potrebbe arrivare a muovere oltre 77 mila container a settimana, dominando così gli scambi marittimi tra l’Asia e l’Europa. Intanto i primi riflessi dell’operazione si registrano nel Far East. La Orient Overseas International è la principale compagnia di Honk Kong, il grande hub portuale, e non solo, da dove partono e arrivano le merci sull’asse Cina- Europa. C’è quindi il timore che Hong Kong possa cedere il suo ruolo in favore dei porti di Shanghai e Shenzen, cambiando la mappa geografica degli scambi commerciali. Ma non è finita qui. Negli ultimi anni Cosco ha anche portato avanti investimenti nel cuore dell’Europa, nel Mediterraneo, dove il colosso di stato cinese ha acquisito il porto del Pireo in Grecia e avviato la costruzione di un nuovo terminal a Vado Ligure. Con il raddoppio del canale di Suez, inaugurato nel 2015, Mare Nostrum sta acquisendo una nuova centralità negli scambi commerciali globali. E se sarà la Cina a governare gli operatori più influenti, sarà Pechino a determinare quali saranno i porti di riferimento nel Mediterraneo. «Dalla Cina si può raggiungere l'Europa anche via porti e non solo dal Pireo, ma anche da Trieste e arrivare da qui al centro dell'Europa è molto più veloce», ha detto il ministro alle infrastrutture e ai trasporti Graziano Delrio auspicando maggiori sinergie tra i porti del Mediterraneo, per farsi trovare pronti ai grandi cambiamenti in corso nell’industria dello shipping. Le grandi compagnie orientali punteranno sugli scali più dinamici, intermodali e dotati di logistica ferroviaria avanzata. Lo si evince anche dall’interesse dimostrato da China Railways International Group, che nei mesi scorsi aveva dichiarato l'intenzione di partecipare al bando per la progettazione e realizzazione del progetto Darsena Europa a Livorno. Secondo gli analisti dello shipping, nei prossimi mesi assisteremo ad altre mega-fusioni, ritenute necessarie per contrastare la lunga crisi del settore che ha depresso margini e fatto fallire le compagnie più piccole o quello, come Hanjin più fragili sotto il profilo finanziario. Nel 2016 abbiamo visto Maersk integrare Hamburg Sud, Hapag Lloyd comprare Uasc (United Arab Shipping Company). E il 2017 si è aperto con l’acquisizione del 49% del gruppo Messina Line da parte di Msc. Il dato è tratto. Le tre grandi alleanze, sull’asse Europa- Cina (The Alliance, Ocean Alliance, H2M) nate con lo scopo di ottimizzare i costi e puntare alle economie di scala, si stanno riposizionando e ingrandendo. Ora si attende la risposta dei porti italiani.