RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

domenica 10 luglio 2016

LA FUNZIONE DI AVANGUARDIA DEL MOVIMENTO INDIPENDENTISTA TRIESTINO – OGGI ANCHE IL PICCOLO DEVE PARLARE DI “FREE ZONE” IN PORTOVECCHIO – FINO A POCHI MESI FA I “PUNTI FRANCHI” ERANO “SUPERATI E INUTILI”, ANZI UN OSTACOLO VOLUTO DA “NOSTALGICI” –




Il Piccolo di oggi pubblica un editoriale di Morelli, cui solitamente viene affidato il compito di spiegare “la linea” e che è molto ben introdotto in Confindustria: la sorpresa è che fa una giravolta di 360 gradi rispetto all' urbanizzazione e "fantaturismo" in Porto Vecchio e, salvo alcuni dettagli, recepisce  le istanze indipendentiste sia sulla finora misconosciuta utilità dei Punti Franchi del Porto Franco Internazionale di Trieste, sia sull’ utilizzo produttivo di Porto Vecchio quantomeno per Centri Finanziari e sedi logistiche, e non solo per un' improbabile urbanizzazione dell' enorme area per abitazioni e un turismo di massa assolutamente inesistente.


Argomenti che, prima di tutti, insieme a un giudizio non catastrofico sulla Brexit, abbiamo introdotto noi su queste pagine BEN PRIMA che li riprendessero autorità e giornali. 
Vi invitiamo a rileggere alcuni recentissimi articoli: seguite la sequenza cliccando  QUI  e  QUI  e  QUI  e  QUI.

Tutto nasce dalla, tardiva, presa d’atto ufficiale della unicità del Porto Franco Internazionale di Trieste: unica zona con extraterritorialità doganale extra UE  in Europa perché deriva dal Trattato di Pace del 1947 e dall’ Allegato VIII.
E perciò preziosa per tutte le attività che necessitano di un regime di libero scambio sopratutto in un periodo di instabilità e crisi della UE.

Quando il commissario dell’ Autorità Portuale D’ Agostino è arrivato a Trieste da Verona un anno e mezzo fa NON SAPEVA NEMMENO CHE C’ ERANO I PUNTI FRANCHI  come ha detto lui stesso più volte in pubblico e in privato.
Chiedetegli da chi l’ ha saputo: se dal Piccolo, dal PD, dalle Autorità, da Confindustria  oppure dagli Indipendentisti, dal Coordinamento Lavoratori Portuali che sull’ Allegato VIII ha pure fatto uno sciopero in contrasto con la “triplice” sindacale che dichiarò che l’ “Allegato VIII non è argomento sindacale”, e dagli Spedizionieri.
E’ una persona intellettualmente onesta che vi dirà come stanno le cose.


Adesso quella della Free Tax Zone utilizzando il particolare regime del Porto Franco Internazionale è diventata una “geniale intuizione” della Serracchiani, malgrado il PD l’ abbia sempre ostacolata strologando di "nostalgie" ed "evasione fiscale", e dopo molte manifestazioni con denunce a decine di cittadini e lavoratori. E dopo che questi temi erano stati presenti nei programmi elettorali di ben tre liste di ispirazione indipendentista e anche del M5S di Trieste.

La Serracchiani, in realtà, ha parlato di  No Tax Area generica nei Punti Franchi disseminati sul territorio a seguito della nefasta “sdemanializzazione”: siamo stati noi a sottolineare (clicca QUI ) che la localizzazione giusta per centri finanziari è Porto Vecchio dove era previsto il Centro Finanziario Off-Shore della legge 19/91.  

Invece di metterci le scempiaggini sparate da una sedicente “classe dirigente”:  dall’ Ospedale della Savino, ai musei con trenini vuoti di Cosolini, ai mercati ittici di Dipiazza.

L’ area di "porto franco" di Porto Vecchio è strategica per Trieste e lo sarà sempre di più dopo la Brexit e con la crisi della UE: deve restare pubblica e con piena extraterritorialità doganale. 

La trasformazione di quest' area in un rione cittadino anzichè essere destinata ad attività produttive legate al Porto Franco, comprese quelle finanziarie, è una stupidaggine colossale di cui finalmente ci si comincia a rendere conto.


E  tutti coloro che si sono dichiarati per la privatizzazione / urbanizzazione e per l’ inutilità del Punto Franco devono recitare il “mea culpa” e mettersi in ginocchio sul sale grosso.


Stabilito da che mulino viene la farina della No Tax Area in Porto Vecchio va precisato, rispetto all’ articolo di Morelli, che il Porto Franco Internazionale di Trieste gode di PIENA EXTRATERRITORIALITA’ DOGANALE EXTRA UE perchè  costituito dal Trattato di pace del 1947, dieci anni prima della costituzione della UE.

Non si tratta di una Zona Franca di Tipo europeo  o di una ZES in cui l’ extradoganalità è solo simulata e virtuale.


PERTANTO LE DOGANE DI QUALSIASI PAESE, ITALIANE NELLO SPECIFICO, DEVONO STARE FUORI DALLA CINTA DOGANALE E NON INTERFERIRE CON QUANTO VI AVVIENE SIA NELLA LOGISTICA CHE NELLA PRODUZIONE DI MERCI E SERVIZI.
E questo regime DEVE ESSERE RECEPITO DAL NUOVO DISCIPLINARE DOGANALE.

Inoltre l’ Allegato VIII non vieta assolutamente la “vendita al dettaglio” e la “residenza”  nei Punti Franchi, che perciò possono essere estesi a tutto il territorio abitato e dove si commercia al dettaglio come avviene a Livigno, e pertanto tale divieto non ha motivo di essere introdotto nei prossimi  DECRETI CHE REGOLAMENTANO I PUNTI FRANCHI.

Per poterli poi utilizzare sia per grandi Duty Free Shop che per la  Zona Franca Territoriale.


Il fatto che il Porto Franco Internazionale di Trieste goda di piena extraterritorialità doganale rispetto alla  UE è molto importante sia perché la UE non ha potere di regolamentarlo, sia perché una Zona Franca di questo tipo ha grande valore nel momento che alla Brexit seguiranno altre "Exit" soprattutto nelle aree a noi più  vicine dell' Europa Centrale e Orientale e sarà necessaria una "zona di libero scambio"collegata a un Porto Internazionale. Per questo sarebbe necessario che Trieste partecipasse alla Macroregione Danubiana di cui l' Italia non fa parte ma la Slovenia, con Capodistria, si.

Visto che il movimento indipendentista, portando alla luce questi temi, è stato OGGETTIVAMENTE l’ avanguardia di questa possibile e auspicata RINASCITA DI TRIESTE, sostenendo tesi  giuste che adesso vengono fatte proprie anche da altri, va istituito un tavolo di confronto anche sul tema del Fisco di cui in questi giorni si parla ampiamente.

E’ noto che il Trattato di Pace del 1947 VIETAVA L’ ADDEBITO DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO AL TERRITORIO DI TRIESTE, e che il Governo Italiano assumendosi l’ Amministrazione Civile nel 1954 ha istituito la figura del Commissario del Governo, che è distinta dal Prefetto, con il compito di adeguare le leggi nazionali alla realtà  del Territorio e agli obblighi internazionali.
Il Commissario del Governo infatti non esiste in Italia e solo nelle Province Autonome di Bolzano e Trento oltre a Trieste: tutti territori ex-asburgici (clicca QUI).


Le leggi nazionali sono passate per questa trafila fino al 1964 ma successivamente non più, e il regime fiscale vessatorio derivante dal Debito Pubblico Italiano esploso a partire dagli anni ’80 è stato automaticamente paracadutato qui, in violazione degli impegni internazionali italiani.


Desideriamo che questi fatti vengano dibattuti ed accertati in un confronto serio.

Siamo certi che le mancate entrate fiscali derivanti dalla obiezione dei 229 cittadini che ora si vogliono crocifiggere sono per un importo di gran lunga inferiore ai soldi pubblici finora sperperati in onorari ad Advisor e fantasie  “fantaturistiche” su Porto Vecchio,  e siano anche inferiori ai costi del trenino elettorale “fin quasi Barcola” che vediamo girare assolutamente vuoto questi giorni.

Pertanto chi, come il Piccolo oggi,  invoca l’ unità cittadina per la “Free Zone” in Porto Vecchio, dove degli imbecilli hanno appena fatto togliere gran parte del Punto Franco con apposita legge con l' intenzione di privatizzare un' area pubblica strategica, smetta di aizzare alla repressione fiscale contro 229 concittadini che meriterebbero piuttosto la qualifica di “avanguardie”, e speriamo non di martiri, per la rinascita della città e si adoperi anche per una campagna stampa perché i concittadini denunciati per le lotte per il riconoscimento  dello status speciale del Porto Franco Internazionale vadano assolti a testa alta per grandi meriti civici verso Trieste.

Questo per iniziare perché non ci può essere dialogo e trattativa con chi vuole sbatterti in galera, facendoti pure passare per scemo, dopo aver dovuto riconoscere  la validità di molte delle tue proposte.


E poi discutere dei vari punti del programma che trovate da mesi e anni su queste pagine cliccando QUI.


E’ ovvio che su una No Tax area nel Punto Franco di Porto Vecchio siamo d’ accordo tutti:  è uno dei nostri cavalli di battaglia di cui TARDIVAMENTE si riconosce il valore !

p.d.


Ecco l’ articolo di oggi sul Piccolo:
Tutti uniti con un unico obiettivo: la “free zone” in Porto vecchio
di ROBERTO MORELLI
l momento è propizio: Trieste avrebbe tutte le carte in regola per farcela. Serracchiani ha già scritto al governo, ora serve un colpo d’ala


E se Brexit si rivelasse un’insospettabile opportunità per Trieste? Se fosse proprio il capoluogo giuliano ad avvantaggiarsi dalla fatale fuga da Londra dei gruppi internazionali che non possono permettersi di ritrovarsi sull’uscio d’Europa, con vincoli doganali, fiscali e normativi alla libera circolazione dei servizi? L’opportunità è tutt’altro che campata in aria. I settori sono ben identificati: le aziende dei servizi con raggio d’azione internazionale, dalla telefonia alle compagnie aeree all’economia digitale (Vodafone, Easyjet, persino le sedi europee di Google e Facebook). Gli spazi sono su un piatto d’argento: il Porto vecchio e le aree di destinazione dei punti franchi. La legittimazione di Trieste, per collocazione geografica e primazia di vocazione, è indiscutibile. Lo strumento giuridico ha un nome e una procedura: Zes, cioè Zona Economica Speciale. Se vogliamo perseguire un’autentica svolta per il futuro della città, è un obiettivo da porci fin d’ora e con una coesione senza riserve. La presidente della Regione Debora Serracchiani è stata tempestiva e lungimirante nello scrivere a Matteo Renzi - al quale non ha certo bisogno di scrivere - per promuovere Trieste come area defiscalizzata in grado di attrarre capitali internazionali. È il momento giusto per farlo. E il passo giusto per concretizzarlo è l’istituzione di una Zes, che molti perseguono in Italia ma nessuno ha ancora ottenuto, né in verità proposto nelle forme dovute. Al mondo esistono circa 2.700 free zone. Sono aree fiscalmente esenti o agevolate, normalmente con canoni, costi energetici e di utenze ridotti e importanti sgravi contributivi. Servono ad attrarre investimenti dall’estero. La gran parte di esse è in Cina, ma - contrariamente a quanto si creda - sono consentite anche dalla Ue, che ne ospita 70 in ben 20 Paesi, tra i quali la Francia, la Germania, la Spagna e la stessa Gran Bretagna (nonché la Slovenia a Capodistria e Maribor). Fra le poche a non averne è l’Italia, benché molte aspirazioni si siano levate: Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Marghera. Ora è partita come un razzo la proposta più seria di tutte: quella del neo-sindaco di Milano Beppe Sala per costituire una Zes nell’area dell’Expo. A questa dobbiamo agganciarci con altrettanta serietà. Per farlo è necessaria una legge: il governo ha già fatto sapere che è allo studio, ventilando - oltre a Milano - l’area dismessa di Bagnoli. La norma statale dovrà disciplinare le regole generali e le attività ammesse, demandando poi alla Regione l’attuazione con la scelta delle aree interessate. Per la gestione, è previsto che la stessa Regione costituisca una società pubblica con possibile partecipazione dei privati. L’autorizzazione della Ue, che vieta la “concorrenza sleale” fiscale, non è scontata: viene concessa per aree periferiche o svantaggiate, o per situazioni specifiche in potenziali zone strategiche. Che è proprio la nostra condizione. Vi sono infatti cinque ragioni fondamentali per sostenere una free zone a Trieste: la sua collocazione geografica al centro della “macroregione alpina” che comprende sette Paesi europei; l’essere una zona riconosciuta di crisi industriale sistemica al confine di una Zes esistente (Capodistria appunto); il regime del punto franco, finalmente in procinto d’essere regolato, che rappresenta un caso unico in Europa; l’area del Porto vecchio di cui è stato finalmente avviato il recupero, e che potrebbe prestarsi a una parte dei potenziali insediamenti; il precedente della legge sulle aree di confine del 1991, che creava un centro off-shore extravalutario, poi abortito con la nascita della moneta unica, e di cui ora la Zes costituirebbe una versione riveduta e corretta. Sotto il profilo politico, non siamo mai stati così ben rappresentati su tutti i fronti: la presidente della Regione Serracchiani è il numero due del partito di governo; Ettore Rosato è il capogruppo alla Camera dello stesso Pd, come Massimiliano Fedriga lo è della Lega; il rieletto sindaco Dipiazza è diventato un’icona della riunificazione del centrodestra. La free zone sarebbe gradita persino agli indipendentisti e ai 229 protagonisti dello sciopero fiscale. Roba da non credere. Gli appelli alla coesione per un obiettivo comune suonano sempre ridicoli e naif nel nostro panorama politico. Ma mai come ora c’è bisogno di un colpo d’ala della classe dirigente triestina e regionale, se per una volta vuol dirsi tale.

Ecco la slide che gira da DUE ANNI:




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