RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 22 novembre 2016

LA ZONA FRANCA DI GORIZIA ARRIVA IN SENATO GRAZIE AL PD - "IL SILENZIO DEI COLPEVOLI": I POLITICANTI TRIESTINI INVECE TACCIONO SULLA NO TAX AREA DI TRIESTE DA AFFIANCARE AI PUNTI FRANCHI DEL PORTO -


Questa è l' edizione di Gorizia del Messaggero Veneto, giornale gemello del Piccolo: sul Piccolo di Trieste, dello stesso gruppo Repubblica, non troverete niente... ovviamente.

Sulla No Tax Area di Trieste, caldeggiata anche dal neopresidente dell' Autorità Portuale D' Agostino, siamo intervenuti molte volte rilevando invece il silenzio dei politici e della presunta "classe dirigente" locale. Si cominci cliccando QUI .

Adesso la proposta di No Tax Area goriziana è stata portata dal PD al senato dopo che il sindaco Romoli di Centro Destra la aveva presentata a Mattarella, in una versione particolare che rispolverava quella prevista dagli accordi di Osimo ma mai attuata (clicca QUI).


Ma il "Silenzio dei Colpevoli" politicanti locali

continua ed il Piccolo occulta ai Triestini la notizia che Gorizia sta lavorando seriamente per attuare una Zona Franca che è sempre stata il sogno di Trieste.
Anzi qualcuno ha parlato: Cosolini del PD dichiarando di disinterassarsi all' argomento perchè "appartiene ad un altra storia politica" (clicca QUI e vedi punto 14).



Sotto riportiamo l' articolo ed il riquadro del Messaggero Veneto di Gorizia in modo che sia letto anche a Trieste: siamo diventati i maggiori diffusori del Gruppo Espresso / Repubblica (di Gorizia)...

ZONA ECONOMICA SPECIALE: LA PROPOSTA ARRIVA IN SENATO

Presentato dalla parlamentare Fasiolo (PD) il disegno di legge per l’istituzione della Zes. Meno tasse per le imprese e agevolazioni doganali per 10 anni per chi investeZona economica speciale la proposta arriva in Senato di Christian Seu. Un’economia di confine che non esiste più. E un territorio che, rispetto ad altri, non ha saputo cogliere appieno i mutamenti che hanno stravolto negli ultimi 20 anni abitudini, modelli di consumo, capacità di spesa. C’era la frontiera, che oggi non c’è più. E c’era pure la zona franca, sparita dopo il 2007. Se il confine non può essere ripristinato (e ci mancherebbe pure, nonostante i balbettii di un’Unione Europea politicamente mai così in crisi), non manca la speranza di riproporre qualcosa di simile alla zona franca che per 60 anni ha cadenzato il ritmo dell’economia isontina. Approderà in Senato nelle prossime settimane, infatti, la discussione del disegno di legge per l’istituzione della Zona economica speciale (Zes), presentato dalla senatrice dem goriziana Laura Fasiolo. Un ddl che circoscrive in maniera puntuale l’azione del provvedimento, con sgravi fiscali e finanziamenti ad hoc che dovrebbero dare sollievo a un’area che si è scoperta depressa, da florida che era. L’idea, peraltro, nasce con i connotati del progetto bipartisan: perché se è vero che il disegno di legge approda a Palazzo Madama per mano di un esponente del Pd, c’è da ricordare pure che la proposta era stata ventilata anche dal sindaco Romoli (Fi), che l’aveva accennata direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della recente visita del Capo dello Stato a Gorizia. «La Zes è prevista e applicata dall’ordinamento europeo, ma non vi sono esperienze di Zes in Italia», spiega Fasiolo. «Il ddl è finalizzato all’istituzione di una Zes nelle aree territoriali della Regione confinanti con Austria e Slovenia. L’idea alla base di una Zes nelle suddette aeree territoriali è che può stimolare una rapida crescita economica». È una zona delimitata all’interno di uno Stato in cui sono applicate specifiche leggi finanziarie ed economiche, redatte con l’obiettivo di attrarre investitori stranieri che potrebbero essere interessati a produrre, scambiare e commerciare in una zona dove ricevono un trattamento di favore sia dal punto di vista fiscale e burocratico sia dal punto di vista logistico. All’interno della Zes le tasse sono ridotte e le aziende pagano tariffe più basse. «La Zes che il ddl intende istituire nelle aree territoriali del Friuli Venezia Giulia confinanti con Austria e Slovenia, e quindi anche a Gorizia», elenca Fasiolo, «presenta i vantaggi economici per le imprese. Incentivi per la realizzazione degli investimenti iniziali, agevolazioni doganali, riduzione dell’Irap, dell’Ires), dell’Imu, della Tari e di altre imposte o tasse. C’è poi la riduzione degli onerisociali sulle retribuzioni, unita a una disponibilità di terreni a canoni di locazione ridotti e utenze a tariffe agevolate». Secondo il testo del ddl, nella zona economica speciale sono ammesse imprese che svolgono attività logistico-distributiva o industriale, oltre alle imprese di servizi. In particolare, nella Zes sono consentite le attività di importazione, deposito, confezionamento, trasformazione, assemblaggio e riesportazione di merci. L’istituzione della zona economica speciale avrebbe durata sperimentale di 10 anni, con due “check” intermedi di controllo degli effetti delle misure, fissati al terzo e all’ottavo anno. Il ddl prevede la compensazione annuale delle eventuali minori entrate di competenza regionale o degli enti locali della Regione, derivanti dall’applicazione delle agevolazioni. Trasporti e operazioni doganali in sofferenza: l’allarme delle associazioni di categoria. L’entrata della Slovenia in Europa e, ancora prima, il processo di occidentalizzazione dei Paesi balcanici più vicini alla frontiera, hanno cancellato le granitiche certezze su cui poggiava gran parte dell’economia goriziana: stanno sparendo i negozi di abbigliamento non affiliati ai grandi marchi, che per anni avevano giganteggiato grazie alle frotte di sloveni, croati e serbi che arrivavano nel capoluogo isontino per acquistare capi introvabili nella vecchia Jugoslavia. Ma stanno sparendo anche tutte quelle attività, commerciali e industriali, che avevano trovato terreno fertile nel Goriziano grazie alle agevolazioni previste dal regime di zona franca: rivendite di carburanti e tabacchi su tutte, ma anche le industrie legate al mondo del dolciario e dei distillati. Comparti quasi azzerati, complice pure la crisi che ha portato le aziende che negli anni del boom economico avevano investito nel capoluogo isontino a delocalizzare o centralizzare la produzione. I gridi d’allarme delle associazioni di categoria si sono ripetuti con una regolare cadenza nell’ultimo lustro: soffrono gli autotrasporti, così come le ditte che si occupano di operazioni doganali, ma finiscono con il patire gli effetti del confine che non c’è più anche le aziende del commercio, costrette a fare i conti con una contrazione del volume d’affari con percentuali da capogiro. (chr.s.)


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