RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 28 ottobre 2017

STATI IN GESTAZIONE: dopo l' indipendenza catalana una definizione degli autonomismi e separatismi geopoliticamente rilevanti nell’inedito della settimana di LimesOnLine


Una definizione degli autonomismi e separatismi geopoliticamente rilevanti nell’inedito della settimana (clicca QUI)
carta di 
La carta inedita della settimana è un aggiornamento sui separatismi e autonomismi d’Europa, riportati alla ribalta dalla crisi della Catalogna.

Ogni rivendicazione territoriale è materia prima dell’analisi geopolitica. Tuttavia, nello spazio europeo, solo alcune di queste sono geopoliticamente rilevanti, ossia possono innescare conseguenze strategiche per gli Stati coinvolti. Per selezionarle, si possono seguire quattro criteri di massima.

Primo, l’ampiezza della posta in gioco. La questione territoriale mette effettivamente a repentaglio la tenuta dello Stato. Oppure è tale da costituire una distrazione strategica per un paese rilevante d’Europa. È il motivo per cui il combinato disposto di ScoziaGalles e repubblicanesimo nordirlandese minacciano l’esistenza stessa del Regno Unito.

Secondo, le risorse materiali o immateriali che insistono sul territorio in esame.


Terzo, gli attori coinvolti. Alcune questioni territoriali assumono rilievo perché rischiano di trascinare nell’agone potenze straniere, quando non sono già alimentate dalla sponsorizzazione di un paese estero.


Quarto, la consistenza del movimento indipendentista, autonomista o separatista. Il criterio permette di valutare se la faglia sia attiva oppure se la rivendicazione sia latente e scarsamente rappresentativa della popolazione. Osservare il peso elettorale nelle istituzioni locali, nazionali o europee permette di capire il grado di mobilitazione della causa.


In base soprattutto a quest’ultimo criterio, non passa l’esame la gran parte delle questioni territoriali francesi, come l’Occitania, la Bretagna o l’Alsazia, talmente poco rappresentative e marginali da non costituire nemmeno una distrazione per Parigi. Distrazione che invece è costituita dalla Corsica, dove i partiti autonomisti e indipendentisti sono maggioritari nelle istituzioni locali.


È inclusa nella carta la Baviera perché, pur non coltivando al momento velleità separatiste, il peso della sua economia e quello del partito regionale, la CSU esigente alleata di Angela Merkel, costringe Berlino a modificare la propria agenda, non solo interna, per esempio in tema d’immigrazione.

Nei Balcani le rivendicazioni abbondano. Tuttavia, le più rilevanti dal punto di vista strategico sono due. La prima è quella della Vojvodina, che per ora ambisce solo a una maggiore autonomia, ma mette continuamente in crisi lo Stato centrale serbo. La seconda è quella Republika Srpska, che con il suo sbandierato panserbismo mette a repentaglio l’esistenza stessa della Bosnia-Erzegovina, oltre a essere tinta di competizione fra grandi potenze per la possibile ingerenza russa.

Il coinvolgimento del Cremlino emerge potente nell’Est dell’Ucraina, con la sponsorizzazione dei separatisti di Luhans’k e Donec’k.

In Est Europa, benché la questione della Moravia equivarrebbe alla fine della Repubblica Ceca (cui resterebbe la sola Boemia), i movimenti non hanno una reale consistenza. Discorso diverso invece per la Slesia in Polonia, dove la strutturazione dell’autonomismo è molto più avanzata e la paranoia del nazionalismo polacco (come di molti ex paesi sovietici) la rende una questione sensibile.

L’irredentismo ungherese è invece un potente fattore della geopolitica dell’Europa orientale e rischia costantemente di accendere competizioni con gli Stati limitrofi (Romania, Ucraina, Slovacchia), se non di coinvolgere anche grandi potenze come la Russia.

Anche l’indipendenza delle Fiandre porrebbe fine al Belgio (la Vallonia si definirebbe tale e nel caso opererebbe un rattachement alla Francia di cui condivide la cultura), anche se al momento l’obiettivo degli autonomisti è rendere il paese una confederazione. Tuttavia, la questione fiamminga è inserita nella lista perché esprime il massimo grado di disintegrazione nel cuore dell’Europa, agevolando l’uso del territorio da parte di attori non statuali.

In Italia, la scelta è ricaduta su Veneto, Sardegna e Alto Adige/Südtirol per motivi diversi fra loro. Mentre l’isola mediterranea è l’unica in grado di esprimere un movimento di una certa coesione e organizzazione, il senso di alterità veneto rispetto al resto del paese rileva per la sua capacità di riaprire il dibattito sul federalismo che rimetterebbe in discussione la natura stessa dello Stato italiano. La questione sudtirolese invece può essere riaccesa dalle intemperanze viennesi sull’immigrazione, fra le radici della recente virata a destra dell’Austria.

"Al confine orientale italiano è da segnalare inoltre la situazione di Trieste dove il Trattato di Pace del 1947 costituiva il Territorio Libero di Trieste (una Città-Stato simile al modello anseatico e soggetta all' autorità del Consiglio di Sicurezza ONU) con il Porto Franco Internazionale di Trieste che sta avendo un notevole rilancio come potenziale terminal strategico della "Nuova Via della Seta" marittima.
La tesi del movimento indipendentista triestino è che il TLT sia tuttora esistente come entità giuridica, anche se non nella pratica di fatto, e che Trieste sia tuttora un territorio in "amministrazione fiduciaria" affidata al Governo Italiano con il Memorandum di Londra del 1954 - considerato allora dall' Italia stessa come sistemazione solo temporanea che non comportava la perdita definitiva della "zona B" affidata alla Jugoslavia - il che avrebbe conseguenze importanti sul piano della fiscalità, della sovranità e soprattutto sulla gestione del Porto Franco Internazionale che è comunque, per parere unanime, soggetto all' Allegato VIII del trattato di Pace che lo regolamenta."

Testo ed elaborazione dati di Federico Petroni.
Carta di Laura Canali in esclusiva su Limesonline.




venerdì 27 ottobre 2017

VIVA LA REPUBBLICA CATALANA INDIPENDENTE !


VIVA LA REPUBBLICA CATALANA INDIPENDENTE !
27 Ottobre 2017
"Costituiamo la Repubblica catalana come stato indipendente e sovrano, di diritto, democratico e sociale"
(il Parlamento approva, con voto segreto, la risoluzione).
Clicca QUI

Aveva senso? Sì, aveva senso.
Aveva senso perchè i catalani hanno votato, in pieno accordo con lo stato spagnolo, un nuovo Statuto d'Autonomia fra 2005 e 2006, e lo stato spagnolo lo ha dimezzato dopo soli quattro anni, nel 2010.

Aveva senso perchè i catalani, per il tramite del presidente Mas, hanno chiesto più volte un nuovo "patto fiscale", sul modello dei Paesi Baschi, e sono sempre stati messi alla porta da Rajoy.

Aveva senso perchè i catalani sono andati fino al Congresso spagnolo a Madrid, per chiedere di concordare un referendum, e sono stati snobbati e presi in giro.

Aveva senso perchè il 1º di Ottobre, dopo aver subito un boicottaggio giudiziario e poliziesco fortissimo, i catalani hanno anche dovuto subire violenze e repressione fisica, per poter votare in un referendum che la Spagna avrebbe quantomeno potuto lasciar svolgere senza violenze.

Sulla barra a destra del blog due links per seguire in diretta la situazione catalana.

giovedì 26 ottobre 2017

LA DISINFORMAZIONE A TRIESTE E' TALE CHE IL PUBBLICO NON CAPISCE PIU' NIENTE DI PORTO VECCHIO E PORTO FRANCO - UNA SEGNALAZIONE SUL PICCOLO: IL PRINCIPALE DISINFORMATORE CHE NON SA RISPONDERE CHE IN PORTO VECCHIO IL PUNTO FRANCO C'E' ANCORA E PUO' ESSERE INGRANDITO.

Il Piccolo per anni ha condotto una campagna martellante a favore dell' eliminazione del Punto Franco di Porto Vecchio.
Per anni la "Piccola Gazzetta di Paperopoli" ha tessuto le lodi della "sdemanializzazione" con spostamento del Punto Franco conseguente al celebre emendamento del sen. Russo che, per inciso, a 3 ANNI 3 non ha prodotto NULLA DI CONCRETO.

Per anni ha martellato insieme ai politici che

"bisogna spostare il Punto Franco dove serve" (e molti dicevano anche che il Punto Franco non serve a niente da nesssuna parte: vedi Pacorini)  e infatti il Punto Franco serve in Porto Vecchio con la Seleco adesso e la Saipem e GMT da anni.
E non sa come affrontare  la realtà che gli unici interventi concreti in Porto Vecchio sono grazie all' utilizzo produttivo del Punto Franco, mentre l' ipotesi turistica è una evidente bolla di sapone che ha prodotto finora solo uno svincolo pericoloso dipinto a terra in v.le Miramare.


Oggi il Piccolo pubblica  su Segnalazioni una accorata lettera di un lettore che non capisce come la Seleco possa utilizzare in Porto Vecchio il regime di Punto Franco che, come hanno strombazzato Il Piccolo e i politici per tre anni, non c' è più.
Il giornaletto locale lancia con particolare evidenza la questione perchè non sa, o non ha il coraggio di rispondere, che il Punto Franco c'è ancora in Porto Vecchio in tutta la fascia costiera e nelle aree tuttora demaniali per la saggia decisione dell' Autorità Portuale che non ha voluto togliere questa evidente opportunità.


Questo Punto Franco residuo può essere ancora riesteso a tutta l' area.

Infatti i primi utilizzi produttivi del regime di Punto Franco si hanno proprio in Porto Vecchio con la Seleco e con la Saipem che sta per annunciare l' insediamento del Polo Mondiale per la Robotica Subacquea.

Si sta realizzando quello che abbiamo sempre sostenuto noi con l' insistenza per l' utilizzo produttivo dei Punti Franchi, in primis quello di Porto Vecchio che ha il vantaggio di non essere in un Sito Inquinato Nazionale SIN e relativi costi e lungaggini.

Mentre tutta la manfrina dell' urbanizzazione a fini turistici di Porto Vecchio non ha prodotto nemmeno lo spostamento di un mattone nell' area degradata ed abbandonata in conseguenza del demenziale Vincolo Archittettonico del Ministero nel 2001 che ne ha impedito qualsiasi ammodernamento e utilizzo.
16 anni di vincolo architettonico del Ministero su Porto Vecchio hanno prodotto solo abbandono, degrado e pantegane, e lo stesso stanno facendo e faranno i fantasiosi progetti turistici campati in aria con in testa, per assurdità, la Spiaggia di Sabbia e il Central Park del sen. Russo.


Ecco il testo della Segnalazione di Mario Cotta che speriamo ci legga.

"Per favore, qualcuno mi aiuti a capire. La notizia è che la Séleco approda in Porto Vecchio col dichiarato intento di fruire dei benefici fiscali del Porto franco. Ma Porto vecchio non è più Porto franco. In seguito all'emendamento del senatore triestino Francesco Russo, recepito nella Legge di stabilità del dicembre 2014, le zone franche di Porto Vecchio sono state dislocate in aree periferiche- le relative planimetrie si possono trovare su Internet - e il testo della legge non prevede possibilità di ulteriori trasferimenti o ritrasferimenti in loco, a piacere. La domanda è: come si possono ottenere, attualmente, in Porto vecchio, i benefici fiscali previsti per il passato? Attendo con vivo interesse una risposta.    Mario Cotta".



NOSTRA SLIDE DEL 2013, MEDITATE

martedì 24 ottobre 2017

PER IL FUTURO DI RAQQA SI GUARDI AL PASSATO DI TRIESTE - UN SORPRENDENTE ARTICOLO DELL' HUFFINGTON POST PARLA DI NOI E DEL TLT IN RELAZIONE ALL' EX CAPITALE DELL' ISIS -

Oggi l' Huffington Post pubblica un interessante articolo di analisi sulla situazione siriana dopo la caduta di Raqqa la capitale dell' ISIS (clicca QUI per leggere l' articolo intero di Marco Perduca).
Fra le soluzioni  postbelliche viene sorprendentemente citato l' esempio di Trieste e del TLT con  queste parole:
"Fatte le debite proporzioni, andrebbe presa in considerazione un'amministrazione (fortemente) controllata come avvenne per Trieste dopo la Seconda Guerra Mondiale. Allora era chiaro chi avesse perso la guerra, meno chiaro come si sarebbero distribuite le zone di influenza dei vincitori.

Nel 1947, con il Trattato di Parigi, la città di Trieste divenne un mini-stato indipendente sotto la protezione dell'ONU con il nome di Territorio Libero di Trieste (TLT). Il TLT fu diviso nella Zona A, che includeva la città di Trieste che era temporaneamente amministrata dagli Anglo-americani, e la Zona B, che comprendeva la costa istriana settentrionale temporaneamente amministrata dall'esercito jugoslavo.
Nel 1954, con il Memorandum di Londra, l'amministrazione della Zona A fu affidata temporaneamente all'Italia che prese il posto delle forze alleate, la Zona B fu trasformata in amministrazione civile divenendo di fatto parte integrante dell'allora Jugoslavia. Quasi 10 anni dopo quella divisione fu creata la regione del Friuli Venezia Giulia di cui Trieste divenne capoluogo.
Nel 1975, cioè a 20 dalla fine del secondo conflitto mondiale, con il Trattato di Osimo, Italia e Jugoslavia dettero forma definitiva alla divisione del TLT e, con qualche ritocco, vennero sancite le sovranità italiana e jugoslava sulle zone da ricevute in amministrazione civile col memorandum del 1954.
Dopo 40 anni da quella firma, la Slovenia entra a far parte dell'Unione europea e, nel 2007, aderisce al trattato di Schengen, facendo venir meno la figura di Trieste quale città di confine, nel 2013 la vicina Croazia ha fatto altrettanto.
I tempi, la geografia e gli attori son diversi, ma la morte e la distruzione molto simili. Per il futuro di Raqqa, e magari di tutta la Siria, ci sono lezioni del passato da tenere presente."

Al di là delle opinioni forse comincia a diffondersi la coscienza che da queste parti è successo qualcosa di importante, e purtroppo di terribile, che ha ancora conseguenze sul presente.

lunedì 23 ottobre 2017

L' ONDA LUNGA DELL' AUTONOMIA PARTE DAL VENETO (MA ARRIVERA' ANCHE A TRIESTE): AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - E' l' inizio di una nuova fase da cui Trieste può trarre grande vantaggio.


Dopo la Caporetto del referendum centralistico di Renzi, lo scorso 4 dicembre, è arrivato un nuovo scossone: l' ondata autonomista che parte dal Veneto dove un referendum osteggiato e tacciato di inutilità, in cui non poteva votare l' 8% dei residenti all' estero, durante una giornata di maltempo eccezionale, con inviti governativi all' astensione, ha avuto il 60% di affluenza e il 98% di SI all' autonomia (clicca QUI).

Già oggi il Veneto richiede 23 nuove competenze primarie e i 9/10 delle tasse nonchè lo status di Regione a Statuto Speciale: è più di quello che ha la Provincia Autonoma di Bolzano ma meno di quello che ha da sempre la Sicilia.

Si apre una fase nuova per lo Stato Italiano che deve ripensare la sua struttura abbandonando il centralismo e disegnando un nuovo federalismo, e questo andrà oltre le stesse intenzioni dei promotori del referendum (la Lega stessa è divisa fra autonomisti e nazionalisti "sovranisti" alla Salvini alleati coi "Fratelli d' Italia" contrari al referendum).


Non tanto per dare soddisfazione ad esigenze identitarie di "Piccole Patrie", come dice qualcuno senza capirci nulla, ma per consentire a territori dinamici e connessi a livello internazionale di potersi sviluppare senza la pesantissima palla al piede centralistica dei ministeri romani, della burocrazia soffocante, del fisco rapace al servizio di un gigantesco debito pubblico creato altrove e dai ceti parassitari che albergano nella struttura statale italiana di cui si nutrono.

Due delle frase dette ieri in Veneto, alla conferenza stampa sui risultati, sono state: "Sempre più diversi dalla Grecia e dal Meridione e sempre più simili alla Germania" e "Non è la vittoria di un partito ma di tutti i cittadini veneti che vogliono l' autonomia".
Non sono parole di un gretto autonomismo da "piccola patria" identitaria.


E' la consapevolezza e la lotta per la sopravvivenza di territori dinamici e produttivi che si confrontano con una realtà internazionale, come anche la Catalogna, e che non ne possono più di ostacoli, lacci e lacciuoli, burocratici e fiscali al proprio legittimo sviluppo e che non vogliono finire nel buco nero della Periferia Sud dell'Europa condannata al sottosviluppo.


L' inefficienza oppressiva dello Stato Italiano è proverbiale in tutta Europa e costituisce il freno principale allo sviluppo economico e civile.

Per noi i modelli a cui guardare sono le Città Stato Portuali del Nord Europa come Amburgo e Brema che, pur federate alla Germania, hanno grandi autonomie legislative e fiscali che consentono di organizzare efficacemente il territorio secondo i tempi imposti dai mercati globali e non dalle elefantiache burocrazie italiane: 23 anni per avere il decreto attuativo sui Punti Franchi, 14 anni di niente di fatto per il Sito Inquinato Nazionale e via andare...

I nostri modelli internazionali di riferimento sono Singapore e la Svizzera confederale dei Cantoni autonomi, perchè il successo non è determinato dalla dimensione di un territorio ma dalla sua CONNESSIONE a livello internazionale, dalla sua efficienza, dalla sua capacità di attrarre talenti e investimenti.

Ma queste sono cose che si costruiscono giorno dopo giorno, con gradi sempre maggiori di autonomia e autogoverno.


Il più grande crimine commesso dall' amministrazione italiana di Trieste è stato quello di disconnetterla sistematicamente dal suo entroterra storico mitteleuropeo relegandola ad un ruolo di città periferica e provinciale di uno stato nazionale iperprovinciale e in crisi terminale come l' Italia, che dà ormai chiari segni di decomposizione.

Trieste ha vissuto il trauma immenso di passare da moderna città internazionale e porto della Mitteleuropa aperto al mondo a piccola città provinciale di cui i Ministeri romani a stento conoscono l' esistenza se non per anacronistiche e ossessive celebrazioni patriottiche e guerrafondaie della "Inutile Strage".

Grazie al Porto Franco Internazionale e all' utilizzo produttivo dei Punti Franchi adesso Trieste sta ristabilendo le sue connessioni con l' Europa ed il mondo: connessioni ferroviarie, di rotte marittime sulla "Nuova Via della Seta", di reti scientifiche.
Trieste ha la possibilità concreta di tornare internazionale ma il suo territorio deve essere amministrato in modo agile e veloce, le sue imprese non devono essere vessate da tasse e burocrazia borbonica, i tempi per poter investire e realizzare devono essere rapidi.

Non si devono più vedere Ministeri romani che con le loro Sovrintendenze applicano pazzeschi vincoli architettonici e paesaggistici perfino al Porto Franco Internazionale e vessano le imprese con adempimenti idioti, per giunta gettando nel degrado i beni che amministrano come il parco di Miramar.
Perfino il "Tram de Opcina" è bloccato da una branca ministeriale romana: l' USTIF del Ministero dei Trasporti.


Per questo guardiamo con favore alla crescita dell' autonomia, alla cessione di competenze dallo stato centrale alla periferia: è un passo concreto verso la realizzazione del nostro  modello di "Trieste Citta Stato, autonoma dall' Italia ma connessa con il mondo" dove i vecchi e i nuovi triestini possano trovare occasioni di lavoro e di crescita civile e culturale.

Il sasso autonomista caduto nello stagno veneto stà già irraggiando onde che arriveranno anche da noi e di cui bisogna saper approffittare e modulare secondo le nostre esigenze.

Il territorio di Trieste deve venire fuori da questa nuova fase con una forte autonomia, comunque la si voglia chiamare: Provincia Autonoma di Trieste, Cantone o Mario.

Non fare il surf su questa ondata autonomista sarebbe solo stupido.

La sovranità dello Stato Nazione è ormai un fatto residuale dei secoli scorsi, su cui concentrarsi è una perdita di tempo: quello che conta oggi è la connessione dei territori con il mondo e la capacità di gestirsi autonomamente in modo efficace.

Per far comprendere come di queste tematiche si discuta a livello internazionale e ad alto livello segnaliamo questo convegno: